INDI GREGORY

Pelosa rigidità inglese,
generosità italiana

Bloccato il trasferimento di Indi Gregory al Bambino Gesù. I genitori espropriati della responsabilità genitoriale. Ignorata l'offerta italiana.

 

Mentre esce quest’articolo la sorte di Indi Gregory è sospesa, una storia che non riguarda solo una bambina. Quello che mi ha colpito vedendo le foto della famiglia Gregory, con in braccio la loro figlia Indi, è sempre stato lo sguardo del papà Dean.

Indi Gregory la bambina affetta da mitocondriopatiaUno sguardo che invitava a prendersi cura, e che era pronto a prendersi cura, uno sguardo che invitava ad approfondire e ad osservare, interrogando il lettore sul perché ci fosse una fotto di una famiglia inglese con in braccio un bimbo medicalizzato.

In fondo l’Inghilterra è un paese moderno, efficiente, occidentale, questa foto assomigliava incredibilmente a quelle dei bambini palestinesi, ma lì, lì non c’è niente, si può capire serva un aiuto materiale, quello peraltro che stanno cercando di portare anche le nostre istituzioni con la nave ospedale Vulcano.

Il calvario giudiziale dei Gregory

Verrebbe in mente lo slogan facile che l’Occidente ha altre povertà, povertà umane che non si riscontrano nei paesi e nelle popolazioni con minori mezzi materiali; tuttavia, nella polemica che è sorta con l’intervento del Governo italiano, un intervento dai risvolti giuridici incredibili, è utile anche fare un po’ di chiarezza.

Dopo che i medici inglesi avevano deciso per il distacco dei supporti vitali della bambina, affetta da mitocondriopatia, i genitori avevano presentato ricorso al Tribunale inglese che aveva autorizzato i medici all’«operazione», respingendo, di pari passo, la richiesta di trasferimento in Italia (all’ospedale Bambino Gesù), decisione poi slittata, con varie tappe, anche alla High Court inglese, al prossimo lunedì a mezzogiorno.

Il messaggio odierno di Simone Pillon che segue la vicenda è appello rifiutato deadline alle ore 12 di lunedì. I genitori, assistiti dal Christian legal Center, hanno anche presentato appello, senza successo, e hanno adito la Corte Europea dei Diritti Umani (Cedu), per violazione dell’art. 5 (diritto alla libertà e alla sicurezza, per il trasferimento impedito).

La cittadinanza italiana a Indi

Dall’altro lato, il Governo italiano, seguendo i precedenti di altri bambini nelle stesse condizioni di Indi, ha conferito a quest’ultima la cittadinanza italiana, ma, per non far respingere anche questo trasferimento, ha deciso di operare in via giurisdizionale: il Console di Manchester, Matteo Corradini, nella sua veste di Guardianship judge (Giudice Tutelare, ex art. 34 del decreto legislativo n. 71 del 3 febbraio 2011) ha nominato Curatore del minore il presidente del Bambin Gesù, Dr Antonio Perno, emettendo un provvedimento d’urgenza di trasferimento in detto Ospedale.

Il Console si è già relazionato con il Presidente del Queen Medical Center di Nottingham, dove è (de)tenuto Indi, chiedendo collaborazione per evitare un conflitto di giurisdizione.

Nel frattempo, il Giudice inglese Robert Peel, che si occupa del caso, e che ha respinto la domanda dei genitori, ha tenuto d’urgenza un’udienza on line per vedere le modalità di distacco che secondo il protocollo (e quanto disposo dal Giudice inglese) può avvenire nell’ospedale, ad un hospice esterno o a casa.

Nonostante questo, il padre ha comunicato che i medici hanno rifiutato l’estubazione a casa e hanno minacciato di compierla anticipatamente all’Ospedale.

Il padre, inoltre, ha informato che ha anche a disposizione un aereo ambulanza per il trasferimento di Indi (grazie alla generosità privata), mentre, al Bambin Gesù, si è approntata la stanza pronta ad accogliere la piccola.

L’attesa all’Ospedale Bambino Gesù

Ancora, il Premier Meloni si è appellata alla Convenzione dei minori dell’Aja per il trasferimento in Italia, in particolare gli artt. 9 e 32, con una comunicazione urgente al Ministro della Giustizia britannico, tale istanza era stata precedentemente presentata dal Console italiano all’udienza odierna.

La garante dell’infanzia italiana, inoltre, si sarebbe rapportata con la sua omologa inglese chiedendo, tra l’altro, la modalità di cura dei bambini affetti da patologie incurabili, come viene loro fornita la parità di accesso alle cure, le informazioni sulle cure palliative, sulla differenza tra accanimento terapeutico e mantenimento dei necessari supporti vitali.

Anche se circolano notizie sulla rinuncia al trasferimento in Italia, da parte dei legali inglesi, sia la famiglia che i legali italiani di questa, continuano a perorare la strada del trasferimento al Bambino Gesù, non solo quella del diritto all’interruzione dei supporti vitali a casa, invece che all’ospedale.

In Italia si è intanto aperto un confronto tra chi vuole il trasferimento in Italia, da un lato, e, dall’altro, gli ultraliberisti favorevoli all’esproprio statale della scelta dei genitori (tipo Nicola Porro) insieme ai fan dell’avanguardia scientifica inglese (Andrea Crisanti), da non confondere però con il suo Sistema Sanitario.

La questione etica e i casi precedenti

Nonostante possa sembrare un riferimento astratto, il piano etico o, meglio, bioetico, influenza le azioni, i protocolli e la giurisdizione nel campo medico.

La prognosi riguardo la malattia della piccola, specialmente per la giovane età della stessa, è infausta, su questo dato non si può certo discutere, anche se differenze di specialisti e luoghi di cura hanno fatto la differenza, e possono fare la differenza, anche con i medesimi protocolli.

Si può ricordare il caso simile di Tafida Raqueeb a cui l’Alta Corte inglese aveva concesso il trasferimento al Gaslini di Genova, ed ora, uscita dalla terapia intensiva, mostra progressione e continuo miglioramento.

Anch’essa, vittima di una malattia rara, una patologia inguaribile, ma differente da quella di Indi affetta da sindrome da deplezione del Dna mitocondriale, aveva scontato un diverso calvario, e la diffidenza e l’ostilità di alcuni medici come Mario Riccio (che coadiuva le campagne pro-eutanasia dei radicali).

Ricordiamo anche Charlie Gard, a cui fu rifiutato persino il trasferimento a casa e finì la sua piccola, ma significativa vita, in un hospice per malati terminali.

Lo sgomento di papà Dean

Comprensibile, quindi, lo sgomento di papà Dean di fronte all’opposizione dei medici di far morire Indi a casa sua.

Credibile anche quanto riferito da Don Antonello Iapicca: «Il padre di Indi Gregory, che non è battezzato né credente, ha affermato, a proposito delle aule in cui la ‘giustizia’ inglese ha decretato che il miglior interesse della sua bambina fosse quello di essere soppressa: ‘In tribunale ho percepito di essere all’inferno, quindi deve esistere il paradiso: vorrei che mia figlia fosse battezzata e forse lo sarò anche io’. La bimba ha ricevuto ieri il battesimo»

Il miglior interesse del bambino è un principio che viene utilizzato nell’ambito minorile e del diritto di famiglia per indicare la ratio che deve guidare i provvedimenti, ossia non il desiderio delle parti che si scontrano, ma l’interesse dei figli, un criterio peraltro fatto proprio dalla famosa, e preoccupantemente non compresa, pubblicità Esselunga.

La formula, però, è usata (per ora) anche nell’aule giudiziarie inglesi per emettere le sentenze che permettono la soppressione dei bambini in Inghilterra. Il termine non è volutamente esagerato, anche se la narrazione che accompagna questa operazione si focalizza nel far passare tutto come una «fatalità»: l’azione e la decisione umana, e i criteri che la compongono, giocano un ruolo fondamentale.

Il best interest of the child

Tra questi non mancano i comparti di spesa per la sanità, limiti che comportano una graduatoria di cura e investimento di risorse, scartando così proprio le persone più fragili e afflitte, per malattie che, certamente, non sono comparse negli ultimi decenni, mettendo così in evidenza che a cambiare, portando ad una prassi pro-eutanasia, è stato soprattutto l’approccio, orientato solo verso l’efficientismo.

In realtà, il criterio decisionale sarebbe sempre quello di identificare se si è in presenza di accanimento terapeutico, per cui il richiamo al best interest of the child è (forse volutamente) fuorviante.

I trattamenti volti a procrastinare la morte non possono infatti automaticamente assurgere ad accanimento, mentre questo potrebbe verificarsi in alcune ipotesi in cui il trattamento non produce risultati consoni, non alle aspettative (spesso sproporzionate) dei pazienti, ma alla qualità del trattamento, anche per inefficacia verso un determinato paziente, oppure quando questo comporti più sofferenza che sollievo.

Nel caso di Indi, invece, sarebbe ipocrita parlare di accanimento, almeno dal lato del paziente, potendo invece riferirsi alla gravità economica delle terapie, e alla

«convenienza» del Sistema Sanitario inglese nel procrastinarle.

In campo medico, peraltro, si deve rifuggire dall’autoreferenzialità: alimentare la possibilità di trasferimenti presso altri istituti medici è connaturato a quella circolarità che contraddistingue la scienza, e in cui nessuno si ritiene di fare il best, il meglio e basta, ma quell’obiettivo è sempre in avanti, anche grazie al progresso e alle scoperte, di tutta la comunità scientifica internazionale (e il Covid avrebbe dovuto insegnarlo).

In base a ciò, i genitori di Indi avrebbe comunque il diritto ad un trasferimento presso un altro ospedale, già individuato e favorevole, per una seconda opinione.

Esonerata la responsabilità genitoriale

Al di là di questa questione rimane la problematica della giusta autonomia familiare, come può lo Stato sostituirsi alle decisioni di maggior interesse per i figli da parte dei genitori, come può farlo senza che renda almeno inidonei gli stessi ad esercitare la loro responsabilità genitoriale (argomentandone anche le ragioni che devono essere proporzionalmente gravi)?

Eppure, in Inghilterra e non solo, avviene in campo educativo e medico, cioè proprio nella patria dell’Habeas Corpus (o dell’inviolabilità personale).

In Italia, peraltro, una decisione di questo genere comporterebbe la necessaria nomina di un Curatore speciale del minore, proprio perché un presunto deficit genitoriale, o conflitto di interessi, non comporterebbe mai un’automatica esclusione della «tutela privata e familiare» (Art. 8 Cedu), ma il minore necessiterebbe di adeguata rappresentanza di fronte allo Stato e di fronte alla Corte che emette il giudizio.

Sembra quindi più chiara la strategia di nominare in Italia un Curatore per il minore, ora cittadino italiano, consentendo, almeno, una revisione procedurale, e un nuovo argomento per ricorrere alla Corte Europea.

La concessione della cittadinanza italiana

Riepilogando le problematiche connesse al caso Indi, si deve rilevare che la concessione della cittadinanza italiana implica la necessaria tutela del nuovo cittadino da parte delle istituzioni nazionali, oltre ad un possibile conflitto di giurisdizione, si potrebbe delineare anche un vulnus nelle sistema giuridico inglese, sia con riguardo alla necessaria rappresentanza processuale del minore in caso di situazioni di conflitto (in questo caso però il conflitto è con le istituzioni mediche), sia con riguardo alla mancata individuazione delle ragioni per cui un trasferimento, a completo carico della famiglia, possa confliggere con l’interesse della minore.

Il rispetto della vita privata e familiare dovrebbe infatti comportare una rigorosa giustificazione di quest’esproprio, che, si ripete, coinvolge sia il diritto alla libera circolazione che il diritto alla vita, che la tutela dell’ambito familiare e privato.

La considerazione soggettiva della vita di Indi, infatti, chiamata non vita, non persona, vita vegetale, vita non degna di essere vissuta, anche se condiziona la visione personale e, se si è giudice, anche la sentenza, non può essere un valido criterio di decisione.

Gli argomenti giuridici inglesi

Rimangono i paletti dell’accanimento terapeutico già indicati prima che, nel presente caso, non ci sono rilevabili. Peraltro, qualora ci fosse un dubbio a riguardo, dovrebbe comunque tutelarsi la libertà dei genitori di poter vivere in serenità il naturale corso della vita di loro figlia, che comprenderà probabilmente un decesso prematuro, ma non anticipato.

Anzi, si può dire di più, la preferenza per la vita anche nelle condizioni di accanimento terapeutico, unito alla possibilità d cure palliative sempre più efficaci, permette di far prevalere praticamente sempre la volontà dei privati in questo caso, mentre non varrebbe il contrario.

Gli argomenti dei giudici inglesi, oltre ad una non comprensione della ratio della Convenzione dell’Aja da parte dell’Italia che, invece, legittimamente rivendica voce in capitolo, sono piuttosto emotivi, tipo: le condizioni di salute stano deteriorando, il che non giustifica affatto la soppressione prematura, come se il decesso naturale sia da evitare a priori.

Al di là della constatazione che la severità della malattia da deplezione mitocondriale ha preso la piccola all’intestino e alla testa e che probabilmente ciò le impedirebbe anche di soffrire, detto dai detrattori dell’intervento italiano, l’Ospedale Bambino Gesù ha fornito un protocollo che assicura la completa assistenza per diminuire ogni disagio nella ventilazione eliminare ogni possibile sofferenza grazie alle cure palliative, e, inoltre la previsione di trattamenti sperimentali.

La duttilità del protocollo pediatrico italiano

Al contrario, del protocollo degli ospedali inglesi, si fa notare che quello dell’ospedale pediatrico italiano non è irreversibile, ossia è modulabile a seconda delle esigenze che si possono presentare.

La pur minima differenza di prospettiva, ossia un’alternativa al distacco dei supporti vitali (respirazione e alimentazione), obbligata per i medici inglesi, permette il trasferimento in un altro ospedale e l’ingerenza dello Stato di cittadinanza, anche ai sensi della Convenzione Aja (oltre che Cedu).

Ciò non sarebbe peraltro necessario, in quanto i genitori dovrebbero poter esercitare una simile opzione; tuttavia, è il caso di dirlo, l’accanimento giudiziario inglese, non privo di sciovinismo, con enormi fan in Italia soprattutto a sinistra (per cui l’unico nazionalismo buono è quello altrui), non permette una tale tutela dei diritti fondamentali della persona

L’umiltà che guarisce il padre

Mi ha incuriosito il nome Indi, non so che significato abbia in Inghilterra, ma mi fa tornare alla mente un topos cinematografico che, peraltro, nella pellicola che apprezzo di più, si focalizza nel rapporto significativo tra un padre perso nei suoi enigmi di lavoro e il figlio archeologo-avventuriero.

In Indiana Jones e l’ultima crociata, la metà è arrivare al Graal, custodito dai cavalieri crociati e cercato da personaggi senza scrupoli e da esponenti della Germania nazista, per ottenere la vita e il potere eterno nel mondo.

Nel film è evidente come lo stesso mito si risolva in ricerche differenti e mosse da forze antitetiche: da un lato l’orgoglio, la ubris direbbero gli antichi, e dall’altro l’umiltà che «guarisce» il padre.

Ognuno scelga a quali attori dei fatti della piccola angloitaliana Indi Gregory far interpretare i relativi personaggi, a noi rimane un sospetto: che sia proprio la vista di una bambina malata e inguaribile a costituire una «pietra d’inciampo».

Armando Mantuano *avvocato

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