IL VOTO EUROPEO

Lega primo partito,
cresce Fratelli d’Italia

 

«Grazie Italia»: così Matteo Salvini ha commentato a caldo i risultati delle elezioni europee. Doveva essere uno scossone ed invece è stato un terremoto dal boato tremendo. Un cataclisma che ha rovesciato tutto con un botto bestiale. Sotto alle macerie, gravemente feriti, ma ancora in vita, ci sono rimasti sicuramente i Cinquestelle. Imbambolato dall’onda d’urto, Di Maio si ritrae, rimanda e posticipa il più possibile i commenti. Deve ritrovare l’equilibrio perso con la botta.

Le elezioni europee, dicevamo, ridisegnano gli equilibri, in Europa ma anche in Italia. La Lega primo partito in Italia sopra il 34%. Secondo, quasi inaspettatamente, il Pd attorno 22%, forse grazie all’effetto energizzante di Zingaretti, che con clamore sorpassa i M5S che si attesta attorno 17%. Berlusconi, che molti davano per spacciato e marginale, con il risultato di Fi al 8,5 tiene e Fratelli d’Italia supera la soglia di sbarramento comodamente con il suo 6,5%.

Sin qui chi ha vinto e chi ce l’ha fatta. Non andranno a rappresentare l’Italia, perché sotto il 4%, la Bonino che, con +Europa verso il 3%, resta al palo assieme al verdi ed alle altre forze minori compresa la sinistra estrema che si riduce al lumicino.

Salvini immediatamente vuole passare all’incasso e se da un lato dichiara «Chiedo un’accelerazione sul programma di governo», dall’altro rassicura gli alleati Cinquestelle che «a livello nazionale non cambia nulla». Comunque l’euforia di Matteo Salvini è difficile da contenere e da Milano trionfante dichiara che «siamo il primo partito in Italia, adesso si cambia in Europa». Un Salvini rassicurante ha ammesso che «useremo bene la vostra fiducia» rivolgendosi con gratitudine al suo vasto elettorato.

Nicola Zingaretti, leader dei Dem invece è consapevole di aver, in qualche modo «salvato» dal baratro il Pd e si dice «molto soddisfatto per l’esito elettorale, la scelta della lista unitaria è stata vincente. Il bipolarismo è tornato a essere centrato sulla presenza del Pd».

Ancora frastornato dalla batosta Luigi Di Maio ha detto alla stampa che «restiamo comunque ago della bilancia in questo governo. Da qui in avanti più attenzione ai territori», ed ha ammesso che «siamo stati penalizzati dall’astensione, soprattutto al Sud, ma ora testa bassa e lavorare», probabilmente in molti, proprio nel meridione d’Italia, si aspettavano di più dal Reddito di Cittadinanza che in molti casi si è rivelato un flop per l’esiguità dell’importo riconosciuto ed erogato.

Sicuramente si può dire che sono molti gli Italiani che hanno voluto votare anche se in proporzione minore rispetto al resto dell’Europa, dove l’affluenza al voto è stata la più alta negli ultimi venti anni, superiore al 50%, insomma una vera e propria inversione di tendenza rispetto al costante calo nella partecipazione, trend immutato dal 1979.

Alla luce dei risultati possiamo sicuramente dire che da oggi l’Europa non sarà più la stessa. È stata snaturata. Da sempre eravamo stati abituati a sentir parlare di un’Europa a due velocità, riferendosi all’economia. Ora non solo. Si sono materializzate due entità, potremmo dire, a tutti gli effetti, politiche.

Stamattina ci siamo svegliati ospiti di un’Europa Giano Bifronte. Il volto di Giano che guarda all’Europa del passato e quella uscita dalle urne che vigila sul futuro. Ma Giano ora è destinato a divenire anche strabico: infatti l’Europa del futuro va in due direzioni.

Da una parte va l’Europa del nord e dall’altra quella del sud. Quella del nord ha ancora rieletto i Popolari e Socialisti che, perdendo comunque la maggioranza, quella che storicamente andava avanti dalla fondazione dell’istituzione europea, li ha lasciati comunque in sella.

Poi esiste una nuova vecchia Europa, quella del sud che, stanca dei diktat teutonici, dopo aver stretto la cintura sull’ultimo occhiello, sfinita dagli stenti di una crisi economica senza fine ed attanagliata dai problemi materialissimi di come sbarcare il lunario, non trova il tempo, comunque sbagliando, per l’ambientalismo, convitato di pietra della nostra campagna elettorale, soprattutto in Italia.

Sono questi cittadini europei, brava gente, lavoratori, sempre più affaticati ad aver dato la forza ai sovranisti che sono così riusciti a spezzare, spolpare e forse macellare l’Europa, almeno quella che sino ad oggi conosciamo. Così sono mutati gli equilibri in questa nuova istituzione europea che rappresenta ora le due europe.

Questo anche se a livello centrale, avendo ancora i numeri assoluti, sia Popolari che Socialisti sono ancora potenti. Soprattutto manterranno il controllo di questa nave. Riusciranno a tenerne il timone soprattutto se aggiungeranno i liberali e il movimento En Marche del presidente Emmanuel Macron.

Se volessero rafforzare ulteriormente la loro posizione nell’emiciclo dovrebbero avvicinare i Verdi, che hanno avuto un ottimo risultato in Germania e sicuramente desiderano portare in Europa le tematiche ambientali che gli hanno garantito così larghi consensi.

Il boom dei Verdi, anche sull’onda dell’effetto Greta, è un voto sicuramente sintomo del dissenso giovanile e progressista, deluso dai socialisti è si è visto in diversi paesi tra i quali Spagna e Olanda, ma anche in Francia. Dove però è la Le Pen a macinare consensi con la sua macchina da guerra ben oliata.

Il Regno Unito è alla frutta: ancora invischiato, come un ratto gigante che tentava di portare via una porzione troppo grande di ratatouille dal ristorante europeo, non riesce a liberarsi dalla colla con la quale l’Europa l’ha bloccata. Così stravince il brexit-party di Farage. Manderà un sacco di deputati, in una istituzione che odiano, come assaltatori del Navy Seals, guasteranno quel che possono, almeno sino ad ottobre quando la carrozza europea, per loro, si ritrasformerà in zucca e dovranno andarsene per sempre assieme al loro paese.

Molto probabilmente i cosiddetti sovranisti, non riusciranno, anche in una ipotetica ammucchiata, a rompere il muro popolar-socialista. Anche una eventuale «unione sovranista», potrebbe essere arginata da un «cordone sanitario», proprio come avvenuto nel 2014.

Staremo a vedere. Ma la matematica non è un’opinione e, anche tutti assieme, i sovranisti raggiungerebbero quota 171 su 751 seggi.

Lontanissimi dal «magic number», il numero magico che permette la maggioranza di 370. Potranno però, cambiare l’Europa da dentro, volendo potranno anche svuotarne il contenuto. Gli equilibri ora sono a loro più favorevoli. Potranno dimostrare che le istituzioni europee possono essere più vicine alla gente, ai loro bisogni, alle loro esigenze passando, se necessario, anche dalla loro pancia.

Lino Rialti

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