SALUTE
Nel nostro Dna il segreto
del consumo di caffè

Il suo inconfondibile profumo che inebria le nostre mattine al risveglio, oppure sprigionato al bar, consumato in una calda tazzina. Bevanda da gustare in compagnia, a fine pasto o durante la giornata per trovare un momento ricreativo e nuova carica. Dall’aroma inconfondibile, con il suo gusto più o meno forte, ha ispirato canzoni ed protagonista di film indimenticabili; in una parola sola, caffè.

E se resistere al suo richiamo è davvero difficile, tanto da indurre in tentazione tantissimi italiani, la ragion d’essere va ricercata nel Dna. La scoperta è stata pubblicata sulla rivista Scientific Reports, coordinata da Nicola Pirastu dell’Università di Edimburgo. In collaborazione con l’Università di Trieste, l’ospedale pediatrico Garofolo ed i ricercatori di una rinomata azienda di caffè, la Illy, sono stati scelti 370 volontari in Puglia e 843 in sei paesi del Friuli Venezia Giulia. È stato chiesto loro quante fossero le tazzine di caffè consumate ogni giorno ed i risultati confrontati con quelli di un gruppo di volontari olandesi.

Sottoposti ad analisi ed incrociati i dati genetici con il numero di tazzine, si è giunti alla conclusione che esiste una correlazione inversa tra una variante del gene PDSS2 e la passione per il caffè, ovvero chi ha tale variante tende a consumare meno caffè. Questo perché la variante al gene in questione, controlla un altro gene, specializzato nel regolamento del metabolismo della caffeina. Quando quest’ultimo gene non viene attivato a sufficienza, la caffeina tende ad essere eliminata con maggiore lentezza e quindi produce un ridotto desiderio di sorseggiare un’altra tazzina.

Secondo Pirastu, esiste di fatto una tendenza tra bere più caffè e genetica, anche se altri studi e su campioni più numerosi saranno necessari. In attesa… per me un altro caffè!

Gaetano Di Terlizzi

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