L’ATTENTATO DI NEW YORK

Un odio tanto cieco
quanto insensato

 

Un nuovo attentato terroristico insanguina le strade di New York: è ancora Isis. Otto morti e dodici feriti, tutti investiti da un pick up guidato da un musulmano uzbeco radicalizzato. Le vittime erano donne e uomini intenti a camminare nel percorso verde che corre lungo il fiume Hurdson. Sembra si tratti dell’ennesimo «lupo solitario» che avrebbe noleggiato il furgoncino con l’intento di fare la strage. Ma quanto odio ci vuole per abbandonare una vita tranquilla negli Usa, dove aveva una regolare Carta Verde, un lavoro, una famiglia e tre figli? Un odio globale, cieco, generalizzato, obnubilante. Il terrorista, il ventinovenne Saifullo Habibullaevic Saipov, frequenta la moschea di Patterson, già attenzionata dalla Cia dal 2006 continuativamente per attività di proselitismo estremista.

Franco Ruberti, procuratore nazionale antimafia, ha affermato che, se fino ad oggi in Italia non abbiamo avuto episodi simili, lo dobbiamo alla efficacia della prevenzione dei nostri Servizi Segreti, al lavoro certosino delle Forze dell’Ordine, allo strumento dell’espulsione. Il «segreto» è, secondo Ruberti, che «in Italia, non ci sono ancora così tanti musulmani» lo ha affermato in un’intervista al giornale radio Rai. Ruberti non rassicura però circa l’eventualità di episodi analoghi sul nostro territorio vista l’impossibilità di monitorare tutti e tutto sempre. Forse sarebbe il caso di incoraggiare e realizzare una «rete di sicurezza» tessuta da tutti, proprio tutti i cittadini che potrebbero fornire orecchie ed occhi efficaci alla prevenzione. Dovremmo vigilare per la sicurezza nostra e dei nostri figli.

L’integrazione deve essere posta come priorità, ma è un provvedimento a lungo termine, intanto bisogna controllare attentamente chi entra ed esce dal nostro Paese. Far entrare solo chi si mostra non potenzialmente pericoloso. Bisogna incarcerare chi commette reati, punire esemplarmente ed espellere chi predica ed istilla odio nelle menti semplici di persone senza una vera cultura e quindi manipolabili.

Lino Rialti

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