GESTIRE L’IMMIGRAZIONE

Non una questione di razza
ma un problema reale

 

Non è una questione di razza. Le dichiarazioni del politico Attilio Fontana non sono il problema. Ma il vero punto focale è la convivenza, in tutto l’occidente e, per quanto ci riguarda, in Italia. Un problema che non può più essere ignorato. Se infatti, come affermava Albert Einstein, l’unica razza che esiste è quella umana, è invece una questione di differenze. E non da poco. Punti di vista diversi. Modi di essere e di reagire a stimoli in maniere dissimili.

L’educazione, la cultura e la religione predispongono all’approccio del «noi» contrapponendolo a «loro». Se non governati, i flussi migratori creano enormi problemi: è inevitabile. Dai dati forniti dal Ministero della Giustizia, il 33,8% degli ospiti delle nostre patrie galere è di quattro etnie: marocchina, romena, albanese e tunisina. I reati per i quali questi «ospiti» sono reclusi sono, nella stragrande maggioranza dei casi, ben individuabili. Per i marocchini e tunisini reati connessi allo spaccio di droga, per i romeni i furti e per gli albanesi lo sfruttamento della prostituzione e la droga.

Infatti differenze macroscopiche e facilmente tangibili esistono già con i migranti provenienti dall’ex blocco sovietico, il loro problema di mancato nation-building successivo all’implosione dell’Urss, li rende generalmente deboli. Cresciuti in uno stato autoritario, al loro arrivo in Europa ed in Italia, terra di garantisti, spesso sfruttano le falle del nostro sistema giudiziario con la certezza di farla franca a lungo.

Se poi spostiamo lo sguardo, per esempio, alla galassia islamica con la sua eterogeneità ed alla assenza di un qualsivoglia controllo gerarchico, c’è di che preoccuparsi. Nell’universo musulmano non esiste un «vaticano islamico» che guidi ed uniformi le predicazioni. Ogni singolo esponente religioso è libero di interpretare il Corano e le 114 sure e di non sottoporre i propri pensieri e soprattutto gli insegnamenti ad alcuno. Nessun Imam o Califfo deve sottostare ad alcuna regola se non a quella generale delle scritture coraniche che è di ampia interpretabilità. Il range è molto vasto: dall’appoggio incondizionato al terrorismo ad un presunto pacifismo. Quindi ci sono grandi differenze. Diversità culturali come l’approccio al genere femminile. La considerazione della donna. La mania di possesso che costringe la femmina alla copertura per vari gradi dal velo fino al burqa.

Dunque è nostro dovere gestire l’immigrazione. In primis quella dei cosiddetti migranti economici ma anche quella dei rifugiati. Intanto quelli che al momento sono arrivati in Europa sono la minoranza. Intere generazioni sono fuggite a causa di carestie, povertà, persecuzioni religiose, etniche, tribali nei paesi confinanti di quelli dai quali questi disperati scappano. E lì sono in attesa di organizzare il viaggio verso l’Europa. Sono per lo più giovani e giovanissimi. Dovremmo prendere la palla al balzo e mettere in pratica il generico modo di dire «aiutarli a casa loro».

In primis garantendo una adeguata custodia, una protezione ed un’educazione a questi bambini e ragazzi spesso soli perché fuggiti senza famiglie o addirittura rimasti orfani. Dovremmo reindirizzare almeno parte dei fondi che attualmente ingrassano cooperative e società di capitali, veri professionisti del soccorso ai migranti, gli unici a guadagnare dalla situazione attuale. I fondi europei dovrebbero essere spesi per creare strutture moderne, come collegi e scuole, nei luoghi più vicini possibile ai territori di provenienza dove far crescere questi ragazzi. Poter garantire un presente dignitoso ed un futuro a questi giovani così da farli diventare i veri fautori del loro futuro. I ricostruttori delle loro nazioni martoriate da guerre senza fine che hanno desertificato gli ambienti e le economie.

Questo avrebbe un senso. Questi sarebbero investimenti che porterebbero frutti sia immediati, con la riduzione degli arrivi e a medio e lungo termine, quando questi giovani, educati e motivati, decideranno di tornare a casa loro invece di cercare «fortuna» in Europa. Sono disperati e pronti a tutto, come lo saremmo noi, al loro posto, ma il «buonismo» dell’accoglienza a tutti i costi si è dimostrato fallimentare.

Aiutiamoli veramente a rimanere legati a loro territorio e renderemo più semplice la convivenza con quelli che inevitabilmente sono già qui con noi e potremmo anche accogliere meglio quelli che comunque arriveranno in futuro.

A creare un clima più costruttivo, specialmente in Italia, aiuterebbe anche una semplice riforma del sistema giudiziario. La certezza della pena attraverso una incrementata incisività dell’azione penale. L’abolizione degli sconti di pena. La creazione di una certa «gogna mediatica», oggi vietatissima, attraverso l’abolizione di inutili garanzia alla riservatezza utili solo a chi commette reati (ma che frustrano le vittime ed i loro familiari oltre a tutti quelli che assistono impotenti). In questa società, così riformata, sarebbe più facile vivere e convivere.

Lino Rialti

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