L’EREDITÀ DEL COVID19

Sanzioni sospese per le mancate vaccinazioni

 

Sarebbe scaduta il 30 giugno 2023 la sospensione della sanzione agli ultracinquantenni per non aver adempiuto all’obbligo vaccinale anti Covid19 introdotto con il Decreto Legge 44/2021. Ma è intervenuta una nuova proroga che allunga esattamente di un anno tale termine (DL 51/2023, art. 3, co 6).

La proroga di tale scadenza fornisce l’occasione per ripercorrere la normativa in questione, non senza un approccio critico, per il bilanciamento in concreto attuato, anche a fronte dei presupposti individuati dalle nostre Corti, in particolare analizzando le ultime pronunce della Consulta, di febbraio 2023.

A scanso di equivoci, si richiameranno i principi ispiratori delle leggi, quali la legittimità della previsione dell’obbligo vaccinale in presenza di determinati requisiti, costituendo la libertà personale non un diritto tiranno, ma limitabile e bilanciabile con quello della salute (e viceversa).

Il precedente legato all’Ilva di Taranto

In premessa, quindi, si può richiamare quanto stabilito dalla Corte costituzionale (n. 85/2013), nella sentenza chiamata a disciplinare i rapporti tra diritto alla salute, quello dell’ambiente e quello economico nella nota vicenda dell’ex Ilva di Taranto:

«Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile, pertanto, individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del 2012). Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe ‘tiranno’ nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona».

Questo presuppone un continuo bilanciamento di interessi e la definizione di un «equilibrio dinamico» via via individuato dal legislatore e dal giudice delle leggi in sede di controllo, secondo criteri di proporzionalità e ragionevolezza.

Questo equilibrio dinamico, poste le circostanze sempre diverse da verificare, presupporrebbe, poi, lo sviluppo di un metro unitario di valutazione, pena la presentazione di un volto schizofrenico e quindi arbitrario della giustizia.

L’«interferenza» della Corte Costituzionale

Il disfavore in Italia riguardo le misure prescrittive dovute all’emergenza Covid19, ha risentito sicuramente del dibattito pubblico/politico riguardo alcuni ambiti specifici che ineriscono il diritto alla salute e addirittura il diritto alla vita, in cui la stessa Corte costituzionale è intervenuta per «liberalizzare» condotte un tempo sanzionate (es. caso Marco Cappato-dj Fabo).

La percezione quale diritto assoluto della libertà personale, declinata nelle forme della libera circolazione, del diritto al lavoro, del diritto di culto, dell’intoccabilità del proprio corpo (che discende dall’Habeas Corpus, principio della concezione liberale, già sancito nel 12 secolo), non ha certo favorito l’assimilazione delle misure emergenziali, che, comunque, per l’ampiezza, la portata, il sacrificio dei valori coinvolti, rappresenta un unicum nella storia moderna tanto da dover ancora essere analizzate, in maniera critica e lucida.

Il presente scritto, diviso opportunamente in più articoli, cercherà di portare un contributo in tal senso, anche se piccolo, per favorire il dibattito, e l’approfondimento.

L’obbligatorietà vaccinale è stata oggetto prima di una recente sentenza della Consulta, la n.5 del 2018, che ha esaminato il Decreto Legge 7 giugno 2017, n.73 (Obbligo vaccinale per ammissione alle scuole infanzia, del Ministro Lorenzin), la quale ha stabilito come, nel valutare l’obbligatorietà dei vaccini, vada contemperato il diritto alla salute del singolo (comprendente anche la libertà di cura, oltre che i possibili effetti avversi), con l’interesse collettivo e il diritto alla salute altrui.

La ratio dell’imposizione della vaccinazione

Nello specifico, il contemperamento dei diversi valori coinvolti permette l’imposizione della vaccinazione quando:

  1. questa sia diretta non solo a migliorare le condizioni del singolo;
  2. ma a preservare lo stato di salute altrui;
  3. quando la vaccinazione non incida negativamente sullo stato di salute di chi vi è sottoposto “salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili”;
  4. valutando il margine di discrezionalità del legislatore alla luce dell’andamento epidemiologico e delle conoscenze mediche, per modulare obblighi o raccomandazioni.

Pur non ritenendo indifferente la scelta tra i due strumenti (impositivo e persuasivo, dovendosi dare priorità al secondo), la pronuncia si sofferma sulla lieve differenziazione tra gli stessi sul piano medico, mentre invece sul piano giuridico la valutazione dello strumento impositivo ha una peculiare importanza, per la tutela costituzionale dei valori in gioco.

La valutazione del D.L. 73/2017

Inoltre, la stessa pronuncia valorizza l’introduzione (in sede di conversione del decreto legge esaminato) di un colloquio previo alle sanzioni, tra genitori e personale sanitario per comprendere l’utilità e necessarietà della vaccinazione, colloquio che permette di dipanare eventuali dubbi, incomprensioni, timori infondati, senza forzare la coscienza individuale promuovendo al contempo il contraddittorio e il dialogo.

In detta legge era poi previsto, in maniera ragionevole, un sistema di monitoraggio che può portare, mutate le condizioni sanitarie, alla cessazione dell’obbligo vaccinale.

Si fa presente che l’obbligo in questione riguardava solo l’accesso dei bambini nelle aule scolastiche dell’infanzia (mentre per gli alunni della scuola dell’obbligo è prevista una multa); pertanto ai fini di una possibile analogia con l’obbligatorietà dei vaccini anti covid, si dovrebbero valutare i fini di ambedue le profilassi e le circostanze oggetto di divieto.

Risarcibilità a prescindere dall’obbligo

Per concludere la presente premessa si può richiamare anche l’evoluzione giurisprudenziale in tema di risarcimento per conseguenze non lievi derivate dalla vaccinazione che, ad oggi, è possibile richiedere anche per vaccini facoltativi e raccomandati. Tale esito è stato richiamato anche nella già citata sentenza della Corte costituzionale n. 5 del 2018 (al par. 8.2.3): «Per tale ragione l’ordinamento reputa essenziale garantire un indennizzo per tali singoli casi, senza che rilevi a quale titolo – obbligo o raccomandazione – la vaccinazione è stata somministrata (come affermato ancora di recente nella sentenza n. 268 del 2017, in relazione a quella anti-influenzale)».

Infatti, chi si è uniformato alla condotta anche solo sollecitata o proposta dalle Istituzioni alla collettività deve avere un equo indennizzo in caso di eventi avversi gravi, cfr. sent. 26 febbraio 1998 n. 27, sent.26 aprile 2012 n. 107, sent. 14 dicembre 2017 n. 268 e sent. 23 giugno 2020 n.118.

I prossimi articoli esamineranno più specificamente l’obbligo vaccinale anti Covid19, le sentenze della Consulta di febbraio; il D.L. 44/2021 relativo all’obbligo degli ultracinquantenni e i profili critici di tale norma.

Armando Mantuano *avvocato

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