DOPO L’ENNESIMO INCIDENTE

Dieci ragioni per
fermare la caccia

 

Un altro grave incidente di caccia. Stavolta è toccato addirittura ad un bambino di soli 10 anni. Il piccolo è ricoverato, in gravi condizioni, nel reparto di rianimazione, con la riserva di prognosi, all’Ospedale materno infantile Salesi di Ancona. Il bambino è stato raggiunto dai pallini sparati da un fucile da caccia.

Il grave evento è avvenuto domenica 28, poco prima delle 17 ad Osimo, vicino ad Ancona. Il trasporto del piccolo all’ospedale è stato fatto direttamente dal padre che sarebbe stato presente all’evento.

La dinamica è ancora da chiarire ma vi è la certezza che il colpo sarebbe partito accidentalmente ed avrebbe dapprima colpito un muro e di rimbalzo i pallini avrebbero investito il corpo del bambino. Il piccolo sarebbe arrivato in pronto soccorso cosciente e con ferite al viso, ad una spalla, ad un mano e sul collo, due pallini lo hanno raggiunto al cranio e sono questi a destare le maggiori preoccupazioni.

La vicenda riapre la diatriba legata alla caccia. Ci sono almeno dieci ottimi motivi per fermare questa pratica cruenta e, come abbiamo visto, molto pericolosa. Il primo motivo è etico: oggi più che mai, è eticamente inaccettabile uccidere per divertimento.

Il secondo buon motivo è legato al mutamento della società italiana da rurale, e quindi legata alla pratica venatoria, ad inurbata e che ha sviluppato una sensibilità filo animalista.

I cacciatori sono, poi, in strettissima minoranza e sono circondati dalla maggioranza, il 78,8% degli italiani (+4% sul 2014, secondo Eurispes) che è contraria all’attività venatoria.

Un terzo buonissimo motivo è legato alla crisi ambientale. Habitat devastati, consumo di suolo sfrenato (52 km quadrati ogni anno perduti al cemento ed all’asfalto). Il clima stravolto ed estremizzato ha pesanti ripercussioni sulla fauna. Gli animali sono sempre più provati o stremati da una stagione caldissima e dalla siccità e spesso dalla scarsità di cibo.

Un quarto motivo per dire di no alla caccia è legato al declino di moltissime specie. In Italia si spara a 19 specie di avifauna in stato di conservazione sfavorevole come classificato dal Bird Life International, l’organismo scientifico europeo che controlla la popolazione selvatica.

Un quinto motivo per fermare la pratica venatoria è quello che molte regioni, dopo più di 20 anni dall’entrata in vigore della legge n 157/92, non hanno provveduto ad emanare i Piani Faunistico Venatori Regionali, senza i quali l’attività venatoria è incontrollabile e quindi illegittima.

Il sesto motivo è ancora tecnico ma ha un riscontro sulla realtà: infatti molte regioni hanno emanato calendari venatori per la stagione prevedendo la caccia nella fase di migrazione «prenuziale», di riproduzione e dipendenza dei piccoli dai genitori, in violazione della direttiva europea 147/2009 non garantendo nemmeno i tempi necessari al ripopolamento naturale dovuto alla riproduzione ed alle sue delicate fasi.

Il settimo motivo è legato alla pratica insita nella caccia cioè alla cosiddetta «cerca», ossia il girovagare per i boschi con cani al seguito e sparando alle prede: questo disturba tutti gli altri animali, anche quelli che fortunatamente non sono oggetto della caccia. Senza considerare tutti gli animali protetti che vengono per errore o peggio volontariamente, uccisi (vedi aquile, falchi ecc.).

Ottavo: la caccia continua a spargere il velenoso piombo dappertutto attraverso le cartucce e viola il diritto dei cittadini alla proprietà privata attraverso un’aberrazione giuridica rappresentata dall’art.842 del Codice Civile, che permette l’ingresso dei cacciatori nei fondi privati.

Nono motivo: ogni stagione venatoria si chiude con circa 100 incidenti legati alla pratica della caccia con morti e feriti, purtroppo spesso anche tra chi non caccia, come successo ieri.

L’ultimo e decimo motivo: l’età media dei cacciatori è oramai pericolosamente elevata. Vengono rinnovate licenze a cacciatori vecchi e poco stabili sulle loro gambe con conseguente potenziale incremento di incidenti venatori. Insomma è veramente ora di dire basta.

Lino Rialti

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