SINISTRA E FINANZIAMENTI DI PUTIN

Attacco a Salvini
con l’occhio al 25 settembre

Fallisce l'attacco della sinistra a Salvini sulla Russia

 

Due passi avanti e mezzo indietro. Due passi avanti suonando la carica e gridando allo scandalo, per i finanziamenti illeciti che la Russia avrebbe sparso per il mondo e che potrebbero aver coinvolto anche la Lega. Così l’attacco della sinistra a Salvini.

Il presidente della Lega Matteo SalviniPoi mezzo passo indietro, in mancanza di alcuna prova e a fronte delle precisazioni delle stesse autorità statunitensi che hanno predisposto il dossier, per salvare le apparenze: ci atteniamo a quello che risulta, tuttavia…

Appunto. Invece di scusarsi per l’infondatezza degli addebiti, che non nascono certo ora ma che guarda caso sono stati rilanciati a meno di due settimane dal voto del 25 settembre, ci si è rifugiati nella formula, comodissima e viscida, del «per il momento».

Accuse non ancora ritirate

Ovvero: le accuse non sono affatto ritirate, ma rimangono in sospeso. Oggi non siamo in grado di confermarle in modo inoppugnabile ma può sempre darsi che ci riusciremo in seguito.

Comunque, al pari di chiunque altro non abbia manifestato il più drastico rifiuto nei confronti di Putin, Salvini è ritenuto sospetto per definizione: soldi o non soldi, quel mancato allineamento non può non avere delle motivazioni oscure.

È un teorema sballato. Che parte dalla fine, presunta, e che da lì risale all’indietro. Invece di dimostrare la tesi, la innalza a premessa indiscutibile. Ad assioma. A dogma.

La logica, si fa per dire, è che concordare con le verità ufficiali dell’Occidente sia ormai un atto dovuto. Come se fosse esclusa a priori l’esistenza di qualche buona ragione – qualche ragione lecita – per prendere le distanze dalle versioni a senso unico del mainstream.

Un’ubbidienza da tempo di guerra

Ergo, i soli motivi che possono indurre qualcuno a farlo devono essere giocoforza degli interessi opachi. Subdoli. Inconfessabili. Rispetto ai quali il passaggio di denaro è solo una delle tante forme di corruzione con cui ricompensarli.

Come sempre, la singola vicenda conta soltanto in parte. Ciò che ne moltiplica il rilievo è il suo inserirsi, oppure no, in una tendenza più ampia. O addirittura strategica. Parliamo di finalità, allora.

Dal 2008 in poi il modello occidentale è scivolato, per non dire sprofondato, in una crisi dalla quale non è mai uscito del tutto. Le difficoltà economiche, e non solo, si sono via via ritorte sulle classi dirigenti. O quantomeno sulla loro immagine pubblica. Poiché esse avevano costruito la propria legittimazione sulla crescita dei redditi e dei consumi, il venir meno di quelle aspettative ne ha messo in discussione la credibilità.

Ci sarebbe voluto un onesto e profondo ripensamento. E magari uno schietto mea culpa. Non ce n’è stata neanche l’ombra.

La guerra di Putin rivitalizza l’«Occidente»

La reazione dell’establishment è stata appellarsi alla competizione globale e scaricare la responsabilità degli insuccessi, individuali e collettivi, su chi non riusciva a stare al passo. Che si trattasse di singole persone, oppure di interi Stati, la conclusione era la stessa: non è il sistema che è sbagliato; siete voi che non vi impegnate a sufficienza per raccoglierne i frutti.

È bastato, a disinnescare le tensioni e a tacitare il malcontento? Decisamente no.

Ed ecco allora un nuovo irrigidimento, che in nome di questa o quella emergenza straordinaria e imprevedibile (e perciò incolpevole) pretende di compattare i governi e le rispettive popolazioni intorno a un’unica volontà. Alla quale tutti, nessuno escluso, sono chiamati, e tenuti, a collaborare.

È accaduto con la pandemia. Si è ripetuto, praticamente senza soluzione di continuità, con la guerra in Ucraina. Identificare in Putin il nemico pubblico dell’Occidente ha spalancato le porte a una contrapposizione a tutto campo. Che dal piano esterno si è trasferita anche a quello interno, tendendo a vincolare tutti i cittadini alle scelte di chi li governa.

Il normale dissenso politico ne esce condizionato. O stravolto. Sottrarsi alla condanna incondizionata e unanime di Mosca è sempre meno un’opzione legittima, benché discutibile, e sempre di più una sorta di tradimento degli interessi nazionali.

Pensare con la propria testa è altamente sconsigliato. E poco ci manca che sia considerato sovversivo. Basta ubbidire a chi comanda.

Gerardo Valentini

 

 

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