RAPPORTO CENSIS SUL LAVORO IN ITALIA

Record di occupati
e voglia di «lavorare meno»

 

In Italia aumenta la consapevolezza e l’apprezzamento del welfare aziendale, ma i lavoratori sono sempre più disaffezionati al lavoro, chiedono di essere ascoltati e reclamano più attenzione da parte delle aziende alla qualità della loro vita. È questo il quadro che emerge dal 7° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, «Il welfare aziendale e la sfida dei nuovi valori del lavoro», realizzato con il contributo di Credem, Edison, Michelin e Ovs, e pubblicato il 21 febbraio 2024.

Il Rapporto si inserisce in una fase storica del mercato del lavoro italiano segnata da un paradosso inedito: il record di occupati, un trend di creazione di lavori più stabili e una maggiore presenza di donne nel mondo del lavoro convivono con una diffusa disaffezione al lavoro e un rapporto soggettivo con esso sempre più friabile.

È in tale contesto che si inserisce la riflessione sul welfare aziendale, che in questi anni ha visto decollare diffusione e apprezzamento, insieme ad una certa fibrillazione normativa e, più ancora, all’obbligo di adattarsi alle mutevoli esigenze sociopolitiche, come l’integrazione delle retribuzioni, il sostegno a determinate spese delle famiglie o, ancora, le politiche di impulso alla natalità.

Il welfare aziendale è chiamato a misurarsi con la nuova realtà del mercato del lavoro e con i suoi effetti nelle aziende. Trattenere e attrarre lavoratori diventa sempre più una priorità per le aziende, così come è una priorità per i lavoratori poter gestire tempi di lavoro flessibili e più contenuti.

Sono sfide sulle quali i protagonisti del welfare aziendale sono già in movimento, che però richiedono un salto di qualità culturale prima ancora che operativo.

Il record degli occupati

Record di occupati in ItaliaMigliora di molto il mercato del lavoro italiano, con record di occupati, crescita del lavoro più stabile e, sia pure con minore intensità, maggiore presenza di donne. Restano però criticità rilevanti, come la scarsità di lavoratori più giovani e il decollo dei più anziani e le disparità di genere, impressive nella diversità dei tassi di occupazione di padri e madri.

Avere figli in Italia è ancora incredibilmente una scelta penalizzante, e per le donne troppo spesso significa l’obbligo di uscire dal lavoro per colmare le carenze nei servizi di care. Questo stato del mercato del lavoro incrocia una crescente e diffusa ridefinizione del rapporto soggettivo con esso e della sua collocazione nella scala dei valori individuali e della società.

È con questo scenario che le aziende devono confrontarsi: sempre meno lavoratori, a causa della scarsità di giovani, sempre meno interessati a darci dentro. L’amplificata attenzione delle persone per il proprio benessere soggettivo non passa in via prioritaria da carriere scintillanti nel lavoro, laddove possibili, ma dalla capacità di recuperare tempo per sé stessi, la famiglia, le cose che appassionano.

Una caccia al tempo per sé che ha portato, ad esempio, tanti lavoratori a rinunciare a lavori con condizioni migliori di quello attuale perché la sede era troppo distante da casa. In tale contesto, sono inevitabili mutamenti radicali nella gestione delle risorse umane e nelle priorità di investimento delle aziende.

Ricerca della qualità della vita

Far crescere il welfare aziendale come promozione di una più alta qualità della vitaIl welfare aziendale è oggi una straordinaria risorsa, ormai conosciuta e molto apprezzata dai lavoratori, che però potrebbe essere molto di più dello strumento flessibile che in questa fase la politica di volta in volta adatta alle proprie finalità del momento.

Per questo il welfare aziendale deve recuperare autonomia, e una strada praticabile è quella di affiancare agli apprezzati benefit a integrazione dei redditi altri servizi accessibili a tutti i lavoratori, modulandoli però sulle esigenze specifiche di ciascuno.

Non più solo benefit e servizi per categorie particolarmente vulnerabili (ad esempio, per soli lavoratori con figli o con familiari non autosufficienti ecc.), ma servizi di promozione del benessere a cui tutti i lavoratori possono essere potenzialmente interessati. È l’upgrading culturale, già avviato, che porta il welfare aziendale oltre la logica puramente riparativa per diventare welfare di promozione di una più alta qualità della vita.

Uno sviluppo che consentirà al welfare aziendale di essere molto utile per le aziende, alle prese con la inedita competizione per trattenere o attrarre lavoratori, oltre che capace di ampliare la platea di lavoratori che lo apprezzano.

Priorità, lavorare meno

Dal report emerge che il 67,7% degli occupati italiani in futuro vorrebbe ridurre il tempo dedicato al lavoro: lo desidera il 65,5% dei giovani, il 66,9% degli adulti e il 69,6% degli over 50. Già oggi il 30,5% degli occupati (il 34,7% tra i giovani) dichiara di impegnarsi nel lavoro lo stretto necessario, rifiutando gli straordinari, le chiamate o le mail fuori dall’orario di lavoro ed eseguendo solo quel che gli compete per mansione.

Per il 52,1% degli occupati il lavoro attualmente influenza meno la vita privata rispetto al passato, perché si dedica ad attività e ha valori che reputa più importanti. Condivide tale condizione il 54,2% dei giovani, il 50,1% degli adulti e il 52,6% degli anziani.

Quasi il 28% ha rinunciato a un lavoro migliore di quello attuale perché la sede era troppo distante dalla propria abitazione.

Il costo professionale dei figli

Nel 2022 le dimissioni e risoluzioni consensuali dal lavoro relative a genitori con figli sino a un anno di età, hanno coinvolto 44,7 mila madri e 16,7 mila padriIl tasso di occupazione delle donne con figli è pari al 58,6%, quello degli uomini con figli all’89,3%. Il divario a scapito delle donne è di -30,7 punti percentuali, mentre in Germania è pari a -17,4, in Francia a -14,4, in Spagna a -19 e in Grecia a -29,1.

L’arrivo dei figli rilancia un modello tradizionale di famiglia, con l’antica divisione per genere dei compiti. Nel 2022 le dimissioni e risoluzioni consensuali dal lavoro relative a genitori con figli sino a un anno di età, hanno coinvolto 44,7 mila madri e 16,7 mila padri.

Riguardo alle ragioni delle dimissioni, il 41,7% delle madri e il 2,8% dei padri si sono dimessi per difficoltà a conciliare il lavoro con la cura dei figli a causa della carenza dei servizi di cura, e il 21,9% delle madri e il 4,3% dei padri per difficoltà nel conciliare lavoro e cura dei figli a cause di problematiche legate al lavoro in azienda.

Le dimissioni e risoluzioni consensuali di lavoratori genitori con figli fino a un anno erano 39.738 nel 2017 e sono oltre 61.000 nel 2022. Il tasso di occupazione femminile resta basso anche per le donne senza figli: è pari al 66,3%, mentre per i maschi senza figli è pari al 76,7%.

La corsa verso lavori migliori

Reputano adeguata l’attenzione aziendale, il 61,5% degli occupati in relazione alle esigenze dai lavoratori con figli, il 71,0% a quelle delle donne che rientrano dalla maternità, il 62,9% alle esigenze delle persone con una salute fragile, e il 52,3% alle condizioni basiche dei lavoratori, ad esempio la sicurezza.

Invece, per il 61,7% degli occupati l’azienda non è abbastanza attenta al benessere psicofisico generale di tutti i lavoratori, anche di quelli senza problematiche specifiche. Sottolineano di più questo deficit di attenzione aziendale gli impiegati (62,3%) e gli operai (68,4%).

Circa 23,1 milioni gli occupati in Italia nel 2022: il dato più alto di sempre. Più lavoro stabile: tra 2019 e 2023 (terzo trimestre) +5,0% di permanenti e -4,5% a termine.

Inoltre, non c’è alcuna fuga dal lavoro, piuttosto una corsa verso lavori migliori. I dati Inps indicano che il tasso di ricollocazione a tre mesi dei dimessi volontari con meno di 60 anni è stato pari al 67,0%, quindi più alto rispetto agli anni precedenti.

Il valore del welfare aziendale

Il welfare aziendale è oggi una straordinaria risorsa, ormai conosciuta e molto apprezzata dai lavoratoriLo conoscono sempre più lavoratori: l’81,8% degli occupati sa cos’è il welfare aziendale (il 32,7% in modo preciso e il 49,1% a grandi linee), mentre nel 2018 era il 60,2%.

Il welfare aziendale è anche molto apprezzato e desiderato, poiché tra i lavoratori che ne beneficiano l’84,3% lo vorrebbe potenziato, e tra coloro che non ne beneficiano l’83,8% vorrebbe fosse introdotto nella propria azienda.

Inoltre, il 79,5% degli occupati apprezzerebbe un aumento retributivo sotto forma di una o più prestazioni di welfare. Lo afferma il 94,2% dei dirigenti, il 78,2% degli impiegati e il 74,8% degli operai. Il welfare aziendale può diventare uno degli strumenti migliori per trattenere o attrarre i lavoratori.

Maria Facendola

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