CITTÀ DEL VATICANO

Il mistero dell’abdicazione di Papa Benedetto XVI

Joseph Ratzinger, ormai Papa emerito dopo la clamorosa abdicazione del 2013, rende omaggio a Papa Bergoglio

 

Se c’è un argomento che affascina studiosi, anche laici (i filosofi Giorgio Agamben e Massimo Cacciari su tutti), con riferimento alla Chiesa cattolica, è il cosiddetto «mistero Benedetto XVI, incarnato dalla sua straordinaria rinuncia al soglio pontificio, proclamata, come noto, avendo avuto risonanza mondiale, l’11 febbraio 2013.

Joseph Aloisius Ratzinger (Marktl 14.4.1927 - Città del Vaticano 31.12.2022) è stato il 265° Papa della Chiesa Cattolica dal 19.4.2005 al 28.2.2013.Le tesi, ricche di dietrologie, che hanno accompagnato l’analisi di tale gesto, le sue conseguenze, nonché il futuro e la continuità della Chiesa, hanno spinto a vivisezionare la «declaratio» di tale abdicazione (potendosi definire la Chiesa monarchica, anche se in un senso differente dai regni secolari).

Dal latino scritto, ai gesti, fino ai simboli, la firma, il modo di vivere, le parole pronunciate in differenti contesti, persino dal suo segretario particolare, tutto ha contribuito a sostenere ipotesi pure diverse tra loro, anche ardite, fino a presupporre addirittura una manovra tattica di Benedetto XVI per screditare il futuro papa da eleggere.

Al pubblico, spesso bramoso di notizie sconvolgenti, financo apocalittiche, che permettono di vivere in diretta l’armageddon, magari dal proprio smartphone, come cantava «profeticamente» Ligabue (cfr. «A che ora è la fine del mondo? »), sono forse più note le tesi del duo Andrea Cionci (giornalista)-don Alessandro Minutella (sacerdote, sospeso a divinis), a cui si è aggiunto ultimamente anche Diego Fusaro, filosofo di formazione marxista e feroce critico del corso bergogliano (o per meglio dire francescano) della Chiesa.

La teoria della «falsa rinuncia»

In sintesi, Benedetto XVI avrebbe architettato (mandando messaggi in codice, dalla doppia interpretazione, per non destare sospetti) una falsa rinuncia al munus petrino, per «ritirarsi in sede impedita» e far convocare un Conclave illegittimo, con illegittima elezione di Bergoglio (falso papa), al fine di «separare» la falsa chiesa dalla vera Chiesa (salvandola dall’usurpazione della prima), che, ormai, dopo la morte di Ratzinger, potrà avvenire o per via carismatica (attraverso un misterioso «grande prelato», per Don Minutella), o attraverso la richiesta di indagine che porti alla scoperta della «nullità dell’elezione di Bergoglio e degli atti da egli compiuti» e permetta un Conclave con i soli cardinali eletti da Ratzinger (o un’elezione diretta del «popolo» di un «nuovo Vescovo di Roma» che riprenda il munus rimesso a Dio).

Ovviamente la tentazione a seguire le teorie di tale scisma d’occidente virtuale, nel senso che non è mai stato dichiarato formalmente dallo stesso presunto protagonista, è più viva in coloro che sono critici del Magistero di Papa Francesco, e arrivano a definirlo addirittura «eretico».

La possibilità di una «macchina del tempo», seppur romanzata, che permetta in un attimo di ritornare alla condizione ex quo ante l’elezione di Bergoglio, è sicuramente la spinta principale per quanti si affidano alla narrazione di cui sopra.

Eppure, come ammette lo stesso Cionci, nonostante il dramma vissuto con la rinuncia e il disorientamento patito con l’«emeritato», la sua «inchiesta» ha ricevuto rigetto e persino denigrazione negli ambienti tradizionalisti, persino in quelli che non sono in comunione (non solo con Papa Francesco, ma) con tutti i Papi succedutesi dal Concilio Vaticano II.

Fondamentalmente, (riguardo la rinuncia) distinguere tra munus e ministerium petrinum, non ha senso in quanto l’ufficio papale non è sacramentale, ma un primato di giurisdizione e di governo, tale da non essere frazionabile o parzialmente «rinunciabile» (norma di diritto divino).

Le considerazioni di mons. Sciacca

Tra i numerosi contributi di svariati orientamenti sul tema, il più autorevole e chiaro, a parere di chi scrive, rimane quello di monsignor Giuseppe Sciacca a cui rimando per una sana formazione sul punto (intervistato il 16 agosto 2016 da Andrea Tornielli per la La Stampa).

Fatte queste premesse, mi sembra comunque di non riscontrare, nelle varie analisi sul testo della declaratio, aggiornate al libro  di Federico Michielan Non era più lui, molto ben fatto, che ripercorre la storia delle rinunce, nonché dei contributi sul tema), una compiuta analisi delle parole principali, letteralmente considerate, le quali sembrano meno problematiche di quanto si possa pensare.

Nella declaratio in latino (che sola conosce i due termini munus e ministerium) della rinuncia (che per essere valida deve solo essere manifestata pubblicamente (con libertà delle forme), il Papa regnante dichiara «plena libertate declaro me ministerio Episcopi Romae, Successoris Sancti Petri, mihi per manus Cardinalium die 19 aprilis MMV commisso renuntiare ita ut a die 28 februarii MMXIII, hora 20».

Si è obiettato che non avesse utilizzato il termine canonico munus riferito al «Romano Pontefice» (can. 332 § 2), senza notare che quel ministerium è riferito allo status di Vescovo, il cui munus non si può rinunciare perché conferito con l’Ordinazione che imprime un carattere indelebile (come il battesimo).

Il ministerium specifico del Vescovo di Roma è proprio quel potere primaziale di giurisdizione e governo della Chiesa dei successori di Pietro (infatti esplicitato subito dopo); pertanto, in tutto e per tutto assimilabile al munus petrinum (citato esplicitamente nel primo periodo della declaratio).

L’abdicazione di Benedetto XVI

Nella medesima dichiarazione, inoltre, si fa riferimento:

  • a quanto conferitogli nel Conclave con l’elezione nel 2005, operando una simmetria rispetto all’accettazione;
  • si parla espressamente di sede vacante e si fa riferimento ad un nuovo Conclave che eleggerà il nuovo Pontefice, per cui chiede l’assistenza della Vergine Maria sui Cardinali, peraltro presenti per il Concistoro;
  • annuncia un ritiro ad una vita di preghiera nel servizio della Chiesa.

Prima dell’efficacia della rinuncia (quando poteva ancora essere revocata), il 26 febbraio padre Lombardi annuncia la decisione di Ratzinger assumere il titolo di Papa emerito, continuandosi a chiamare Sua Santità Benedetto XVI, e il 27 febbraio, nell’ultima udienza, il Papa ha confermato la rinuncia con queste parole (in riferimento all’emeritato): «Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro».

L’obbedienza a Papa Francesco

La stessa vita di Benedetto XVI, da quel momento in poi, è stata una vita di servizio e di filiale obbedienza a Papa Francesco, con momenti anche di commovente incontro e partecipazione liturgica (come alla beatificazione di Paolo VI del 19 ottobre 2014), come confermato post mortem dallo stesso segretario mons. Georg Gaenswein, suscitando imbarazzi presso i latori di subliminali codici.

La stessa sede impedita, poi, che non può certo «autoimporsi», equivalendo l’esilio volontario alla rinuncia de facto, ma essere accertata ab externo oggettivamente (come può evincersi anche da un fatto recente e simile), avrebbe verosimilmente comportato conseguenze analoghe (cfr. canone 335, che impone di non modificare nulla in caso di sede vacante e sede impedita), pena il venir meno della Chiesa visibile (per ben 10 anni), istituita espressamente così (e non virtuale) da Cristo.

A tal proposito il gruppo di studio Progetto canonico Sede Romana sta portando avanti un progetto di emanazione di quelle leggi speciali richieste per la Sede papale impedita e per la condizione del Pontefice dopo la rinuncia, e le conclusioni sono molto simili a quanto scelto dallo stesso Benedetto XVI.

Di certo quest’ultimo era conscio della specificità dell’emeritato «acquisito» da Vescovo di Roma, e, per questo motivo, aveva preferito a «Vescovo emerito di Roma», il titolo di «Romano Pontefice emerito»: da qui le dichiarazioni misteriose, anche dei suoi collaboratori, riguardo un tema che, per la sua novità, deve ancora essere adeguatamente indagato

Armando Mantuano  *avvocato

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