IMMIGRAZIONE

La visita a Lampedusa
di Ursula von der Leyen

Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen in visita a Lampedusa il 17 settembre

 

Giorgia Meloni si è recata domenica a Lampedusa portando con se Ursula von der Leyen accompagnata dalla commissaria Ue degli Affari Interni, Ilva Johansson.

La visita della presidente della Commissione europea è stata breve, circa tre ore, ma la sua presenza in loco è stata importante, come significative sono state le sue dichiarazioni. Almeno sulla carta.

L’immigrazione come evento continentale

Il flusso migratorio proveniente dall'Africa è un problema continentaleIl primo elemento da sottolineare è che questa volta non ci si è limitati a delle frasi di circostanza ma si è andati parecchio oltre.

Indicando una serie di azioni specifiche, fissate in un elenco di dieci punti, che dovrebbero trasformare in misure concrete la solidarietà astratta nei confronti dell’Italia.

Il dubbio che ciò accada davvero è ovviamente legittimo, per non dire doveroso, ma ad autorizzare una qualche speranza sul fatto che non si tratti della solita lista dei buoni propositi che rimangono tali c’è proprio l’esposizione puntuale con cui si sono enumerati gli obiettivi.

L’aspetto principale, sintetizzando al massimo, è che l’Europa sembra essersi decisa (finalmente) a considerare il fenomeno dei migranti come un evento continentale da affrontare tutti insieme, invece di scaricarlo in massima parte su quei Paesi che, a cominciare dall’Italia, ne sono investiti direttamente e in prima battuta, a causa della maggiore accessibilità del loro territorio e delle sciagurate disposizioni del Regolamento di Dublino (sull’arretratezza del trattato di Maastricht e del Regolamento di Dublino ci siamo già soffermati).

La sintonia tra von der Leyen e Meloni

Giorgia Meloni ha centrato benissimo il nocciolo della questione: «Non considero questa visita un gesto di solidarietà dell’Europa verso l’Italia, ma piuttosto un gesto di responsabilità dell’Europa verso sé stessa. Perché questi sono i confini dell’Italia, ma sono anche i confini dell’Europa».

Esatto: il dato geografico, con la prossimità dell’Africa alle nostre coste, va considerato un elemento del tutto accidentale. Che non deve diventare il cavillo giuridico a cui si appigliano gli altri Stati dell’Unione Europea, facendone il pretesto dietro cui nascondere i propri interessi egoistici.

Ma i pretesti, in una Europa che voglia davvero essere unita e «comunitaria», non dovrebbero avere nessuno spazio.

Partendo dalla Ue coinvolgere anche l’Onu

Prevenire e reprimere. Prevenire quello che si può, tutto quello che si può, e reprimere quello che si deve, tutto quello che si deve.

Facendo entrambe le cose, si spera, in maniera assidua e incisiva. Non esibendo delle iniziative più o meno estemporanee, ma con quella continuità che è indispensabile per contrapporsi a un flusso che è a sua volta incessante. E che anzi è destinato a incrementarsi ancora di più, se non verrà contrastato con ben altra efficacia.

In questo senso, e benché non citata dalla presidente della Commissione Ue, appare assai opportuna l’ipotesi di coinvolgere anche l’Onu, nonché la sua Agenzia per i rifugiati (Unhcr), visto che le migrazioni di massa dall’Africa sono un problema planetario e vanno considerate il riverbero, drammatico e via via più insostenibile, dell’arretratezza socioeconomica di quel continente.

Un’opzione che io stesso ho caldeggiato a più riprese, oltre cinque anni fa, e che sono lieto di ribadire.

10 punti da trasformare in misure concrete

Torniamo ai 10 punti enumerati da Ursula von der Leyen. Il fattore unificante, sul piano operativo è il rilancio di Frontex.

l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, istituita nel 2004 (quasi vent’anni fa) è nata «per assistere gli Stati membri dell’Ue e i paesi associati Schengen nella protezione delle frontiere esterne dello spazio di libera circolazione dell’Ue».

In quanto Agenzia dell’Ue, Frontex è finanziata dal bilancio dell’Unione e dai contributi dei paesi associati Schengen.

Il rilancio di Frontex e dell’Operazione Sophia

La prevenzione e la repressione, per più di un verso e come è giusto che sia, diventano attività che procedono in parallelo. Ed è importante che si affermi in termini espliciti la volontà di ripristinare la legalità perduta.

Innanzitutto, combattendo le organizzazioni criminali che gestiscono l’enorme business dei viaggi non autorizzati e che lucrano, nel modo più spietato, sulla condizione di debolezza dei tantissimi sventurati che non trovano di meglio che affidare le proprie vite ai rischi di una traversata dalle mille incognite.

Allo stesso tempo, però, sia rafforzando la sorveglianza aerea e quella in mare, con il possibile ritorno a missioni navali sul genere della «Operazione Sophia» avviata nel 2015 e conclusa nel 2020, sia facilitando il ritorno nei Paesi di origine di quegli individui che non abbiano i requisiti necessari per ottenere il diritto di asilo.

Ursula von der Leyen – il cui mandato alla guida della Commissione Ue ha avuto inizio nel luglio 2019 ed è quindi in scadenza il prossimo anno, poco dopo lo svolgimento delle elezioni europee a giugno 2024 – ha ora il compito di passare dalle parole ai fatti.

Una verifica che dovrà avvenire giocoforza in tempi relativamente brevi, quantomeno nelle sue mosse iniziali, e che siamo impazienti di seguire. A distanza di sicurezza tanto da qualsiasi ottimismo ingenuo, quanto da ogni scetticismo a priori.

Gerardo Valentini

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