COLOMBIA

Una catena di omicidi
nella società civile

Dall’inizio dell’anno in Colombia sono stati uccisi 155 leader della società civile, tra cui difensori dei diritti umani o attivisti politici. Numero che sale ad oltre 770 assassini dall’inizio del 2016 alla prima settimana del 2019.

Lo denuncia un rapporto diffuso dall’Institute for Development and Peace Studies (Indepaz) della Colombia ricordando che 9 di questi delitti su 10 non hanno un colpevole; nei pochi casi in cui è stato trovato il responsabile questo appartiene o a gruppi paramilitari tra cui Autodefensas Gaitanistas de Colombia oppure alle stesse forze di sicurezza colombiane.

Dallo studio si evince che nel 2019 solo nel dipartimento di Cauca, nel sudovest del paese, sono stati uccisi 35 leader sociali, quasi quanti nei dipartimenti di Antioquia e Nariño, rispettivamente 20 e 17.

L’accordo di pace faticosamente raggiunto nel novembre del 2016 dal governo di Bogotà e i miliziani delle Farc, Forze armate rivoluzionarie della Colombia-Esercito del popolo, la situazione non si è normalizzata come sperato visto che gli omicidi degli attivisti politici sono avvenuti in 29 dei 32 dipartimenti in cui è diviso il paese indiolatino.

Il rapporto della Ong evidenzia come il comune di Tarazá, nel dipartimento di Antioquia nella Colombia nordoccidentale, sia il luogo in cui sono stati uccisi più difensori dei diritti civili con tre casi, seguita da Caucacia, Ituango, Remedios e Santa Fe de Antioquia, con due omicidi ciascuno.

I numeri diffusi da Indepaz sono in netto contrasto con quelli diffusi dalle autorità colombiane, e riconosciute anche dall’Onu, secondo cui dal 2016 ad oggi sarebbero stati uccisi solamente 302 attivisti politici.

Lo scorso luglio anche le Farc hanno denunciato un piano del governo per uccidere i propri leader ricordando che dalla firma dell’accordo di pace erano stati uccisi oltre 140 personalità di spicco del gruppo armato.

Fabrizio Di Ernesto

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