MOSAICO UCRAINA

Viaggio tra le minoranze etniche
perseguitate dai sovietici

Mosaico Ucraina. Tatari di Crimea in una foto storica

 

Il ritorno della guerra in Europa, determinato dall’invasione russa dell’Ucraina, non poteva non avere riflessi anche in campo editoriale con il proliferare di instant book, più o meno interessanti, centrati in genere su tematiche militari, analisi geopolitiche e profili dei leader delle due nazioni. Si distacca dalle altre la scelta di Bottega Errante Edizioni di dare alle stampe Mosaico Ucraina, un reportage della giornalista Olesja Jaremčuk sulle minoranze etniche presenti nel suo paese.

Tatari fuggiti dalla Crimea dopo l'occupazione russa del 2014Uscito in lingua originale nel 2018 Mosaico Ucraina è un viaggio alla scoperta di quattordici minoranze etniche che vivono entro i confini ucraini: cechi, slovacchi, turchi mescheti, svedesi, rumeni, ungheresi, rom, ebrei, liptak, gagauzi, tedeschi, valacchi, polacchi, tatari di Crimea e armeni.

Nel reportage mancano gli italiani di Crimea, deportati dai sovietici in Kazakhistan nel 1943. Soltanto in anni recenti i sopravvissuti avevano cominciato a tornare a Kerc per finire purtroppo ancora una volta in un territorio controllato da Mosca che nel 2014 ha occupato la regione.

È proprio la deportazione ad opera dei bolscevichi – subita prima, durante o dopo la Seconda guerra mondiale – la caratteristica che accomuna le diverse comunità etniche incontrate nel suo viaggio da Olesja Jaremčuk.

Il rullo compressore sovietico

Nel Ventesimo secolo il rullo compressore sovietico è passato sopra tutte le minoranze etniche, cercando di imporre loro una uniformazione ideologica, linguistica, culturale e antireligiosa.

Un passato di violenze, uccisioni e trasferimenti forzati che ha determinato sia la drastica diminuzione del numero dei componenti delle diverse comunità sia la loro attuale localizzazione all’interno del territorio ucraino.

Nonostante ciò, i sopravvissuti non hanno dimenticato la loro lingua madre e le usanze della loro terra. Il russo resta per loro soltanto la lingua veicolare del passato mondo sovietico.

Per Kyïv sono tutti cittadini ucraini allo stesso modo, indipendentemente dal gruppo etnico, dalla lingua parlata e dalla religione praticata. Con l’indipendenza l’Ucraina ha infatti abbandonato la pratica del passaporto interno in uso nell’Urss, che prevede la doppia cittadinanza sovietica ed etnica (russa, uzbeka, lettone, ebraica, ucraina, eccetera), formula ancora in vigore nella Federazione Russa.

Sulla linea del fronte

Mentre la maggior parte delle minoranze etniche oggetto del reportage vivono nell’Ucraina Occidentale, alcune meno fortunate si trovano nelle regioni invase dei russi nel 2022.

Nell’oblast di Cherson vivono la piccola minoranza svedese e i tatari di Crimea. I primi a Zmiivka, lungo il fiume Dnipro, e i secondi nella cittadina di Novooleksiivka.

Nella regione di Doneck a Vasjukivka nei pressi di Bachmut vivono i turchi mescheti mentre una comunità rom è insediata ai margini della cittadina mineraria di Torack.

Lasciando alla curiosità del lettore approfondire le vicende storiche legate alle altre testimonianze raccolte dall’autrice di Mosaico Ucraina, ci limitiamo a tratteggiare qui le vicissitudini delle due comunità di regione musulmana.

I tatari di Crimea

La popolazione tatara di Crimea fu deportata nel 1944 a Taškent in Uzbekistan. Stipati in vagoni merci molti morirono durante il viaggio, altri di stenti nella steppa uzbeka. Ai morti durante il tragitto non era concessa sepoltura. Venivano gettati fuori dai vagoni e i loro corpi divenivano preda degli animali selvatici.

Quando sul finire degli anni Cinquanta fu concesso ai tatari di tornare in patria non tutti riuscirono a farlo. E così molti si fermarono alle porte della Crimea, nella cittadina di Novooleksiivka nella regione di Cherson.

Il loro numero è aumentato dopo le violenze etniche scoppiate nel 1989 nella città di Fergana nell’Uzbekistan orientale che hanno indotto i tatari a cercare di rientrare in patria. Ed è cresciuto ancora nel 2014 dopo l’occupazione russa della Crimea.

Sui diecimila abitanti di Novooleksiivka più di quattromila sono tatari, o meglio lo erano al momento del viaggio compiuto da Olesja Jaremčuk. Oggi la cittadina rientra nei territori occupati dai russi dopo l’invasione del febbraio 2022.

I turchi mescheti

Come accaduto ai tatari di Crimea, anche i turchi che vivevano nella zona montagnosa della Moschia nella Georgia sud-occidentale nel 1944 furono deportati in Uzbekistan. Stesse sofferenze durante il lungo viaggio nei vagoni merci, stessa vita di stenti nella località di destinazione e medesima necessità di abbandonare Fergana e Samarcanda dopo i pogrom del maggio 1989.

Quasi tutti i turchi mescheti lasciarono infatti l’Uzbekistan: circa 90mila se ne andarono in Russia, più di 30mila in America e circa 10mila in Ucraina. Alcune centinaia si sono stabiliti nel centro e nelle frazioni del comune di Vasjukivka nella regione del Doneck mentre altri gruppi si sono sparpagliati nelle regioni di Cherson, Charkiv e Luhansk.

In soccorso dei mescheti, finiti sulla linea del fronte fin dal 2014 dopo l’apertura delle ostilità da parte delle autoproclamate repubbliche indipendentistiche di Doneck e Luhansk, è intervenuta la Turchia che ha varato una politica di accoglienza dei rifugiati.

Nel 2015 c’è stata l’assegnazione di case ad un primo gruppo di coloni nella città di Erzincan nel nord est della Turchia. Altre assegnazioni dovrebbero essere state effettuate negli anni successivi mentre non ci è dato di sapere quale sia la situazione odierna.

Alcuni dei sopravvissuti incontrati hanno voglia di raccontare le proprie vicende famigliari e quelle del loro gruppo etnico, e di offrire ad Olesja Jaremčuk un piatto tipico della loro cucina del quale certo non hanno dimenticato la ricetta. Ma altri, sui quali il terribile retaggio del passato incombe ancora come un macigno, davanti all’intervistatrice preferiscono ancora oggi tacere.

Vincenzo Fratta

 

 

 

Olesja Jaremčuk
Mosaico Ucraina
Bee, pp.185

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