«Securitario» è l’ultimo neologismo inventato dai progressisti da utilizzare insieme al vecchio anatema «giustizialista» non appena si prospettano delle norme più rigorose.
Oddio, eccolo: il demone dell’autoritarismo che torna a mostrarsi. L’anticamera della dittatura. Il nuovo fascismo che avanza.
Giovedì scorso il Consiglio dei Ministri ha presentato il suo Pacchetto sicurezza (che in effetti è un ddl, da sottoporre al vaglio del Parlamento) e le reazioni del Partito Democratico e dintorni, stampa amica compresa, sono scattate come da copione.
La Repubblica: «Una raffica di nuovi reati. Madri detenute con figli piccoli». Domani: «La faccia feroce del governo Meloni. Più armi e donne incinte in carcere». La Stampa: «Agenti armati anche in borghese».
Tutti e tre sono titoli di prima pagina. Il secondo e il terzo con ancora più evidenza: piazzati/sparati in apertura. Hai visto mai che a qualcuno potesse sfuggire, una notizia di tale gravità…
«L’unico istinto che hanno – insorge a sua volta Francesco Boccia, presidente dei senatori Pd – è quello securitario, quello di aumentare pene e spaventare il Paese. La verità è che questo governo pensa di rassicurarlo con provvedimenti di propaganda mentre lo rende più fragile smantellando sanità pubblica e attaccando il diritto dei lavoratori».
Le borseggiatrici seriali
Come si dice, e come direbbero loro stessi a parti invertite, Boccia mischia le mele con le pere. La Giustizia è una cosa, la Sanità pubblica un’altra e «il diritto dei lavoratori» un’altra ancora.
Inoltre, aumentare le pene non significa affatto «spaventare il Paese». Al contrario: si individuano dei problemi reali, vedi l’impunità delle borseggiatrici che evitano sistematicamente il carcere perché sono incinte o con figli di età non superiore a tre anni, e si iniziano a mettere degli argini.
Non avendo mano libera, poiché ogni innovazione deve comunque innestarsi sulle normative preesistenti e sulle tendenze giurisprudenziali più o meno consolidate, si è costretti ad agire per gradi.
Il messaggio, agli antipodi della volontà di diffondere allarmismi ingiustificati, è persino elementare. C’è una premessa e si traggono delle conclusioni. C’è una lacuna e si cerca di colmarla.
Le truffe agli anziani
Il punto di partenza è indiscutibile: in parecchi ambiti l’attuale sistema sanzionatorio non ha un adeguato potere di deterrenza. Il Pacchetto sicurezza affronta, in particolare, due reati tanto odiosi quanto sottovalutati: le truffe ai danni degli anziani e l’occupazione abusiva e criminale delle case già abitate dai legittimi inquilini.
In una miriade di occasioni, purtroppo, i delinquenti agiscono sapendo benissimo che hanno ottime probabilità di farla franca o di cavarsela a buon mercato.
Quand’anche le norme vi siano, e le forze dell’ordine abbiano modo di applicarle, le lungaggini dei processi giocano a loro vantaggio. Campa cavallo… che la condanna si allontana. Fino a ridursi a poca cosa. O a svanire del tutto.
Il punto d’arrivo – o per meglio dire «di transito» poiché si pone pur sempre nell’ottica di un miglioramento complessivo che, in quanto tale, non si può raggiungere tutto insieme – è che intanto si fa quello che è a portata di mano. Muovendosi su tre direttrici:
- Aumento delle pene previste.
- Limitazione delle scappatoie (come nel caso delle succitate borseggiatrici, che al momento possono contare sul fatto che oggi il magistrato ha l’obbligo di non mandarle in carcere sospendendo la pena a tempo indeterminato, mentre con il nuovo ddl quell’obbligo si trasformerà, se non altro, in una semplice facoltà).
- Incremento delle opportunità di intervento da parte degli agenti di polizia etc. anche fuori dall’orario di servizio, autorizzandoli a portare con sé un’arma più leggera e maneggevole rispetto a quella d’ordinanza.
Una tendenza da invertire
Chiaro: non è che attraverso queste misure si perverrà d’incanto all’annullamento, o quasi, dei fenomeni in questione. Ma la domanda, di puro buon senso, è anch’essa elementare: sarebbe meglio lasciare tutto com’è?
Personalmente lo abbiamo già scritto nel settembre scorso riguardo al Decreto Caivano, che peraltro è stato appena.
«La repressione da sola non basta. Quando i reati sono gli effetti di un degrado sociale ad ampio o amplissimo raggio, la via giudiziaria non è sufficiente ed è sulle cause che bisogna intervenire».
Ma il punto cardine è che un approccio non esclude l’altro. Nell’immediato si reprime e in prospettiva si risana. Il bersaglio sono i delinquenti abituali, non le libertà civili dei cittadini.
Quando un metodo fallisce, sostituirlo non è solo un’opzione legittima. È un dovere assoluto. E urgente.
Gerardo Valentini