IL CASO DECARO-EMILIANO

Se il presidente della Regione
«inguaia» il sindaco

Il presidente della Puglia Michele Emiliano sul palco di Bari insieme al sindaco Antonio Decaro

 

Le dichiarazioni del Sindaco Antonio Decaro, contro l’iter amministrativo ispettivo volto a valutare se ci siano le condizioni per uno scioglimento del Comune di Bari, sono ormai note.

Il sindaco di Bari Antonio Decaro insieme alla sorella e alla nipote del boss CapriatiLa reazione politica e gli apprezzamenti sproporzionati per l’atto amministrativo, si sono fatti sempre più gravi, cercando infine una qualche giustificazione giuridica, alla ricerca di qualche abuso che consentisse di legittimare le accuse al Ministero dell’Interno Matteo Piantedosi.

Il tentativo non è riuscito, anzi, comicamente, proprio dal palco della partecipata manifestazione di sabato scorso a Bari, non si sa indetta a quale fine, il Governatore della Puglia Michele Emiliano ha candidamente rievocato episodi più che imbarazzanti per il primo cittadino barese: contatti con la sorella dei Capriati per rendere Decaro intoccabile.

C’è stata la ritrattazione di Emiliano (che già aveva fatto le stesse affermazioni due anni fa a TeleNorba), successiva alle prevedibili polemiche che ne sono scaturite.

C’è stata la negazione tardiva del primo cittadino barese, che però stava sul palco compiaciuto mentre Emiliano parlava e lo prendeva per un braccio come a confermare quanto diceva.

Poi sono emerse le foto che ritraggono il primo cittadino con la sorella e la nipote del boss ergastolano Antonio Capriati.

Anche in questo caso Antonio Decaro smentisce di sapere chi fossero, eppure lo scatto è stato fatto di fronte al locale gestito dalla parente del boss, una circostanza forse non irrilevante, sul presupposto che ogni buon primo cittadino ha la «mappa» dei luoghi e locali più sensibili del Comune che amministra.

Le contestazioni giuridiche a Piantedosi

Ogni giornale, anche i più giustizialisti, ha preferito schierarsi contro il Ministro dell’Interno, arrivando a sminuire anche i recenti collegamenti emersi, in una lotta al provvedimento emanato, forse non compreso fino in fondo.

L’accusa al Ministro è stata quella di aver avviato l’iter per lo scioglimento del Comune, attraverso una commissione d’indagine, solo per fini politici, nonostante il Procuratore dell’inchiesta giudiziale abbia circoscritto i fatti, che, secondo lui, avrebbero solo lambito l’amministrazione.

Non ci sarebbero quindi i presupposti giuridici per l’istituzione della commissione, anche perché lo stesso Antonio Decaro ha inviato al Ministero un faldone di documenti relativi alle attività del Comune contro la criminalità organizzata.

Un inquadramento più puntuale

Queste contestazioni partono da un equivoco di fondo, ossia che il Commissariamento del Comune discenda da condotte penalmente accertate e sia una sanzione accessoria alla condanna.

In realtà la funzione del dispositivo di cui all’art. 143 del Testo Unico Enti Locali (Tuel), ha una funzione preventiva per rendere immune l’Amministrazione dalle pressioni delle consorterie criminal-mafiose.

Una funzione che si può apprezzare anche alla scadenza dell’Amministrazione, proprio perché certe pressioni sono indipendenti dagli eletti e, anche, dall’ideologia che questi rappresentano (come dimostrato dal caso della Consigliera che ha cambiato casacca).

Andando al testo della norma che stabilisce l’iter per un eventuale commissariamento, si deve precisare che l’iniziativa spetta al Prefetto di Bari, che agisce sì su delega del Ministero, ma è colui che nomina i membri della Commissione, con cui provvede agli accertamenti.

Quanto ai motivi che possono portare alla nomina della Commissione è sbagliato indicare quelli specificati per il Commissariamento (concreti, univoci e rilevanti elementi di condizionamento dell’Amministrazione pubblica o collegamento di questa con consorterie mafiose).

La valenza ispettiva della Commissione

In realtà è problematico anche un riferimento per relationem rispetto a tali presupposti, in quanto l’istituzione della Commissione non ha valenza cautelare (che dovrebbe scontare un giudizio sommario), ma ispettiva, cioè volta a trovare gli elementi che potrebbero portare ad un Commissariamento, atto quest’ultimo fortemente discrezionale.

Quando si è parlato di atto dovuto, lo si è certamente inteso con riguardo a quanto emerso dagli atti d’indagine «Codice interno», anche se l’ampiezza dell’investigazione, persino in ambito penale, dipende, oltre che dalla bravura degli inquirenti, anche dalla rilevanza del caso e dai collegamenti che via via emergono, senza tesi precostituite.

Inibire l’indagine, specialmente di fronte a temi come la criminalità organizzata, è quindi un esercizio arduo e equivoco, specialmente perché in questa fase si raccolgono indizi, tra cui, ad esempio: il dossier inviato dallo stesso Decaro, le parole di Emiliano e le foto emerse successivamente.

Cosa prevede l’art.143 del Tuel

Gli elementi di indagine, che hanno interessato anche la Commissione Antimafia con riguardo alle rivelazioni di un «pentito» su Decaro, possono poi corroborare tali presupposti, ma, come ribadito, l’indagine ex art. 143 Tuel non si deve sovrapporre con quella penale.

Peraltro richiedere che l’avvio della procedura ex art. 143 Tuel sia adeguatamente motivata, addirittura in relazione al comma 1, non coglie la peculiarità del provvedimento che, per la sua gravità e urgenza, permette anche di derogare alle garanzie di partecipazione e di contraddittorio rendendo irrilevante la comunicazione di avvio del procedimento.

Lo stesso riferimento a criteri penalistici per relationem, e addirittura a presunte parole del procuratore che avrebbe detto che l’inchiesta ha solo lambito l’Amministrazione, senza specificare dove e quando, facendo cioè riferimento ad un (presunto) commento privato del titolare dell’inchiesta, è poi un’opposizione giuridica alquanto debole.

Il Commissariamento, infatti, potrebbe discendere anche da una semplice «inadeguatezza» dell’Amministrazione nel regolare compimento dei poteri di vigilanza e nella regolare gestione burocratica dell’amministrazione pubblica.

A tal fine, possono rilevare anche situazioni che non rivelino né lascino presumere l’intenzione degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata, come, parimenti, non possono escluderlo eventuali interventi utili dell’Amministrazione comunale (anche di contrasto con la criminalità organizzata), che potrebbero convivere con l’inerzia in altri ambiti tale da favorire condizionamenti o collegamenti mafiosi.

Le possibili misure di tutela del Sindaco Decaro

Invece di contestare politicamente l’atto ispettivo, richiamandone l’attenzione in maniera smisurata, con toni che mal si addicono alla leale collaborazione tra istituzioni, divenendo anche causa del presunto danno d’immagine lamentato, in quanto è lo stesso sindaco Decaro ad aver reso pubblica l’istituzione della Commissione, si potrebbe, al limite, contestare l’eventuale Commissariamento del Comune di Bari.

Certo, ormai, tale contestazione non potrebbe che rubricarsi come preventiva, viste le reazioni e le posture assunte, e dovrebbe necessariamente aspettare l’eventuale provvedimento, successivo alla relazione della Commissione nominata.

Il correlato ricorso amministrativo potrebbe comunque essere esaminato, in quanto non difetterebbe l’interesse all’impugnazione anche in componenti dell’Amministrazione dimissionaria.

Armando Mantuano *avvocato

 

La materia può essere ulteriormente approfondita con la lettura della pronuncia del Consiglio di Stato del 4 aprile 2021

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