TRANSIZIONE ENERGETICA

Salgono le quotazioni
di un nucleare sostenibile

Il nucleare civile come parte della transizione energetica

 

L’attenzione dell’attuale Governo per il nucleare si è fatta palese. Agli inizi di settembre, intervenendo al Forum Ambrosetti di Cernobbio, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Pichetto Fratin ha annunciato una «piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile».

La transizione energetica per essere realizzata necessità di una pluralità di fonti energetiche alternative al petrolio e al carbon fossileSi tratta di uno strumento «per creare una collaborazione con tutti i soggetti che si occupano di energia nucleare, sicurezza e radioprotezione, rifiuti radioattivi, sotto tutti i profili».

Nel suo strutturato intervento Pichetto Fratin ha dapprima rimarcato il problema delle scorie nucleari, che affligge il paese da 40 anni, portandoci a rischio sanzioni, e che deve essere affrontato, al di là degli approcci sul tema.

Poi ha focalizzato l’attenzione sullo sviluppo dei reattori di nuova generazione che riducono ancor di più la produzione di scorie e soprattutto sugli small reactor, che di qui a 10 anni costituirebbero «un’opportunità per il paese».

Detta così sembrerebbe che si cerchi anche una produzione sul suolo italiano. In realtà, la visione del Ministero dell’ambiente su questo ambito è ancora piuttosto conservativa.

La fuga in avanti di Salvini

Nonostante le precisazioni del Ministro dell’ambiente che ha escluso a più riprese la costruzione di nuovi impianti nucleari in Italia, la comunicazione giornalistica è stata di segno opposto.

Nello specifico la piattaforma di ricerca è sembrata essere il preludio della costruzione di nuovo impianti «da qui a 10 anni da parte del nuovo Governo».

Di tale comunicazione ha approfittato il Ministro Matteo Salvini con una precisazione, a prima vista inutile, che però lasciava intendere che se il Governo «non sarà riconfermato» sarà anche per una linea troppo morbida e controproducente sul nucleare.

Effettivamente, fare ricerca perché se ne avvantaggino i partner europei, soprattutto in un’ottica di sempre maggiore collaborazione transfrontaliera in ambito energetico, ha poco senso.

Il quadro geopolitico

Inoltre, la frattura sempre maggiore tra i Brics (il gruppo dei paesi non allineati, di cui i fondatori sono Brasile, Russia, India Cina e Sudafrica) e la «fortezza occidentale», che potrebbe portare persino alla creazione di una moneta comune adottata dalla maggior parte del mondo che soppianterà il dollaro, deve far ripensare le politiche di retroguardia spinte dalla paura di un confronto ideologico.

I paesi del Brics, infatti, sono gli unici (Cina e Russia) ad avere già in funzione modelli di small reactor, facilmente assemblabili vicino alle zone che necessitano di energia, dai ridottissimi costi di costruzione e smantellamento, e che potrebbe rappresentare persino un aiuto per un riscaldamento totalmente autoprodotto dalla centrale con il calore generato dalla fissione.

Si pensi ai futuri scenari in Africa, per esempio, per la costruzione di strutture assistenziali, scuole, e per uno sviluppo più omogeneo del pianeta.

Si pensi ancora al gap tecnologico tra l’Ue e i tre principali attori dei paesi non allineati, come Cina, India e Russia, che hanno raggiunto compiuto allunaggi (veri e propri atterraggi morbidi sulla Luna) di successo, mentre in Occidente solo gli Usa hanno compiuto tale «passo» –

Il necessario sviluppo del nucleare civile

Anche se l’opinione pubblica può non essere preparata a riconsiderare l’energia nucleare, a causa di una comunicazione che ha fatto perno su paure ataviche e ancestrali, del nucleare come arma, rivitalizzate dal film Oppenheimer, ripensare la differenziazione energetica in vista del raggiungimento degli obiettivi legati alla transizione energetica (55% nel 2030 e neutralità da co2 nel 2050), è essenziale.

Il nucleare civile è completamente slegato dallo scenario militare, e l’energia nucleare è ormai considerata green dai maggiori enti deputati al controllo e che ciò è stato recepito persino dall’Ue nonostante una Germania ideologicamente contraria (che ne sta pagando le spese, riattivando le centrali a carbone e vedendo schizzare le bollette).

È dunque da vedersi con favore la proposta di escludere dal «patto di stabilità e crescita» la spesa per la transizione energetica, proposta dal Ministro Giorgetti.

Resta da vedere se il Governo assumerà una linea comune e determinata sulla questione oppure se assisteremo alla continua inerzia, con scaricabarile annesso, producendo un nuovo sperpero delle risorse (compreso il know-how) italiane.

Armando Mantuano *avvocato

 

 

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