REPUBBLICA DOMINICANA

Crisi con Haiti
per il canale sul Rio Dajabon

È crisi fra la Repubblica Dominicana e Haiti per il canale sul rio Dajabon, Il presidente Luis Abinader ha chiuso i confini fra i due stati.

 

Una nuova pericolosa crisi è in corso tra la Repubblica Dominicana e Haiti. A fronte dell’intenzione di non meglio specificati gruppi di haitiani di costruire un canale di irrigazione in grado di alterare il naturale scorrimento del fiume Dajabon, il presidente della Repubblica Dominicana Luís Abinader ha decretato la chiusura del confine con Haiti.

Il Presidente della Repubblica Dominicana Luis Abinader ha chiuso le frontiere con HaitiLa consegna dei visti è stata sospesa, chiusi i confini terrestri, aerei e marittimi ed è stata rafforzata la presenza militare lungo tutto il confine. Le misure rimarranno in vigore finché non si otterrà la chiusura definitiva del canale in costruzione.

I due paesi confinanti condividono l’isola di Hispaniola ma sono distanti per storia, etnia, lingua e cultura. Inoltre negli ultimi anni Haiti è preda di bande criminali, la cui violenza ha costretto decine di migliaia di persone a cercare sicurezza oltre confine, creando tensione fra i due Paesi.

Una deriva interna che si è aggravata nel 2021 con l’assassinio del presidente haitiano Jovenel Moïse.

Il governo dominicano ha intensificato gli sforzi per limitare e gestire l’immigrazione anche attraverso la costruzione di una barriera tra i due paesi.

Il messaggio di Luís Abinader

L'isola di Hispaniola divisa tra la Repubblica Dominicana e HaitiIn un messaggio al popolo dominicano il presidente Luís Abinader si è detto consapevole che «Il popolo haitiano soffre le conseguenze dell’instabilità e dell’insicurezza generate dai gruppi ribelli che hanno preso il controllo di gran parte del paese, ignorando così la legalità del loro governo e provocando una grave crisi istituzionale che tiene il suo popolo impantanato in una terribile situazione politica ed economica»

Al tempo stesso ha sottolineato il diritto della Repubblica Dominicana «di intraprendere le azioni necessarie per garantire i propri diritti, sotto la protezione delle sue leggi e in linea con gli accordi internazionali firmati in materia di frontiere» con l’obiettivo di «garantire la sicurezza e l’interesse nazionale, nonché proteggere i suoi fiumi, l’ambiente e la produzione agricola».

Lungo il corso del Rio Dajabon

Il fiume Dajabon, o rio Masacre, lungo 55 km, nasce nella Loma de Cabrera e scorre per la gran parte del suo corso in territorio dominicano. Per nove chilometri segna il confine fra i due stati e, prima di sfociare nella baia di Manzanillo nella città di Montecristi, entra per due chilometri in territorio haitiano.

In questo tratto i cittadini haitiani iniziarono nell’agosto del 2018 la costruzione del canale di irrigazione con lo scopo di irrigare le grandi piantagioni e di vendere l’acqua ai piccoli produttori.

Si tratta di un’iniziativa unilaterale, in palese violazione dei principi contenuti del «Trattato di Pace, Amicizia e Arbitrato» siglato nel 1929 dai due stati, che impegna le parti «a non svolgere o acconsentire a qualsiasi lavoro che possa cambiare la corrente dei fiumi e degli altri corsi d’acqua che nascono nel territorio di uno Stato e scorrono attraverso il territorio dell’altro o servono da confine tra i due Stati di essi, ne di alterare il prodotto delle loro fonti».

Illegale la costruzione del canale

La costruzione del canale sul Dajabon potrebbe influenzare il flusso del fiume nella zona bassa, danneggiando circa 14mila aziende di terra coltivabile in territorio dominicano e circa 10mila aziende in territorio haitiano di cui beneficiano 266 agricoltori dominicani e 125 agricoltori haitiani su entrambi i lati del confine.

Sul versante dominicano si temono anche danni ecologici al vitale ecosistema lacustre d’acqua dolce della Laguna Saladilla, una delle zone umide più importanti della Repubblica caraibica, e si sottolinea come la mancanza di pianificazione e la cattiva gestione delle risorse naturali ha causato ad Haiti la distruzione degli ecosistemi praticamente in tutto il suo territorio.

Il governo dominicano è consapevole che il protrarsi della chiusura delle frontiere potrebbe avere effetti devastanti sulla già precaria economia haitiana, ma giudicando ormai ingovernabile la situazione dello stato vicino, ritiene indispensabile un intervento dell’Onu.

A Santo Domingo sono convinti che oltre gli aiuti prestati in passato al popolo haitiano, non possano e non debbano far nulla di fronte alla incontrollabile situazione interna in cui si dibatte Port-au-Prince.

Il presidente Luís Abinader l’ha detto apertamente nel suo messaggio: «Il problema di Haiti non è più ad Haiti, è nella mani della comunità internazionale».

Vincenzo Fratta

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