LA MORTE DI ALESSANDRO ORSETTI

Il foreign fighter
che piaceva all’Anpi

 

Proviamo sempre un poco di fastidio quando leggiamo o ascoltiamo in tv le tirate contro le fake news, che naturalmente esistono, ma che sono niente per numero e capacità disinformante, rispetto ai media tradizionali, sia radio-televisivi sia di carta stampata. La scelta di dare o non dare una notizia, il rilievo e taglio scelto per proporla ai propri lettori o agli ascoltatori seduti dinanzi alla tv, producono nel lettore una disinformazione decisamente più estesa e marcata di quanto possono farlo le bufale del web.

Un esempio eclatante di ciò è la copertura data in questi giorni dai media tradizionali alla notizia della morte a Baghouz in Siria del trentatreenne Lorenzo Orsetti, dove si trovava in qualità di combattente delle milizie curdo-siriani in lotta contro l’Isis.

Con tutto il rispetto che si deve ad un giovane che sacrifica la vita per i suoi ideali, ricordiamo che per la legge italiana, andare a combattere per Stati o milizie estere, per qualsivoglia causa, è un reato. Così come è reato il reclutamento di combattenti italiani. In taluni casi, chi li aiuta può essere accusato di favoreggiamento.

«Orso il lottatore» come suonava il nome di battaglia del volontario fiorentino che amava farsi fotografare dietro la bandiera delle sue milizie con accanto il kalashnikov Ak-47 e ambiva ad un futuro come cecchino era letteralmente e giuridicamente un foreign fighter.

Tuttavia negli articoli dedicati alla sua morte questa definizione, comunemente usata per gli altri italiani andati a combattere all’estero, non compare mai. Forse perché l’uso che comunemente viene fatto di questo termine ne ha fatto sostanzialmente un sinonimo di terrorista…

Eppure per un italiano andare a combattere per i separatisti filo russi del Donbass o per difendere l’integrità territoriale dell’Ucraina, battersi per le milizie curde o per quelle filoislamiche, è giuridicamente la stessa cosa: un reato.

Non si sa se la magistratura abbia aperto o meno un fascicolo per fare chiarezza sulla vicenda del foreign fighter Lorenzo Orsetti, combattente per forze estere in Siria dal 2017. Dal Corriere della Sera apprendiamo però delle notizie che hanno dell’incredibile.

La sezione fiorentina Associazione nazionale partigiani d’Italia, quell’Anpi che ancora nega la realtà delle Foibe dove al termine del secondo conflitto mondiale furono trucidati migliaia di italiani, avrebbe a suo tempo nominato Orsetti «partigiano onoris causa» inducendo la madre, comprensibilmente scossa per la prematura scomparsa del suo Lorenzo, a dichiarare che suo figlio «di fatto combatteva contro il Fascismo, come un partigiano».

Le migliaia di giovani italiani che hanno combattuto, per alcuni dalla parte sbagliata, ma certamente per ideali altrettanti forti e sinceri come quelli che animavano Lorenzo, si staranno rivoltando nelle tombe.

Per quanto ci sforziamo di comprendere la logica contorta di certi nostalgici della guerra civile italiana, tuttavia non troviamo nulla, ma proprio nulla, che accomuni il Fascismo con l’Isis. E d’altronde neppure sono rintracciabili analogie tra lo Stato italiano di allora e l’autoproclamatosi Daesh di oggi, tra un regime che ha governato l’Italia per vent’anni con un tentativo di riempire il vuoto politico lasciato dalle maldestre intromissioni occidentali in Nordafrica.

A questo punto viene da chiederci se ci sia in Italia un magistrato coraggioso che voglia andare a verificare il ruolo dell’Anpi di Firenze nella scelta di Lorenzo Orsetti di trasformarsi in foreign fighter per andare incontro alla morte in Siria.

Vincenzo Fratta

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