VENEZUELA

La parabola
di un Paese

 

Negli anni Cinquanta del secolo scorso era la terra promessa. Oltre un milione di persone emigrarono in poco più di due anni in Venezuela. 252mila erano italiani. Forse memori della scoperta di Amerigo Vespucci che avvistandole da bordo accomunò le casupole e le palafitte costruite dai nativi sulle rive dell’oceano ad una piccola Venezia o Venezuela, da qui il nome del Paese.

Un territorio sconfinato, negli anni ’40 praticamente spopolato, erano poco più di 5 milioni gli abitanti, con un potenziale altissimo. Materie prime alla portata di tutti ed una struttura dello stato molto snella. Gli italiani, il contingente più numeroso, dopo gli spagnoli, trovarono subito il loro posto. C’erano da costruire tutte le infrastrutture. Strade, ponti, porti e città. Imprese e maestranze si gettarono in questa «corsa all’oro» peculiare ed avvincente. In poco tempo il Paese cambiò faccia. Soprattutto grazie al pugno di ferro del dittatore Marcos Perez Jimenez, il Venezuela raggiunse gli standard di modernità e benessere occidentali. Lo stesso venne deposto e cacciato nel 1948 e si rifugiò a Madrid dove morì nel 2001.

Ora il Venezuela è irriconoscibile a chi lo avesse visitato solo pochi anni fa. Un Paese nel caos più totale. Due presidenti che si contrappongono con scontri armati, agguati e repressioni feroci. Una crisi economica devastante, incomprensibile per un paese che naviga sul petrolio, ed una politica completamente fuori controllo.

Il Venezuela, oltre 916 mila chilometri quadrati e quasi 32 milioni di abitanti, è uno dei due membri latinoamericani dell’Opec. Conta su 302,25 miliardi di barili di riserve, tra le più corpose al mondo. Senza liquidità per modernizzare i giacimenti, la produzione di petrolio crolla. A novembre è di 1,13 milioni di barili al giorno secondo l’Opec, il più basso degli ultimi trenta anni.

Da dove arriva questa situazione? Il sogno chavista si è scontrato con il modello dell’erede Maduro. Infatti Hugo Chavez venne eletto nel 1999 presidente della federazione venezuelana ed avviò la sua «rivoluzione bolivariana», dal nome del mitico leader dell’indipendenza Simon Bolivar.

Chavez costruisce la sua ascesa al potere su un imponente programma sociale. Aveva ereditato un Paese pieno di contraddizioni e disuguaglianze sociali. È sua la più grande azione politica mai tentata in Venezuela per sconfiggere l’analfabetismo. Chavez ha sempre goduto di una popolarità indiscussa che lo ha visto rieletto per tre mandati, interrotti solo dall’aggravamento della malattia che lo porterà alla morte per tumore nel 2013.

A lui succede Nicolas Maduro, suo delfino. Acclamato dalla folla ed eletto, senza dubbio, con percentuali bulgare, cade prestissimo in disgrazia. La causa principale è da ritrovarsi nella montante crisi economica globale che ha visto il crollo dei consumi di greggio e da un embargo soffocante degli Stati Uniti che hanno strangolato l’economia sino a polverizzarla.

Le proteste Iniziano già nel 2014 ed arrivano i primi 43 morti. Un periodo di costanti disordini e di inflazione impressionante porta il paese nel caos più totale. Nel gennaio del 2016, l’opposizione conquista il Parlamento ma la Corte Suprema annulla il voto. La popolazione scende sempre più massicciamente in strada e reclama le dimissioni di Maduro. Altri 125 morti.

Il presidente, a questo punto, gioca l’ultima carta. Istituisce un’Assemblea Costituente e modifica la Carta Costituzionale. L’unione Europea, gli Stati Uniti e molti paesi dell’America del sud non riconoscono quest’ennesima prova di forza antiliberale. Il secondo mandato di Nicolas Maduro, iniziato il 10 gennaio 2019, non decolla, anzi l’impasse è stridente.

Il 20 gennaio viene tentata la via militare che però abortisce solo dopo due giorni. Il 23 gennaio il presidente del Parlamento all’opposizione Juan Guaidò, si proclama Presidente del Venezuela ad interim. Subito gli Stati Uniti si affrettano a riconoscerne la carica seguiti da alcuni paesi dell’America del sud.

Nicolas Maduro è debole ma Russia, Iran e Turchia esternano il loro appoggio seguiti da Messico, Cuba, Bolivia. Guaidò il 24 genneio promette un’amnistia generale. Questa è rivolta soprattutto ai militari se dovessero abbandonare Maduro. A tutt’oggi l’esercito è ancora con il vecchio Presidente e Maduro ancora è in sella, ma sino a quando?

Lino Rialti

 

Nella foto di copertina: manifestazione di protesta a Caracas. In alto: Ugo Chavez con accanto il successore designato Nicolas Maduro. Al Centro: l’imponente folla ai funerali di Chavez nel 2013. Sopra: il presidente Maduro in difficoltà arringa i suoi seguaci.

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