Siamo a fine luglio e il termometro è salito molto negli ultimi giorni. Per i professionisti del terrorismo mediatico anche il caldo estivo è un’occasione da sfruttare.
Articolata così può sembrare un’affermazione eccessiva. E allora aggiungiamo subito una versione più articolata: esagerazione sistematica di un certo fenomeno, allo scopo di diffondere un timore generalizzato e un’interpretazione a senso unico, ammantata da verità scientifica.
Così da giustificare, in via definitiva e indiscutibile, qualsiasi misura coercitiva che si voglia imporre alla popolazione.
Il terrorismo mediatico di Repubblica & C
Facciamo qualche esempio di quello che abbiamo definito terrorismo mediatico:
- Il primo, multiplo, ce lo fornisce La Repubblica del 18 luglio. Titolo di apertura: «Caldo record, il Pianeta in ginocchio». A corredo, oltre agli svariati articoli nelle pagine interne, un editoriale di Michele Serra intitolato «Le destre sorde al grido d’allarme».
Un classico, nell’immaginario capzioso di stampo Partito Democratico. I conservatori cattivi di destra contro i buoni progressisti di sinistra. Sorvolando sul fatto che entrambe le categorie andrebbero messe tra virgolette e maneggiate con ben altra attenzione: «di sinistra» e «di destra».
- Il secondo esempio, ma è un’aggravante, non è nemmeno di giornata. È una specie di ritornello. Che non a caso è dello stesso tipo di quelli utilizzati in ambito Covid per ostracizzare chiunque non si inchinasse alle tesi ufficiali: i dissidenti sostengono dei punti di vista non scientifici, per cui non sono attendibili per definizione. E pazienza se, tra gli oppositori del dogma di turno, ci sono fior di studiosi.
Accademici oppure no, non appena si discostino dall’ortodossia dominante vengono liquidati all’istante e senza scampo. Fino a equipararli ai famigerati «terrapiattisti». Come ha fatto, allineandosi a parecchi altri prima di lui, anche l’immancabile Roberto Saviano il 18 maggio scorso via Twitter.
Il metodo è questo: lo screditamento a priori. Che mira a restringere il campo delle scelte politiche inchiodandole a delle sedicenti verità oggettive, formulate dalla cosiddetta comunità scientifica: ubi scientia, imperium cessat. Imperium, ovvero sovranità. E, in democrazia, sovranità del popolo.
Ma questi sono appunto i presupposti. La chiave di volta, invece, sta nelle finalità che si vogliono perseguire.
I paladini dello pseudo riscatto
Già: quelli che ultimamente si stanno ergendo a difensori della Natura sono gli stessi che in precedenza hanno promosso il modello dominante. Imperniato sul consumismo forsennato. E sull’immenso catalogo delle apparenze spacciate per aspetti qualificanti, o addirittura decisivi, dell’esistenza: la notorietà mediatica, l’ostentazione dei beni di lusso (o dei loro surrogati, tra offerte speciali e occasioni low cost), gli esibizionismi a getto continuo e il numero di follower in questo o quel social.
Il sistema in cui viviamo è stato costruito su queste fondamenta e ha generato le innumerevoli distorsioni che ci circondano quasi dappertutto. Grattacieli di ottusità trionfante accoppiati a sterminate periferie di aspirazioni frustrate, talvolta rassegnate e altre volte virulente, masse prive di speranza o impazienti di rivalsa.
I super ricchi e gli homeless, negli Usa. I cittadini soddisfatti dei boulevard e quelli rancorosi delle banlieue, a Parigi. E così via. E non solo nelle metropoli.
Un’iniquità disseminata ovunque e sempre più diffusa. Sempre più strutturale. Non uno squilibrio momentaneo e in via di superamento, ma un nuovo assetto.
L’emergere palese delle vere intenzioni: un numero relativamente contenuto di privilegiati, una quantità enorme di persone che arrancano, una moltitudine di «meno fortunati» da gestire/rabbonire con i palliativi dei sussidi pubblici.
L’ipocrisia della «rivoluzione green»
Di fronte a tutto questo, l’unica via d’uscita autentica sarebbe una schietta e sostanziale ammissione di colpa da parte di chi ha lavorato, per decenni e decenni, affinché si instaurasse l’attuale situazione. Spingendo l’intera società occidentale a vivere in un’eterna messinscena, fintamente egualitaria ma in realtà asservita a specifiche oligarchie.
Viceversa, come appunto nella ipocrita «rivoluzione green», il rimedio fittizio consiste nello scaricare la responsabilità sulla generalità della popolazione. Imponendo restrizioni e adeguamenti che ognuno si dovrà pagare da sé, dai mezzi di trasporto alle case di abitazione e ai sistemi di riscaldamento.
Voilà. Le classi dirigenti, che qui da noi hanno la loro punta di lancia nella Commissione Europea, si auto attribuiscono una legittimazione non soltanto politica ma addirittura etica. Non lo vedete? Siamo qui a difendere il bene di tutti. Degli adulti di oggi e, ancora di più, delle giovani generazioni. Il presente e il futuro. Gli esseri umani e la Natura.
Lo spauracchio è il cambiamento climatico. Il vessillo è la transizione ecologica. La prima grande scadenza è il pacchetto di interventi da realizzare entro il 2030. La prima. Certamente non l’ultima.
Gerardo Valentini