IL PAPA VS L’IDEOLOGIA GENDER

«Rileggete
‘Il padrone del mondo’»

Papa Francesco contro l'ideologia gender

 

Papa Francesco ha sorpreso tutti un’altra volta, durante l’udienza con il Centro di ricerca e antropologia delle vocazioni, ha parlato adesso braccio facendo due riferimenti molto netti. Ha messo in guardia dal pericolo dell’«ideologia gender» e da una globalizzazione che omologa, appiattisce, come profetizzato in uno scritto di più di un secolo fa: Il Padrone del Mondo di Robert Benson.

L’ideologia gender è l’opposizione programmata ad ogni dato di natura che definisce gli uomini e le donne. Se questo è il paradigma, le applicazioni sono certamente più sfumate, con una progressiva perdita di significato delle caratteristiche fisiche a favore di una astratta volontà di «autodeterminazione».

Questa impostazione, ovviamente, trova la sua principale ricaduta nella (negazione della) differenza uomo-donna, in un senso non solo di dignità ontologica (l’appartenenza alla comune famiglia umana), ma di omologazione e intersostituzione in toto.

La negazione della differenza uomo-donna

Ciò conduce necessariamente all’indifferenza di genere, ossia nell’ insignificanza di essere uomini o donne. L’applicazione pratica di tale principio è l’impossibilità di definire anche semanticamente cosa sia una donna, vanificando in radice le lotte delle femministe ad auto affermarsi socialmente.

Ad esempio, il dizionario di Cambridge ha ampliato la definizione di donna, includendo, oltre al tradizionale significato, la «persona adulta che vive e si identifica come femmina anche se alla nascita potrebbero aver attribuito un sesso diverso».

Tale definizione, se vuole includere le persone transgender, è palesemente falsa. Il sesso «attribuito alla nascita», infatti non è nient’altro che il genere naturale e biologico della persona. Al contrario, nella transizione di genere c’è un’attribuzione differente, artificialmente determinata, anche se certificata dallo Stato, e quindi con valenza istituzionale sociale.

Come è emerso nei dibattiti che hanno accompagnato queste rilevanti modifiche, il linguaggio non è solo tecnicismo e categorie, ma è uno strumento di controllo sociale, e questo aspetto si può cogliere in diversi ambiti.

Gli obiettivi dell’ideologia gender

Questo aspetto si collega anche all’altro riferimento del Papa, ma prima si deve ampliare l’analisi della cosiddetta ideologia gender.

Essendo un’ideologia, questa inedita formulazione dell’umano parte da presunte esigenze sociali di «inclusione» di alcune «categorie» e finisce per ribaltare altre conquiste sociali di altre «categorie».

Nello specifico, l’intercambiabilità dei ruoli maschio femmina, permette di uniformare l’esperienza affettiva eterosessuale con quella omosessuale, arrivando a equiparare le formazioni sociali delle coppie omosessuali alle famiglie, e a permettere la omogenitorialità (omo anche come omologazione).

Ancora, la mera percezione di sé stessi come appartenenza a un genere, porta come conseguenza l’acquisizione automatica delle prerogative a questo associate, compresa la possibilità di gareggiare in competizioni in associazione con il genere scelto.

Le conseguenze anche fisiche in sport come quelli da contatto e nei combattimenti non hanno persuaso a un ripensamento. L’assecondare tale pratica è arrivato anche fino alla somministrazione a preadolescenti di farmaci che bloccano la pubertà, determinato conseguenze per la loro salute psichica e mentale.

La «transizione» degli adolescenti

Si pensi all’ispezione all’ospedale Careggi di Firenze che ha ammesso di non fornire un approccio multidisciplinare integrato anche con specialisti in psicoterapia, oppure alla recente chiusura della clinica Tavistock di Londra, al centro di numerosi scandali e dove venivano dirottati alla transizione, secondo il Daily Mail, anche bambini di 3 anni.

Il dibattito, su questa che ancora non è percepita come ideologia strutturata dai detrattori dei critici (nonostante esistano dei gender studies e autori di riferimento come Judith Butler) ma che certamente è definibile come «tendenza», «stato di spirito» collettivo dell’occidente, è ampio e strutturato anche nelle frange sociali più progressiste, e a loro volta ideologizzate, come i movimenti lgbt o le femministe.

Ad esempio, esistono movimenti che vogliono levare la T dall’acronimo e che si rivolgono a omosessuali riconosciuti dal sesso biologico, o il movimento femminista radicale anti gender Terf.

Papa Francesco, proprio nel recente intervento, ha dichiarato di aver chiesto un approfondimento di tale tematica che rischia di pregiudicare l’umano. Dal punto di vista del pontefice la natura umana è strutturalmente vocazionale, ossia capace di interpretare i segni personali innati e il destino a cui è chiamata.

Lungi dal sacrificare la libertà umana, questo percorso mette in gioco ognuno di noi dal bene di cui siamo fatti verso quello che vogliamo compiere. In quest’ottica, il non riconoscersi impedisce l’esercizio di una volontà determinabile e determinata, finendo per fare di ogni persona un astratto, un virtuale, un fantasma.

La sfida di «ridefinire l’umanità», si gioca anche su altri fronti, come il confronto con l’Intelligenza Artificiale, oppure la manipolazione genetica con le ibridazioni uomo animale.

Tutti questi crinali hanno portato il Papa a sviluppare una riflessione partendo da un romanzo di un autore definito dal Pontefice «profeta dell’umano».

La profezia de «Il padrone del mondo»

Robert Benson, Il Padrone del Mondo, Fc EditoreIn opposizione alla visione omogeneizzante delineata più sopra, è stato citato da Papa Francesco il libro di un sacerdote cattolico, convertito dall’anglicanesimo (era l’ultimo foglio dell’arcivescovo di Canterbury), scritto nel 1907, un romanzo che oggi si definirebbe distopico, anzi un precursore del fortunato filone, che annovera titoli come 1984 di Orwell, Hunger games, i racconti dell’Anticristo, Il mondo nuovo, Fahrenheit 451: Il Padrone del Mondo.

Il testo è ambientato in un futuro prossimo, per noi il presente, dove le conquiste tecnologiche fanno presagire un’era di illimitata felicità, e fanno presumere di poter superare le classiche «credenze» in nome della «nuove conquiste» come la pratica diffusa dell’eutanasia.

Il mondo è sempre più unito e globalizzato e il dissenso sempre più dissuaso, in questo quadro emerge la figura di un pacificatore che, per assecondare la sua ambizione, non esiterà a perseguitare la Chiesa cattolica, ultima impronta del «mondo vecchio» di fronte al «nuovo ordine mondiale».

I temi trattati in questo libro riguardano l’escatologia cristiana, vero topos, anche inconsapevole, della letteratura di genere (distopica).

Biblicamente il riferimento è principalmente al libro dell’Apocalisse di Giovanni che narra lo svelarsi del «mistero di iniquità» trattenuto fino ad oggi, e lo scatenarsi della persecuzione verso la Chiesa, custode dell’umano e del mistero di Cristo, da parte dell’avversario comunemente chiamato «Anticristo».

L’identificazione di questo termine, in realtà utilizzato nel Nuovo Testamento nel definire l’eresia, è un’acquisizione progressiva della patristica che ha riflettuto sulla seconda venuta di Cristo nella Gloria e sui segni (tratti anche dall’ Antico Testamento) che la precedono.

Gli autori di riferimento, tra gli altri, sono Ireneo, Ippolito e Giustino, e spesso la speculazione sul tema si è intrecciata con il messianismo ebraico post-cristiano, e ha posto come segni della venuta dell’Anticristo, ad esempio, la volontà di ricostruire il tempio di Gerusalemme.

Su questi temi, e soprattutto sul kathecon (colui che trattiene l’iniquità, identificato dagli antichi anche nella stabilità dell’Impero Romano) si sono confrontati anche filosofi e giuristi moderni, ad esempio Massimo Cacciari, Carl Schmitt o Giorgio Agamben.

Difficile esaurire un tema così complesso e stimolante, ed è interessante l’accenno del Papa, ma non è la prima volta che viene fatto.

Papa Francesco aveva già messo in guardia da una globalizzazione omologante che appiattisce ed elimina i caratteri e le differenze, senza considerare che le diversità portano ad una tensione feconda e che, più della sfera, astratta, per la nuova architettura sociale globale si dovrebbe puntare sulla costruzione di un poliedro, che non annulla le particolarità dei popoli e degli individui.

Anche quando parla a braccio, come in questo caso, il Papa tende a ribadire concetti focali per i tempi che stiamo vivendo, facendoci prestare attenzione ai segni, e facendo tesoro della sapienza.

I segni dei tempi, l’aborto in Costituzione

Il Parlamento francese plaude dopo l'approvazione dell'inserimento dell'aborto nella CostituzioneIn questo ultimo periodo abbiamo avuto un ricco campionario di possibili segni: dal Covid, alle nuove sfide ideologiche e/o tecniche che tendono a ridisegnare l’umanità (intesa come categoria aristotelica), fino alla promozione del suicidio e alla recente (4 marzo) e inedita previsione nella Costituzione francese del diritto all’aborto.

In realtà, è stato presentato come tale, ma il nuovo art. 34 della Costituzione dice altre cose, e precisamente: «La legge determina le condizioni nelle quali viene esercitata la libertà garantita alla donna di fare ricorso a un’interruzione volontaria di gravidanza».

Non sembra, quindi, sancirsi un diritto, da promuovere, né la sua assolutezza rispetto ad altri valori, ma, più che altro, evidenziare epidermicamente la situazione di fatto come effetto della legge in Francia.

Tuttavia, non si può negare come il valore simbolico paragonabile a quello della Rivoluzione francese (la Francia è il primo paese a inserire l’aborto in Costituzione), possa far prevedere le persecuzioni che subiranno i promotori di leggi come quella sul riconoscimento giuridico dell’umanità del concepito, evidenza scientifica senza troppe discussioni.

Evidentemente prendere atto dell’umanità del soppresso, porterebbe ad un contrasto rispetto alla posizione giuridica in cui ci si è arroccati, finendo per relegarlo a un ruolo di inferiorità sociale paragonabile a quella, nel passato, degli schiavi e dei neri.

L’alternativa sarà quindi negare in tutti i modi le premesse scientifiche e biologiche assodate e confermate anche grazie agli studi sul patrimonio genetico, e demonizzare chiunque «osi» porre anche una discussione a riguardo.

Considerato ciò, si può valutare, come dialettica, il comunicato della Pontificia Accademia per la vita che pone un discrimine di civiltà giuridica e chiede sforzi volti a favorire la vita umana, in tutte le sue forme.

La superficialità del dibattito francese

10 dicembre 1979. Il discordo di Madre Teresa di Calcutta al ricevimento del Premio NobelIl valore meramente propagandistico dell’inserimento in Costituzione dell’aborto, che irride l’estensione, il più possibile, dei diritti umani, è testimoniato anche dalla reazione folkloristica dopo la sua approvazione.

Per giustificare la misura e indicare il debito di riconoscenza verso gli elettori compiacenti, la promotrice socialista della legge Laurence Rossignol, ha detto «Lo dobbiamo a chi resiste a Bolsonaro, a Trump, a Orbán, a Milei, a Putin». Ma è quando aggiunge «A Giorgia Meloni» che la sala affrescata di Versailles, gremita di parlamentari, esplode in un lungo applauso.

Al di là dell’ossessione per la nostra Premier, si può notare la superficialità del dibattito per una legge che dovrebbe ritenersi fondamentale.

Eppure, anche su questo fronte si possono cogliere altri «segni dei tempi» e porli in correlazione all’escalation bellica senza precedenti che stiamo vivendo, in luoghi che sono delle vere e proprie linee di faglia.

Il 10 dicembre 1979 Madre Teresa di Calcutta nel suo celere discorso nel ricevere il premio Nobel per la pace fece riferimento all’aborto come condizione umana che non permette il prosperare della pace, «se uccidiamo la vita innocente nel grembo, cosa ci impedisci di ucciderci gli uni gli altri» (evidentemente non innocenti) e ancora «per me le nazioni che hanno leggi sull’aborto sono le più povere di tutte, perché hanno paura del bimbo non nato… invece di sfamarlo».

Armando Mantuano *avvocato

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