SPAGNA

La pretesa di allargare alla Ue
la babele linguistica iberica

La Spagna vuole esportare in Ue le sue lingue co-ufficiali: catalano, euskera e gallego

 

Mentre la Spagna, dopo le elezioni anticipate del 23 luglio, è ancora senza Governo, le Cortes (Congresso e Senato) inaugurano oggi l’utilizzo formale delle lingue co-ufficiali.

Ovvero attraverso una strumentazione costata 53mila euro e l’impiego a turno di 12 traduttori simultanei, ognuno dei 650 deputati potrà esprimersi oltre che in spagnolo (castigliano) anche nelle lingue regionali della Catalogna (catalano), dei Paesi Baschi (euskera) o della Galizia (gallego).

Si potrà intervenire in aula anche in una delle altre lingue considerate co-ufficiali unicamente nel proprio ambito territoriale, come l’aragonese o l’asturiano, ma in questo caso il deputato dovrà poi ripetere l’intervento in una delle tre lingue co-ufficiali «nazionali».

L’accordo tra socialisti e autonomisti

Le regioni linguistiche della SpagnaSi tratta di un tema caro alla sinistra autonomista annunciato nel discorso di investitura dalla presidente delle Cortes la socialista delle Baleari Francina Armengol.

L’elezione dell’esponente di Uniti per la Catalogna (Junts) è il frutto di un accordo con il Psoe, che spera dei voti degli autonomisti per un eventuale reincarico a Pedro Sanchez, in caso di fallimento del tentativo del presidente del Partito Popolare Alberto Núñez Fejóo.

Alcuni deputati di diversi partiti hanno già dichiarato che si esprimeranno unicamente nella loro lingua regionale, mentre altri la intercaleranno al castigliano.

Il Partito Popolare e Vox hanno annunciato che i loro parlamentari continueranno ad usare il castellano. Ossia, diremo noi, continueranno ad esprimersi nella lingua della loro Nazione, lo Spagnolo.

La babele linguistica della Spagna nella Ue?

Non paga della babele di lingue di casa propria la sinistra spagnola vorrebbe imporla anche all’Unione Europea.

Il ministro degli Esteri del dimissionario Governo di Pedro Sanchez — in carica per l’ordinaria amministrazione in attesa della formazione di un nuovo esecutivo — approfittando del semestre di presidenza spagnola ha fatto mettere all’odg della seduta odierna del Parlamento di Bruxelles l’elevazione di catalano, euskera e gallego a lingue ufficiali dell’Unione Europea.

Una decisione che ci appare anacronistica, onerosa per il bilancio comunitario, nonché in grado di aprire un interminabile contenzioso con le innumerevoli minoranze regionali del Vecchio Continente.

Rovesciando un’affermazione del ministro spagnolo, ci auguriamo che a Bruxelles invece dei voti favorevoli si possano contare i veti degli altri paesi dell’Unione.

Vincenzo Fratta

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