L’OMICIDIO NEL VIBENSE

Non per razzismo
ma per capitalismo senza limiti

 

Il razzismo, con l’assassinio del povero maliano Soumaila Sacko in Calabria, c’entra poco o niente. C’entra, invece, il forte conflitto sociale fra capitale e lavoro, difficilmente gestibile quando lo Stato è assente, come in molte realtà del Mezzogiorno, e quando il sindacato è indebolito perché attaccato su vari fronti.

Nel pieno del terzo millennio ancora assistiamo al fenomeno del capolarato che da un verso vede chi sfrutta, nei campi e nelle fabbriche, per abbattere ulteriormente il costo del lavoro ed aumentare i profitti ad imprenditori privi di scrupoli, dall’altro verso c’è chi viene sfruttato, soprattutto immigrati.

La Ugl, ed altre organizzazioni sindacali, da tempo denunciano la piaga del lavoro nero in agricoltura e, in maniera minore, in altri settori produttivi, che coinvolge per oltre due terzi operai di colore. E quello che è successo nella provincia di Vibo Valentia è l’inevitabile conseguenza di come si affrontano malamente certi problemi nel nostro Paese, ossia con assoluto pressapochismo.

Altro che razzismo, simili episodi di cronaca nera fanno emergere il dramma dello sfruttamento di manodopera a basso costo e senza nessuna protezione sociale e previdenziale. Ed è questo lo scenario che si vuole perpetuare da chi, in vari modi, tenta di favorire l’arrivo di disperati dall’Africa su traballanti barconi che portano, oltre a qualche delinquente, migliaia di giovani energie per ingrassare datori di lavoro senza scrupoli.

Fabio Verelli

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