GIUSEPPE MASTRANGELO, OLOCAUSTA

Storia di una rinascita
nella Fiume dannunziana

Gabriele Mastrangelo, Olocausta, Santelli Editore. Nella foto Gabriele D'Annunzio tra un gruppo di volontari dell'impresa fiumana

di Adriano Minardi Ruspi

Il romanzo di Giuseppe Mastrangelo Olocausta, in libreria per i tipi di Santelli editore, si inserisce nel filone ricostruttivo e non ideologizzato sull’impresa di Gabriele d’Annunzio a Fiume. Narra le vicende di una giovane donna che si trova a vivere, all’inizio occasionalmente ma poi convintamente, l’esperienza fiumana.

Gabriele D'Annunzio (1863-1938) è stato uno scrittore, poeta, drammaturgo, militare, politico, giornalista e patriota italiano, celebre figura della prima guerra mondiale e dell'impresa fiumanaLa pubblicazione di un libro come Olocausta conferma il definitivo tramonto della damnatio memoriae che aveva colpito la figura di Gabriele D’Annunzio dal secondo dopoguerra in avanti motivata dall’accusa di essere stato non solo contiguo al fascismo durante il Ventennio ma soprattutto di avere precostituito e poi lasciato in eredità a Mussolini tutto l’apparato liturgico che aveva poi caratterizzato il movimento delle camicie nere.

Questo procedimento aveva condotto alla sostanziale dannazione di tutta l’opera dannunziana, a cominciare da quella letteraria, bollata come espressione del solo senso estetico di un ego ipertrofico, ma priva di contenuti sostanziali, ed alla liquidazione della vita stessa del Vate bollata come una sorta di mero esperimento in Italia di «superomismo».

L’impresa di d’Annunzio a Fiume

Il romanzo Olocausta di Giuseppe Mastrangelo racconta l’epopea di D’Annunzio a Fiume attraverso gli occhi della giovane VittoriaQuesto naturalmente ha comportato anche la banalizzazione degli aspetti più propriamente politici dell’azione di D’Annunzio, a cominciare dalla sua attività di motore della minoranza interventista che aveva condotto l’Italia alla partecipazione nel primo conflitto mondiale e soprattutto nel primo dopoguerra quando D’Annunzio si era posto alla testa di un movimento di soldati, di reduci, intellettuali e giovani studenti che aveva condotto all’occupazione di Fiume ed alla proclamazione della Reggenza italiana del Carnaro.

Sembra quindi essere tramontata la duplice condanna morale e politica, anche perché già dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso erano cominciate a fiorire opere di rilettura di tutta la produzione dannunziana e di ridefinizione concettuale dell’opera, della vita stessa e di tutta l’azione politica esercitata in quel contesto storico da D’Annunzio.

Alla festa della rivoluzione

Claudia Salaris, Alla festa della rivoluzione. Il MulinoUn ruolo particolare l’ha avuto certamente dal punto di vista della ricostruzione degli aspetti storico artistici il libro di Claudia Salaris, Alla festa della rivoluzione, che per primo ha evidenziato i caratteri peculiari e di assoluta novità nel panorama europeo che avevano caratterizzato dal punto di vista culturale l’impresa di Fiume, al quale si sono poi succedute altre opere da parte di autori che si sono impegnati proficuamente nello sdoganamento definitivo dell’opera del Vate.

Da ricordare le opere di Annamaria Andreoli e, ultimo ma non meno importante, Giordano Bruno Guerri che ha consacrato attraverso una serie di lavori biografici la figura di D’Annunzio riconsegnandola alla storia italiana e che poi con la Presidenza del Vittoriale è riuscito nell’impresa di rendere fruibile al grande pubblico la figura stessa di D’Annunzio, operando una netta e direi definitiva distinzione tra l’opera e la figura del Vate ed il fascismo.

Olocausta, storia di una rinascita

Il romanzo di Giuseppe Mastrangelo ha come protagonista Vittoria, ragazza di una famiglia del Sud d’Italia in viaggio verso Pola dove l’attende la zia. Il piroscafo è assalito e dirottato dagli Uscocchi dannunziani e la giovane si trova improvvisamente immersa nella Fiume occupata dai volontari di D’Annunzio. Gli Uscocchi erano arditi che a bordo dei Mas assalivano e depredavano il naviglio mercantile e di trasporto nel mare adriatico nell’intento di reperire approvvigionamenti per la città di Fiume durante la Reggenza del Carnaro.

Nel libro Giuseppe Mastrangelo ricostruisce in modo puntuale alcuni episodi centrali nell’epopea di Fiume e descrive la fascinazione che gli uomini di D’Annunzio esercitano su Vittoria e il rapporto che la giovane instaura con alcuni dei personaggi che furono protagonisti dell’esperienza fiumana nel periodo di permanenza della giovane fino alla fine dell’avventura con il Natale di sangue del 1920.

Tra questi naturalmente spicca Guido Keller, la cui figura incarna in assoluto l’unicum dell’impresa fiumana e fa  risaltare quanto fosse forzata una lettura puramente ideologica della storia.

Il fascino di Guido Keller

Guido Keller (1892-1929) aviatore partecipò alla Prima guerra mondiale e fu uno dei protagonisti dell'impresa fiumana guidata da Gabriele D'AnnunzioGuido Keller rappresentava per molti versi un’antitesi radicale al modello di uomo che sarà poi fatto proprio dal fascismo ma anche allora predominante nella società borghese del tempo. Keller amava gli animali, amava la natura, era un intellettuale studioso dell’esoterismo e fondatore a Fiume della società Yoga, prima ancora che essere un uomo d’azione, avendo peraltro militato anche nella squadriglia di Francesco Baracca e svolto numerose missioni di guerra come cacciatore.

Si era ritrovato a fianco di D’Annunzio in nome di un’idea nazionale che reclamava il ricongiungimento di Fiume alla madrepatria, in aperto dissenso con la politica tenuta dal governo italiano in occasione della conferenza di pace, che non aveva prestato alcun ascolto alle aspirazioni delle popolazioni dell’Istria e della Dalmazia, in riconoscimento del loro diritto all’autodeterminazione.

La carica antiborghese dell’esperienza fiumana

Guido Keller tuttavia era molto di più: era un uomo estroso, un naturista che amava dormire nudo sull’erba o su un albero, che aveva un rapporto diretto con gli animali con i quali parlava e instaurava un filone di comunicazione personale e diretto.

Ambiguo dal punto di vista dell’orientamento sessuale, vissuto tuttavia con estrema leggerezza e questa, tra l’altro, è stata anche sicuramente una delle caratteristiche più marcate dell’esperienza fiumana che sono meglio colte nel romanzo.

Fiume, infatti, fu il primo esperimento di istituzionalizzazione della liberazione sessuale non solo nel nostro paese ma anche a livello europeo. Rappresentò una sorta di pre-Woodstock del secolo scorso e non solo dal punto di vista dei comportamenti individuali.

Tutto fu permesso sotto la sfera della licenza sessuale, tutto fu vissuto e tollerato con libertà ed estrema naturalezza ma addirittura tutto fu formulato anche sotto il profilo teorico.

La Carta del Carnaro

La Carta del Carnaro fu la costituzione della Reggenza italiana del Carnaro, scritta da Alceste De Ambris e rielaborata da Gabriele d'Annunzio, che venne promulgata a Fiume l'8 settembre 1920Per la prima volta, infatti, nella Carta del Carnaro venne stabilito il diritto alla felicità individuale e l’assoluta equivalenza nei diritti e nei doveri tra gli uomini e le donne. Non furono rare le occasioni, come poi l’esperienza di vita stessa della protagonista del romanzo dimostrerà, di donne che entravano nei reparti degli arditi ricevendo un addestramento militare per poi combattere in prima linea con ruoli operativi all’interno della milizia dannunziana.

La Carta del Carnaro rappresentò un esperimento rivoluzionario ed un’eredità che si sperava feconda per il futuro con l’obiettivo di porsi come Carta di riferimento di tutti i popoli alla ricerca della liberazione.

Il movimento fiumano tendeva infatti alla creazione di una sorta di internazionale dei popoli oppressi che in qualche modo si ponesse come modello alternativo rispetto a quello dominante occidentale ma anche rispetto a quello sovietico anche se non fu per caso che la Reggenza del Carnaro fu la prima istituzione a riconoscere il regime nato dalla rivoluzione dei soviet nel 1917, alla ricerca di punti di convergenza.

Le diverse spinte del movimento dannunziano

All’interno del movimento dannunziano convissero opposte spinte convergenti verso l’obiettivo primario del ritorno di Fiume alla madrepatria italiana ma nel contempo tutte accomunate dalla profonda soggezione nei confronti della figura del Vate.

D’Annunzio fu non solo il catalizzatore dell’impresa ma ne fu anche il suo più lucido rappresentante riuscendo a coniugarne gli aspetti politici ed estetici dal primo all’ultimo giorno.

La vicenda umana della protagonista e il percorso di liberazione personale che essa stessa compie all’interno dell’esperienza fiumana ben rendono l’idea di ciò che Fiume rappresentò soprattutto per la gioventù del primo dopoguerra.

A Fiume tutto fu permesso, tutto fu tentato e sperimentato e in questo percorso la nostra protagonista compie un percorso di maturazione individuale liberandosi di tutte le incrostazioni che l’educazione borghese le aveva lasciato promettendo a se stessa di vivere la vita secondo il disegno che lei stessa si sarebbe data.

Vittoria si trasforma in Olocausta

La ragazza entra a Fiume come Vittoria (assumendo in alcuni momenti l’identità maschile di Vittorio in un’assoluta indistinzione di ruoli) e ne esce come Olocausta, sinonimo fisico e personificazione stessa della città liberata, così appellata dal Vate stesso.

Tutto questo inquadrato in un contesto eccezionale, in cui convissero amore e guerra, azione ed elaborazione teorica.

Il romanzo rende efficacemente il clima dell’epopea fiumana. Anche se si concentra maggiormente sugli aspetti legati alla sfera della liberazione individuale riesce tuttavia con molto equilibrio a porre all’interno della vicenda gran parte delle figure che vi presero realmente parte.

Tra queste ci piace ricordare la figura di Giovanni Comisso coprotagonista con Keller della società Yoga ed appartenente alla «Disperata», la squadra di Arditi cui era demandata la scorta e la protezione di D’Annunzio, alla quale Vittoria si aggregherà.

Giovanni Comisso e Arturo Martini

Lo scrittore Giovanni Comisso (1895-1969) combattente della Prima guerra mondiale e Legionario a FiumeNegli anni precedenti alla guerra Giovanni Comisso così si esprimeva descrivendo il suo rapporto con Arturo Martini, altro gigante nella storia dell’arte italiana: «Egli allora mi parlava di infinito, della nostra vita umana nel limite del tempo, della necessità di arrivare alle grandi creazioni per sfidare le stelle e la nostra morte. Alle sue parole mi commuovevo fino al pianto e veramente per me egli era il Maestro, il fratello maggiore, il compagno più esperto che dissipava le grandi nebbie che ancora mi avvolgevano nella mia timida giovinezza».

Arturo Martini (1889-1947). Combattente nella Prima guerra mondiale fu scultore, pittore e incisore Questa aspirazione alle grandi creazioni, alla vita vissuta intensamente, alla ricerca estrema dell’affermazione di sé, rappresentò la molla che spinse verso Fiume la parte più irrequieta della gioventù italiana del tempo ed in questo contesto ben si colloca ed è ben raccontata la vicenda della protagonista del romanzo.

Come anche del resto il riferimento ad Henry Furst e Léon , uno scrittore statunitense, l’altro musicista e letterato belga, che attraverso il progetto della Lega di Fiume avevano tentato, seguendo la suggestione del Vate, di trasformare la città nella «Patria delle patrie» per tutti i popoli oppressi.

La figura di Alceste de Ambris

Gabriele D'Annunzio appunta una medaglia sul petto di Alceste De Ambris (1874-1934). Sindacalista, giornalista e politico, De Ambris fu il fondatore e il maggior esponente del sindacalismo rivoluzionario italiano Un romanzo completo quindi, robusto, che incuriosisce perché sviluppa larga parte dei temi connessi all’esperienza fiumana e che contribuisce in modo efficace ad alimentare interesse nei confronti di un periodo storico che troppo spesso è stato liquidato come espressione di decadentismo dal punto di vista della figura di D’Annunzio e come oscurantismo nazionalista dal punto di vista politico.

Ci piace ricordare in quest’ottica anche la figura di Alceste de Ambris coautore ed estensore con D’Annunzio della Carta del Carnaro, che fu tra coloro che percepirono l’assoluta novità rivoluzionaria di quello che stava avvenendo a Fiume e che cercarono in qualche modo di rendere sostanziale e duratura nel tempo quell’esperienza, non riuscendo nell’impresa ma sicuramente contribuendo in modo decisivo alla sua diffusione.

Il libro di Giuseppe Mastrangelo non trascura di soffermarsi anche su quello che ha rappresentato l’aspetto liturgico dell’esperienza dannunziana, strutturato sulla comunicazione diretta con il popolo, sul linguaggio evocativo e diretto nei confronti della massa e soprattutto rende molto efficacemente il clima di festosa allegria che si respirava durante quell’esperienza, in un alternarsi di gioia infantile e senso della tragedia imminente.

Olocausta stimolerà e incuriosirà il lettore, favorendo una riflessione non inquinata da pregiudizi ideologici di tutta la vicenda fiumana e dell’opera dannunziana.

Adriano Minardi Ruspi

 

Giuseppe Mastrangelo
Olocausta
Santelli editore, pp.201

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