A TAVOLA DOPO COLOMBO

Il pomodoro
e i suoi amici americani

I pomodori e molti altri alimenti della nostra cucina arrivarono dopo la scoperta dell’America

 

In questo periodo, in cui siamo costretti a casa, molti, per passione o anche solo per necessità, anche tra i più insospettabili, hanno scoperto il gusto per la cucina. Abbiamo trattato delle affinità tra la cucina etrusca e la nostra in un articolo pubblicato qualche giorno fa, poi una mia cara cugina che vive all’estero, mi ha chiesto di scrivere qualcosa sulle influenze che la scoperta dell’America, da Colombo in poi, ha apportato alla cucina italiana.

In cucina. Il pomodoro datterinoPensandoci bene, se in cucina abbiamo cambiato qualcosa, lo dobbiamo ai prodotti di oltreoceano. Quelli sì che hanno stravolto le nostre usanze culinarie! La leggenda vuole che siano dieci i prodotti importati dalle Americhe. Il problema è ricordarseli tutti e magari se ne venisse fuori qualcun altro?

Il primo pensiero va al mio piatto preferito, le pennette al pomodoro, ma poi le patate al forno? Poi penso al tabacco della Virginia, il Bright. Qui mi scende un velo e non mi ricordo altro. Inutile, bisogna sforzarsi e trovarli questi dieci, tre li ho ricordati, ne mancano ancora sette.

Correva l’anno 1492, la Nina, la Pinta, la Santa Maria… allora: il pomodoro, quasi impensabile ma fino a 500 anni fa non lo conoscevamo, come avremo fatto senza il re degli ortaggi, che poi è un frutto, sviluppandosi da un fiore.

Dai pomi viola all’odierno pomodoro

I pomodori che arrivarono in Europa erano molto diversi da come li conosciamo ora. Aspetto diverso (colore viola) e capacità di crescita della pianta differente: i nostri botanici lavorarono non poco per adattare il pomo d’oro e trasformarlo in pomodoro adatto ai nostri climi ed alle nostre tecniche agronomiche.

Lavorarono così tanto che oggi, in Italia, ne esistono più di 320 varietà. I nostri viaggiatori li trovarono tra l’attuale Messico ed il Perù, dove gli Aztechi li coltivavano chiamandoli Xitomati. Dobbiamo all’eredità Azteca l’invenzione del mio sugo preferito.

Non vi ricorda il termine inglese tomato? Va be, non è stato proprio Colombo a portarlo in Europa, un suo collega, una cinquantina d’anni dopo lo recapito alla reggia di Versailles proprio per impressionare il Re Sole.

Dal suo colore paglierino, prima della completa maturazione, deriva il nome di Mela Aurea, battezzato così dal botanico italiano Pietro Mattioli. All’inizio era considerato solo un ornamento esotico, qualcuno aveva affibbiato al frutto doti afrodisiache, ma ci volle una carestia, quella che attanaglio l’Europa nel 1600, per spingere gli europei ad iniziare a considerare il pomodoro un alimento. Poi da lì non c’è stato, come si dice, un domani.

La patata che spodestò la castagna

In cucina. Le patate sostituirono le castagna nella dieta mediterraneaE la patata? In Europa era sconosciuta in cucina sin al 1500. Dobbiamo ringraziare, stavolta, gli Inca tra Perù Messico e Bolivia. Loro la coltivavano da sempre. La riportò lo spagnolo Pizarro, anche questa non la possiamo attribuire a Colombo.

Ma fino al mille e cinquecento come avevamo fatto senza patata? La risposta è semplice, già tra gli Etruschi era diffusissima la castagna… dalle qualità culinarie simili. Del suo nome originario papa, è rimasta un’assonanza ma è chiara la radice.

All’inizio, non conoscendone le modalità di consumo, il suo uso era limitatissimo. All’ordine del giorno vi erano intossicazioni da solanina visti i tentativi di consumarla cruda. Così ne venivano mangiate solo le foglie.

Poi il colpo di genio venne ad un reale francese, o a qualche suo cuoco pazzoide, venne l’idea di cuocerla. Da allora, vista la facilità di crescita ad ogni clima e nella maggior parte dei terreni, la patata è stata la soluzione per rompere la fame di decine di generazioni.

Il mais lo portò Colombo

Un’altra immagine mi titilla le papille gustative: il mais. Oggi, forse la pianta, dopo il grano, più coltivata al mondo. Alla base dell’alimentazione di intere popolazioni ancora oggi, ha sostentato gli europei attraverso le varie carestie. Sempre più diffuso il suo uso anche in zootecnia ma è attualissimo il problema degli zuccheri estratti dalla sua spiga ed inseriti ovunque dall’industria alimentare.

Il mais lo dobbiamo al popolo Maya che ne andava ghiotto. Dovevano avere buoni denti visto che preferivano cibarsi dei chicchi essiccati al sole. È vero che sempre loro ci insegnarono, dopo averli essiccati, a macinare i semi per ricavarne la farina.

Il mais lo importò Colombo. Oh! Si segnò il nome col quale il popolo degli Arahuaco delle Colombia chiamava questa pianta, così da non dimenticarsene, ma qualcosa andò storto: Mahiz.

Il nome Grano Turco lo dobbiamo a quei testoni degli antenati di Sua maestà la regina Elisabetta Seconda. Siccome in quel periodo, tutto quello che era coloniale o esotico lo chiamavano «turco», chiamarono questo grano Turkey Wheat Corn, così poi noi, sempre rispettosi ed un po’ creduloni, lo traducemmo in Grano Turco.

Dai Maya la fava di cacao

La fava di cacao ci è stata regalata dai MayaIl quarto prodotto, memore dei tempi delle elementari, la mia compianta maestra Covarelli mi insegnò che era il cacao. La fava di cacao ci è stata regalata dai Maya. E ci deve piacere tantissimo se, come segnala la Fao, siamo arrivati a coltivarne, nel mondo, oltre quattro milioni di tonnellate all’anno.

Il cibo degli dei, «Theobroma cacao» come lo aveva battezzato Linneo, non ha mai visto una crisi, vedendo il suo consumo crescere costantemente ogni anno dalla sua importazione in Europa. Ma il cacao era da sempre apprezzato tanto da rappresentare una sorta di moneta, per i Maya, infatti, un chicco, non una bacca, valeva quattro pannocchie di mais perfette.

I fagioli portati in Europa dai portoghesi

Come vivremmo senza fagioli? Anche loro erano sconosciuti agli europei, infatti, provenienti dal Messico, Colombo li vide e ne portò qualche manciata di semi in tasca, ma chi veramente li importò e li commercializzò furono furono i Portoghesi più di cento anni dopo.

Troppo piccante il peperone originario

Il peperone, non ricordandone il nome originario, venne subito battezzato «pepe d’India». Infatti i primi esemplari coltivati in Europa erano piccanti più del pepe, ci vollero pazienti opere di ibridazione per ridurne, fino quasi ad annullare la concentrazione di capsaicina, così da annullarne in molte varietà la piccantezza.

Non dovrebbe mai mancare nelle tavole, visto che è l’alimento con maggiore concentrazione di vitamina C biodisponibile. Una curiosità: Napoleone Bonaparte ne era un grande appassionato, soprattutto dei sottaceto.

L’«immorale» peperoncino entra in cucina

In Cucina. Al suo arrivo il peperoncino fu giudicato «immorale»l peperoncino è frutto molto di moda negli ultimi anni, e alla base di molti sapori decisi, divenuti tipici del sud della nostra penisola. Venne portato indietro dalla spedizione colombiana al re di Spagna.

La sua diffusione vide un potente nemico soccombere: la Chiesa cattolica romana che lo aveva etichettato come «immorale» perché «suscitatore di insane pulsioni». Nonostante questa specie di scomunica, il peperoncino si diffuse rapidamente sino ad arrivare in tutto il bacino del Mediterraneo, spingendosi anche a nord per essere coltivato in serra.

La zucca di Halloween

Altro prodotto la zucca. Le zucche e le zucchine erano già conosciute ed utilizzate in Europa, probabilmente portate dall’India, ma queste erano zucche enormi: 25, 30 anche 50 cm di diametro. Parliamo delle zucche americane, le cui varietà ora sono prodotti tipici per esempio della pianura emiliana.

Un po’ d’acqua e questi semi, in tutto e per tutto simili a quelli delle zucchine, diventavano enormi. La rivoluzione si diffuse presto in un continente sempre affamato…

Il tacchino allevato dagli Aztechi

In Cucina. Il tacchino fu selezionato già dagli AtzechiUna storia a parte va dedicata al re dell’aia, il tacchino con la sua ruota. Apprezzato in cucina da greci e romani, ne cacciarono sino all’estinzione la varietà autoctona, così il nostro Colombo ne riportò il cugino da noi. Anche se, quindi sconosciuto, venne subito apprezzato soprattutto per le sue doti di cacciatore di serpenti, i contadini lo rispettavano e lo apprezzavano, fino al sommo sacrificio, soprattutto arrostito.

Ah, furono gli Aztechi a selezionarne per noi le caratteristiche in oltre 700 anni di allevamento. Le sue piume, infatti adornavano i loro copricapi nuziali. Sempre colpa dei nostri cugini zucconi d’oltre manica per il nome: Turkey Coch, abbreviandolo in Turkey, noi, sempre ostici con le lingue estere, storpiammo prima capendo Turchei poi modificando in turchino (anche per il colore di parte della livrea) poi tacchino.

L’Ananas chegou dal Brasile

In cucina. La pianta di Ananas originaria del BrasileAnche l’Ananas, ovviamente non è tipicamente nostrano, proveniendo originariamente dal Brasile, poco si è diffuso vista la sua difficile adattabilità ai climi europei, soprattutto di 500 anni fa. Da sempre considerato un frutto esotico, era allora preziosissimo, tanto da conservare il suo nome originario alquanto intatto. Gli Indios lo chiamavano anana, in lingua indio, profumo.

Questi i prodotti che da cinquecento anni hanno, in molti casi, rivoluzionato la nostra cucina, la nostra tavola e quindi la nostra vita.

Anche in questo articoletto ho accennato a vari problemi che hanno attanagliato l’Europa nel corso degli anni, come le carestie, non meno problematiche della pandemia alla quale stiamo resistendo. Come allora, il genere umano ha sempre trovato la soluzione per resistere fino alla scomparsa del problema. Anche stavolta ce la faremo.

Lino Rialti

 

 

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