VARATO IL CONTE BIS

Un Governo giallo-rosso
trasformista e salvapoltrone

 

Ha giurato stamane nelle mani del Capo dello Stato il Conti bis, un governo nato per salvare le poltrone dei Cinque Stelle e del Partito Democratico. I Cinque Stelle mantengono dieci membri nell’Esecutivo e salvaguardano i Gruppi parlamentari che sarebbero stati dimezzati in caso di elezioni anticipate. Il Pd dopo aver perso prima le politiche e poi tutte le successive elezioni regionali si ritrova di nuovo al Governo.

Vale la pena di rileggere quanto ha scritto Pierluigi Battista, il 19 agosto sul Corriere della Sera, al delinearsi dell’inciucio M5S-Pd in un corsivo intitolato «Una marcia indietro senza alcun decoro».

Dopo aver accarezzato per un momento l’idea di accettare il ritorno alle urne, che gli avrebbe permesso di eliminare, in un colpo solo, la concorrenza grillina a sinistra e la componente renziana dentro il suo partito, Nicola Zingaretti si è subito adeguato ai pressanti inviti che arrivavano dall’Europa, ha messo in soffitta anni di divergenze, scontri e insulti con i pentastellati, per abbracciare Di Maio, Casaleggio e Grillo. Incassa 9 ministri e piazza Gentiloni come componente italiano della Commissione Europea.

Certo ha dovuto ingoiare anche qualche rospo: in primis accettare la più spregiudicata operazione di trasformismo del dopoguerra, costituita dalla conferma come premier di Conte, che passa senza soluzione di continuità dalla guida di un esecutivo con la Lega di Salvini ad uno presuntamente «opposto» con i post comunisti di Pd e Leu. In secondo luogo ritrovarsi Giggino Di Maio, uno dei due pilastri del Governo contro il quale si è battuto fino all’altro ieri, al vertice di un Ministro pesante come il Dicastero degli Esteri, dopo che con un artificio da prima Repubblica si è disinnescato l’ostacolo della sua richiesta di mantenere anche l’incarico di vicepresidente del Consiglio.

Tutta da verificare sarà poi l’attuazione del programma concordato dai due nuovi partner, e in particolare quale sarà il destino dei due provvedimenti simbolo del precedente Governo, Quota Cento e Reddito di Cittadinanza, e come verrà sciolto il nodo della Tav e delle altre grandi opere osteggiate dai pentastellati.

Che dire poi della sceneggiata del voto sulla cd «piattaforma Rousseau», emanazione dell’azienda privata di Casaleggio, sanzionata lo scorso aprile dal Garante della privacy che aveva accertato come nella piattaforma non siano garantite né la sicurezza, né la segretezza del voto e il cui risultato non può essere verificato da un soggetto terzo né privato né pubblico. Tanto più che il referendum digitale si è svolto ad accordo M5S-Pd faticosamente raggiunto e non prima, come opportuna verifica di una strada da intraprendere o meno.

Parola chiare sulla «farsa digitale l’ha scritte Andrea Augello sulla sua pagina Facebook: «la Casaleggio vuole convincerci che quasi 80.000 persone che hanno passato gli ultimi anni a insultare in rete ogni simpatizzante del Pd chiamandolo pidiota nel migliore dei casi, che hanno definito aguzzini i ministri del governo Renzi, insultato quotidianamente la Boschi e tutti i suoi parenti, improvvisamente ci hanno ripensato. In meno di quattro settimane il Pd si è trasformato in un alleato affidabile e credibile.

Il tutto viene descritto come uno straordinario esercizio di democrazia diretta. Ed è questo che rende i Cinque Stelle insopportabili: la faccia tosta con cui cercano di inserire a calci ogni loro porcheria in un racconto autocelebrativo e ridondante di retorica. Insopportabile. E ancor meno sopportabile è la loro implicita convinzione che gli italiani siano un popolo di sprovveduti coglioni».

Osservando infine la composizione del Conte Bis, con un’età media più bassa del solito, con molte donne, ma anche con diverse figure non di primissimo piano, non possiamo trattenere una battuta. Non ce ne voglia l’interessato. Sì, c’è anche un Ministro per il Sud, si chiama Provenzano.

Vincenzo Fratta

Nella foto in alto: un selfie di Franceschini con la esultante delegazione del Pd al Governo. Sopra il neo ministro degli Esteri Di Maio. 

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