DELITTO CECCHETTIN /3

La «Mattia Feltri Theory»
e il fanatismo femminista

Delitto Cecchettin. Feltry Theory e femministe scatenate

 

Tutte le ragioni dalla parte delle donne, tutti i torti dalla parte degli uomini. Anzi, dei maschi. Così che il termine ne sottolinei subito la componente sessuale – o persino bestiale – che poi li porta a essere come sono: aggressivi in generale, nel loro bisogno prorompente di affermazione virile, e arroganti con le donne, fino a ritenerle degli esseri da soggiogare con ogni mezzo. Esplicito e implicito.

È una contrapposizione che va avanti già da tempo. Ma che è stata enfatizzata ancora di più in questi ultimi giorni, dopo che è stato ritrovato il cadavere di Giulia Cecchettin e si è avuta così la certezza che il suo ex fidanzato l’ha uccisa.

Un’interpretazione a senso unico

Dopo il delitto Cecchettin si è fatta strada sui media mainstream un’interpretazione a senso unico che pur essendo laica ha la stessa virulenza del peggiore integralismo religioso.

Un’interpretazione a senso unico (a sesso unico…) che pur essendo laica ha la stessa virulenza del peggiore integralismo religioso. In qualsiasi altro ambito la si taccerebbe, a ragione, di essere manichea. Qui, invece, la si afferma come una verità lapalissiana. Che va accettata senza discutere, a meno di volersi esporre a un’ulteriore accusa: quella di essere dalla parte degli stupratori e di chi arriva, addirittura, a uccidere le donne.

Fissato il dogma, che rientra nella delirante dottrina del patriarcato come causa di ogni guasto della società e delle relazioni personali, il coro dei «fedeli» si allarga a dismisura. Fino a inglobare anche degli uomini.

I quali, evidentemente, non vedevano l’ora di riscattarsi. E perciò, con il tipico fervore dei neofiti, si precipitano a compiere il primo e fondamentale passo della propria rigenerazione: un autodafé a 360 gradi.

Confesso che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa.

Maschi di tutto il mondo, pentitevi!

Maschi di tutto il mondo, pentitevi! Parola di Mattia FeltriNel suo solito spazio sulla prima pagina del quotidiano La Stampa, Mattia Feltri firma un commento intitolato Tutti noi (noi maschi, si intende) nel quale prova a risolvere, in modo assai acrobatico, la cruciale questione dell’estraneità personale di innumerevoli uomini rispetto alle violenze commesse da dei singoli individui e, più in particolare, da chi si macchia degli infami reati dello stupro e del cosiddetto femminicidio.

La soluzione? Eccola qua. «La colpa – scrive lui – è per forza individuale e individuali le conseguenze, soprattutto penali. Ma la ‘responsabilità collettiva’ è politica, e ognuno deve assumersela, anche per quello che non ha fatto, per la semplice ragione di appartenere a un gruppo o a una società».

Ogni singolo maschio, pertanto, ha il dovere di porsi le seguenti domande: «Sono sicuro di essere irreprensibile? Non ho mai discriminato una donna? Non ho mai pronunciato battute da caserma? O ridacchiato a battute altrui? Non ho mai formulato commenti sessisti? E se a tutte queste domande la risposta è mai, quanto ho fatto perché gli altri la piantassero, o perché le cose andassero meglio? Questa è la responsabilità collettiva, e se non c’è, non c’è collettività (o, se preferite, nazione)».

Il buon esempio perduto

Interessante. Però bisognerebbe affiancarci qualche domanda aggiuntiva. A cominciare da questa: la sollecitazione a impegnarsi senza posa contro i fenomeni sociali sbagliati e pericolosi vale anche in altri ambiti? O viceversa va riservata, e circoscritta, soltanto al «maschilismo»?

Per esempio: il consumo dilagante di droga e le relative attività di spaccio.

Seguendo la « Feltri Theory » ciascun cittadino (donne comprese, in questo caso) dovrebbe insorgere h24 contro gli uni e contro gli altri. Contro chi consuma e contro chi vende. Tra i conoscenti e tra gli estranei. Nei confronti sia di chi agisce egli stesso, sia di chi si limita a lasciar fare.

Molto realistico, vero? Ce li vediamo proprio, questi milioni di difensori della pubblica morale che non esitano a intervenire, spargendo rimbrotti e denunce. Affrontando di petto l’amico che sniffa, i ragazzi che si impasticcano, i pusher che smerciano.

La demonizzazione dei maschi

E la droga, ovviamente, è solo uno dei tanti aspetti deteriori che caratterizzano la nostra società e che, ben lungi dall’attenuarsi, si stanno invece aggravando.

È qui che casca l’asino. È qui che la crociata contro il patriarcato, e la conseguente demonizzazione dei maschi in quanto maschi, mostra tutti i suoi limiti. Le sue folli e rancorose distorsioni, in buona o cattiva fede che esse siano.

Il maschile non è sinonimo di sopraffazione. Il femminile non è garanzia di altruismo. Sia gli uomini che le donne, sia i maschi che le femmine, nascono imperfetti e hanno il compito, durante la propria vita, di sviluppare il meglio delle rispettive differenze.

Quella che si cerca di suscitare, invece, è un’insensata guerra di genere. Che mira a riassorbire in un unico «vizio originario» tutto ciò che c’è di riprovevole e iniquo nelle società in cui viviamo. Sorvolando, al contrario, sui tanti altri fattori di immaturità psicologica e di competizione egocentrica che attraversano, eccome, tanto la vita privata quanto quella pubblica. Dall’intimità delle famiglie ai grandi palcoscenici mediatici.

Abbiamo sacrificato l’autenticità alle apparenze, gli affetti ai followers, il lavoro svolto a regola d’arte ai guadagni facili. Abbiamo un gran bisogno di ritrovarli.

Gerardo Valentini

 

 

 

L’OMICIDIO DI GIULIA CECCHETTIN

Commozione e rabbia per Giulia, ma che c’entra il patriarcato? del 22 novembre 2023

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