LA NATURA DEL DUCE

Le bonifiche di M? Fallimentari
per gli storici coi paraocchi

La bonifica dell'Agro Pontino. Operari al lavoro per realizzare il Canale Mussolini

 

Sono passati cento anni dall’andata al potere e settantasette dalla caduta del Fascismo, travolto e dissolto nella tragedia della seconda guerra mondiale. Tuttavia le librerie sono inondate da libri sul Ventennio, nel tentativo di tenere in piedi quello che Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera ha definito «un perenne revival a scopo etico-ammonitorio». Non fa eccezione La natura del duce, scritto a più mani da Marco Armiero, Roberta Biasillo e Wilko Graf von Hardenberg per l’editore Einaudi.

Mussolini testimonial della battaglia del granoIl libro presentava un indubbio interesse in quanto affronta il tema specifico e poco indagato dell’ecologia fascista. Si è invece rivelato una trattazione disorganica di alcuni aspetti della politica del regime in relazione all’ambiente – bonifica, battaglia del grano, tutela dei parchi, energia idroelettrica e riforestazione, autarchia, politica coloniale – declinata tutta in negativo, attraverso banalizzazioni, semplificazioni, distorsioni.

Per gli autori de La natura del duce ogni iniziativa intrapresa dal regime era un sostanziale fallimento che, per di più, aveva come unico filo conduttore la violenza e il razzismo.

Così, per esempio, era violenza al territorio dell’Agro Pontino l’introduzione di alcune piante allogene, ovvero quegli eucalipti «decantati» dallo scomparso Antonio Pennacchi – che a leggere quello che viene detto della bonifica si farebbe grasse risate − «perché grandi assorbitori d’acqua e efficaci da dio come fascia frangivento».

E ancora la riforestazione a protezione dei piccoli salti per produrre energia idroelettrica pulita in alternativa alla combustione fossile era da considerarsi violenza in quanto creava zone di esclusione per l’attività di pascolo o la raccolta di prodotti forestali.

E così via per l’intero libro che si conclude con l’auspicio alla cancellazione nelle città e nel territorio italiano di ogni memoria del Ventennio e con l’esaltazione delle gesta del collettivo Wu Ming.

In conseguenza l’unico «successo» che gli autori sono paradossalmente costretti a riconoscere all’odiato regime è l’efficacia della propaganda che era stata in grado di mascherare così bene i fallimenti delle politiche ambientali del Fascismo contribuendo a produrre quell’enorme consenso in patria e il generalizzato apprezzamento all’estero che si protrasse fino alla vigilia del secondo conflitto mondiale.

La natura del duce è dunque un’occasione persa, «da non confondere – riprendendo l’articolo del Corriere citato sopra − con i veri libri di storia, che sono tutta un’altra cosa».

Vincenzo Fratta

Autori Vari, La natura del duce, Einaudi
Autori Vari
La natura del duce
Einaudi, pp.195

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