IL CASO EMANUELA ORLANDI

Sant’Apollinaire,
un mistero che dura da 40anni

40anni fa la scomparsa di Emanuela Orlandi. Grazie all'impegno del fratello Pietro Orlandi il caso è stato ora riaperto

 

Il 20 luglio 1983, giorno in cui la Chiesa commemora Sant’Apollinaire, scadeva l’ultimatum per Emanuela Orlandi la cittadina vaticana scomparsa quasi un mese prima mentre usciva proprio dal palazzo Sant’Apollinare a Roma.

I manifesti che annunciarono la scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella GregoriTra le piste che si sono susseguite, anche una che vede coinvolta la Banda della Magliana e particolarmente un suo esponente, Renato De Pedis, che grazie ad una rivelazione ad un noto programma televisivo, si scopre essere stato sepolto, incredibilmente, nella Chiesa di Sant’Apollinaire a Roma.

Nello stesso Palazzo di Sant’Apollinare a Roma, frequentato per la musica dalla Orlandi, aveva casa anche l’on Scalfaro, all’epoca Ministro dell’Interno.

La scomparsa di Manuela Orlandi

Al di là delle suggestioni geografiche, il mistero della scomparsa della ragazza torna periodicamente alla ribalta. È di pochi giorni fa sia l’istituzione di un’inedita commissione d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, cittadina italiana anch’essa scomparsa misteriosamente, un mese prima dell’altra. Anch’essa approcciata da un rappresentante della Avon, citata anche in vari comunicati inviati al Vaticano riguardanti il caso Orlandi.

Ancora più recente è l’apertura di un’altra pista che partirebbe dalle attenzioni dello zio della giovane Emanuela Orlandi (il marito della zia precisamente), Mario Meneguzzi, anche mediatore nelle telefonate con i presunti rapitori, verso Natalina, la sorella maggiore della «rapita», avvenute qualche anno prima.

Tra depistaggi e strumentalizzazioni

Quello che è certo, nel caso in questione, è l’enorme mole di depistaggi compiuti (tra cui sembra esserci l’ultimo riguardante lo zio), con storie che sembrano essere state fabbricate per darle in pasto all’opinione pubblica, in cui non mancano riferimenti alla pedofilia, o richiamanti un sequel di Romanzo criminale (la serie è coeva alle inchieste sulla Banda della Magliana).

Altro elemento certo è la strumentalizzazione del caso Orlandi per la liberazione del terrorista Papa, Alì Agca, condannato in via definitiva all’ergastolo, attraverso la richiesta di grazia del Papa al Presidente del Consiglio italiano.

Un altro fatto è il viaggio compiuto dal 16 al 23 giugno 1983 del Papa in Polonia, dove affronta di petto la questione dei sindacati, nominando apertamente Solidarnosc e indicando il diritto di associazione come innato e non concesso da alcuno Stato. Infine, invita il governo polacco ad un dialogo con i lavoratori, da non ridursi a strumenti di produzione, ma riconosciuti quali «soggetti».

Il viaggio di Papa Wojtyla in Polonia

Indica poi esplicitamente che «la questione che è in atto in Polonia nell’arco degli ultimi anni possiede un profondo senso morale».

Il magistero di Papa Giovanni Paolo II, nella tradizione della dottrina sociale della Chiesa, proprio in quei giorni umilia la concezione marxista del lavoro, innalzando la dignità dei lavoratori, come esseri umani integrali, in cui la libertà non può essere conculcata:

«Il legame tra il lavoro e il senso stesso dell’esistenza umana testimonia sempre il fatto che l’uomo non è stato alienato dal lavoro, non ne è stato asservito. Tutto al contrario, esso conferma che il lavoro è diventato l’alleato della sua umanità, che lo aiuta a vivere nella verità e nella libertà: nella libertà costruita sulla verità, che gli permette di condurre in pienezza una vita più degna dell’uomo».

Quando il Papa torna dalla Polonia, pronto a raccogliere quanto ha seminato durante il suo viaggio, gli echi delle parole impetuose pronunciate nella propria patria, si spengono di fronte a quanto accaduto, ed egli pronuncia in poco tempo ben 8 appelli alla liberazione di Emanuela Orlandi.

Un altro fatto è il clima all’interno del Vaticano: poco prima del rapimento Orlandi, la famiglia Gugel (il padre Angelo è aiutante di camera del Papa) e la famiglia Cibin (il padre Guglielmo scortava il Papa durante l’attentato) hanno paura per le proprie figlie, che potrebbero essere rapite per fare pressioni sul Papa. La famiglia Gugel abita nello stesso palazzo della famiglia Orlandi, Emanuele però è un obiettivo più semplice da prelevare.

Il libro del giudice Imposimato

Alla commissione concernente il dossier Mitrokhin il Magistrato Ferdinando Imposimato parla dell’operazione Papst ideata dal Kgb e rivelata da alcuni dossier della Stasi in cui il rapimento della Orlandi è un modo per depistare dalle responsabilità del Kgb sull’attentato al Papa (attraverso i servizi segreti bulgari e la Stasi) e allo stesso tempo un modo per fare pressione sulla Santa Sede che proprio in quel momento catalizzava la protesta ai regimi comunisti.

Di ciò sarebbero stati al corrente anche servizi d’intelligence straniera come quella francese che allertò il vaticano e la Cia che invece fu inerte.

Lo stesso magistrato nel suo libro Vaticano, un affare di stato parla di alcuni personaggi misteriosi legati alla mafia e alla banda della Magliana che dichiaravano di poter svelare le emissioni di denaro a favore di associazioni anticomuniste nei paesi dell’Est e in Sudamerica, attraverso il Banco Ambrosiano, e di come l’affare Calvi (collegato a queste operazioni) avesse suscitato l’interesse del Kgb. Lo stesso Calvi nella sua lettera al Papa fa queste allusioni.

La pista romana e quella internazionale

Ci sono fondamentalmente due possibili alternative al rapimento di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori (escludo l’allontanamento volontario come unica causa): la pista internazionale e quella romana malavitosa.

Personalmente, al contrario del giornalista Nuzzi ritengo quanto mai dubbio che personaggi della Banda della Magliana, pur in contatto con alcuni esponenti di spicco della Chiesa e dei Servizi italiani possano aver infiltrato e controllato i movimenti dei funzionari del Vaticano, in modo tale da riferirne i particolari.

Inoltre, strumentalizzare trame internazionali e attori di certo più pericolosi di loro, per manovre di stampo economico, mai accertate nonostante il tempo trascorso (e senza nessuna rivendicazione), sembra alquanto improbabile. Più probabile che esponenti della banda della Magliana fossero entrati in queste trame, attraverso i movimenti finanziari con Calvi e sfruttassero la pressione sulla Chiesa per i loro interessi.

In realtà, vedendo gli effetti che i comunicati producono, sia su Ali Agca e la sua prima ricostruzione, che soprattutto sul filone d’inchiesta sui suoi complici che si celebra proprio in quel periodo, non si può non notare la plausibilità della trama internazionale, evidente pure dagli accorati, numerosi e inediti appelli dello stesso Papa che prende in prima persona la responsabilità dell’accaduto.

Per quanto riguarda la sorte di Emanuela Orlandi e di Mirella De Gregori, di certo la rivelazione di alcuni dettagli farebbe propendere per la loro conservazione in vita per qualche tempo, circostanza esclusa nel settembre 1983 per le due ragazze nella telefonata del 27 ottobre 1983.

Tuttavia lo screditamento della pista dell’Est (nel 1986 i tre sospettati Musa Cerdar Celebi, Omer Bagci e Ivanov Antonov, poterono riavere anche il passaporto, mentre l’ultimo, in detenzione cautelare, proprio nel 1983 ottenne i domiciliari) non permetterà più la liberazione degli ostaggi, né il ritrovamento dei corpi che, forse, avrebbero potuto rivelare indizi.

Chissà che gli esiti della Commissione non possano fare più luce su uno dei più inquietanti Misteri italiani, internazionale anche per il solo fatto della cittadinanza della vittima.

Armando Mantuano *avvocato

 

 

 

LA SCOMPARSA DI EMANUELA ORLANDI

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