Meno 15% di Pil nel primo semestre di questo 2020 che, nato da poco, ci ha già sfinito. Questa la stima dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb). Insomma, più che un calo, un vero e proprio crollo dell’attività economica a livello nazionale, una situazione senza precedenti nella storia della nostra, ormai non più giovanissima Repubblica. Insomma, una situazione economica, mai vista prima, causata dal lock down conseguente alle decisioni prese a contrasto del diffondersi della pandemia di Covid-19.
Molti si affrettano alla comparazione della situazione, nella quale stiamo entrando, con quella della crisi della «grande depressione del 1929». Ma addirittura le premesse sembrano peggiori, scenari inesplorati si stanno aprendo in questa primavera malata.
Mentre, molto prudentemente, la Banca d’Italia si ostina a prevedere un calo del Pil attorno al 6% per la produzione industriale, l’Fmi ammonisce sui pericoli dell’aumento del debito pubblico dall’attuale 135% fino al 155,5%.
Così, leggendo le stime dell’Upb, il Prodotto Interno Lordo dovrebbe calare del 15%, la causa? Le misure di «distanziamento sociale» a livello globale e planetario, non solo italiano. Ma l’Italia è fanalino di coda europeo.
Il nostro rispetto delle regole, lo stare a casa, se da una parte ha contenuto notevolmente il diffondersi della pandemia da Covid-19, dall’altra ha portato il crollo dei consumi. Unica eccezione un brillante +20% nella filiera alimentare, capofila la Grande Distribuzione Organizzata, unico protagonista a beneficiare della situazione.
La quotazione negativa del petrolio
Il petrolio, da sempre termometro delle oscillazioni e delle tendenze macro-economiche e dei mercati, ha rotto il tabù. Addirittura in Usa ha raggiunto quotazioni negative, ossia i clienti sono stati pagati per portarsi a casa la merce. Anomalia mai registrata su questa commodity. Ma il mercato americano è strano e soprattutto terra di speculatori.
Comunque i costi di stoccaggio, coi magazzini pieni ed i consumi al minimo da 60 anni, complice il mancato accordo Arabia-Russia sulla diminuzione delle estrazioni, ha generato il problema serio di non saper dove mettere quello che era fino a ieri l’oro nero.
Il costo di noleggio delle petroliere è triplicato. Infatti queste gigantesche imbarcazioni da qualche settimana vengono oramai utilizzate non più solo per il trasporto ma anche per lo stoccaggio dell’olio crudo. Da qui l’origine del prezzo negativo.
Insomma, per i produttori è meglio una perdita secca, svendere il prodotto se non pagare per disfarsene, che l’emorragia costante dei costi di stoccaggio provvisorio.
Questa situazione dovrebbe comunque rientrare, un accordo dei produttori sembra raggiunto per una riduzione proporzionale, così da far tornare i prezzi del petrolio nel range dei 20 o 30 dollari al barile.
Il rischio maggiore, adesso, potrebbe essere l’opposto. Ossia speculazioni al rialzo quando alla ripartenza dell’economia ci sarà un nuovo fabbisogno crescente di combustibili fossili. In sostanza, se non abbiamo ancora beneficiato alla pompa dei prezzi inesistenti del barile oggi, potremmo invece pagare caro un periodo di ripartenza con annesse speculazioni e prezzi al barile che potrebbero schizzare in alto: anche oltre i 70 dollari.
Questo potrebbe però tarpare le ali ad una economia in timida ripresa, ancora barcollante ed azzoppata. Il perché dei prezzi alla pompa ancora alti è presto detto: la componente della materia prima nei nostri listini è minoritaria se non marginale.
La parte del leone la fanno le accise e le tasse. Quelle sono sempre lì, per questo i prezzi non scendono sotto una certa soglia. Chi soffre poi, in questo momento sono i distributori che ad un margine bassissimo vedono sommarsi il crollo dei consumi.
La cartina di Tornasole di questo vero e proprio disastro, in Italia, i dati sulla cassa integrazione, triplicata in questo trimestre. Per l’Inps le richieste della Cig al 10 aprile sono state circa 2,9 milioni, quelle per l’assegno ordinario 1,7 milioni.
Partite Iva peggio dei cassintegrati
Ma c’è chi sta peggio dei cassintegrati. L’esercito delle Partite Iva e dei lavoratori parasubordinati che hanno usufruito del bonus dei 600 euro, saranno 800 ad aprile, è arrivato a 4,4 milioni. Una situazione, come afferma Pasquale Tridico, presidente Inps, peggiore dei valori toccati nel 2009.
Ed al peggio non v’è mai fine. Il mondo del sommerso. Purtroppo milioni di lavoratori «atipici», se non proprio completamente in nero, che generano, in Italia, annualmente 211 miliardi di ricchezza in Italia, nel 2019 cresciuto dell’1,5 %, bene, questi lavoratori ad oggi sono rimasti senza alcun reddito ed attualmente sono senza alcun sostegno.
Si stima siano circa tre milioni i lavoratori che dovrebbero godere del Reddito di Emergenza. Insomma tra 400 ed 800 euro a seconda della composizione del nucleo familiare, anche per qualche mese.
La morale è quella di tentare di cogliere la palla al balzo e provare a strappare queste persone, dedite a pratiche illegali, anche se, nella stragrande maggioranza dei casi, esercitanti mestieri e professioni legittime, alla criminalità organizzata, che, soprattutto in alcuni territori sta sostituendosi allo Stato, anche e soprattutto ora, allungando la mano nei loro confronti.
Il problema è rappresentato dalle prospettive economiche, queste servono per la compilazione del Documento di Economia e Finanza (Def) che il consiglio dei ministri dovrebbe approvare assieme al ricalcolato scostamento di bilancio sull’indebitamento 2020.
Questi ricalcoli, alla luce di entrate sempre più esigue ed uscite faraoniche, sono necessari per dare linfa, insomma il portafogli, ai nuovo decreti legge in dirittura d’arrivo.
È chiaro che il Governo sta camminando sul filo di un affilatissimo rasoio: un cedimento, una scivolata e i problemi sarebbero serissimi, un domino che potrebbe portare la nostra nazione al default.
Il confronto sulle misure Ue anti Covid-19
È per questo che al momento Conte è disposto ad accettare soldi da qualsiasi parte arrivino. Anche quelli del «nuovo» Salvastati, del Mes. In effetti, se gli interessi fossero sotto al 2% non sarebbe da scartare a priori.
Unico problema che questi soldi potrebbero essere spesi con un vincolo molto stringente: ospedali e sanità.
È per questo che anche Gentiloni, dalla Ue, si sta sbattendo a destra e manca, sembra con alcuni risultati, bisogna ammetterlo, alla ricerca di alleati per convincere l’Europa a concederci ulteriori crediti, a permettere la raccolta di prestiti e finanziamenti diretti ma garantiti dal mantello europeo.
In questa situazione mi viene in mente la caricatura che Corrado Guzzanti faceva dell’ex-ministro dell’Economia Giulio Tremonti, al quale non tornavano mai i conti. Ma dalla satira alla realtà il passo è breve: il ministero dell’economia sta lavorando su una prospettiva di bilancio da stato in guerra: Pil tendenziale in picchiata attorno all’8%, debito in impennata al 155-160% sul Pil e deficit oltre il 10%.
Questi numeri, ovviamente non sono fissi e variano in relazione agli stanziamenti straordinari, che saranno contenuti dei provvedimenti futuri, da qui alla fine dell’emergenza pandemica.
E le uscite in affinamento, quindi in dirittura d’arrivo, sono molteplici: dalla cassa integrazione agevolata per colf e badanti che lavorano in nero al rifinanziamento della Naspi (Nuovo Sussidio Sociale per l’Impiego) in scadenza.
Altri ministeri battono cassa: il Ministro della Famiglia, Elena Bonetti, vuole un bonus per i figli. Dovrebbe durare fino a dicembre e consistere in un contributo mensile variabile tra i 80 e 160 euro al mese in base alla dichiarazione Isee.
In questo particolare momento, comunque non avrebbe senso varare provvedimenti a spot. Qualunque strumento, rischio la perdita dell’efficacia ed il conseguente sperpero di denaro, se non strutturale, dovrebbe essere sicuramente visto in un’ottica di medio-lungo periodo.
Spendere oggi, anche se aumenterà il nostro indebitamento potrebbe fare la differenza, potrebbe voler dire scongiurare una crisi sociale dai risvolti e dalle conseguenze imprevedibili.
Ma la crisi economica si incarnisce in una più ampia crisi climatica globale che ha amplificato il diffondersi del Covid-19.
Il ruolo di Papa Francesco
Da notare che, in questo convulso momento nella quale la Pandemia da Covid-19 attanaglia il mondo, si staglia una figura all’orizzonte, una figura paterna e benevola. Un personaggio dal sangue freddo e sul pezzo: un uomo coraggioso.
Parliamo di Papa Francesco. Nel 50° della giornata della terra, infatti il Papa ha affermato «Dio non è contento, quando vediamo queste tragedie naturali, risposta della terra al nostro maltrattamento, se chiedo a Dio cosa pensa, non credo mi dica che è una cosa molto buona».
Nell’udienza generale in streeming ha poi continuato il Pontefice «l’abbiamo inquinata e depredata, mettendo in pericolo la nostra stessa vita. Per questo, si sono formati vari movimenti internazionali e locali per il risvegliare le coscienze».
Francesco ha ricordato poi il movimento dei Venerdì per il Clima, quello di Greta Thunberg. Ha avuto parole di incoraggiamento per tutti i giovani che si sono spesi in questi mesi per la causa ecologica.
«Apprezzo sinceramente queste iniziative, e sarà ancora necessario che i nostri figli scendano in strada per insegnarci ciò che è ovvio, vale a dire che non c’è futuro per noi se distruggiamo l’ambiente che ci sostiene».
Infine un messaggio di speranza del Papa: «Come la tragica pandemia di Covid-19 ci sta dimostrando, soltanto insieme e facendoci carico dei più fragili possiamo vincere le sfide globali».
Lino Rialti
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