MEDIO ORIENTE IN FIAMME

Il ruolo della flotilla
e il bivio morale dell’Italia

La Global Sumud Flotilla, il convoglio marittimo umanitario diretto alle coste di Gaza, è una cartina di tornasole per misurare la coerenza morale e politica delle democrazie occidentali, Italia inclusa.

 

La Global Sumud Flotilla, il convoglio marittimo umanitario diretto alle coste di Gaza, non è solo un’iniziativa simbolica: è una cartina di tornasole per misurare la coerenza morale e politica delle democrazie occidentali, Italia inclusa.

Il suo intento di rompere il blocco navale imposto da Israele su Gaza per portare aiuti umanitari costringe a un ragionamento binario, ma cruciale sulla legittimità o meno dell’iniziativa. Vediamone i termini:

L’iniziativa è illegittima

Se si considera illegittimo il tentativo di forzare il blocco navale, allora le navi italiane che partecipano alla flotilla dovrebbero essere fermate con fermezza. Non si tratta di un invito diplomatico, ma di un’intimazione formale: non proseguire oltre. Si rischia infatti l’ipotesi di cui all’art. 244 c.p., atti ostili verso uno Stato estero.

In questo scenario, il Governo italiano si schiererebbe implicitamente a favore del blocco israeliano, assumendosi una corresponsabilità diretta nella crisi umanitaria che affligge Gaza.

Non si può ignorare che il blocco, secondo numerose organizzazioni internazionali, ha effetti devastanti sulla popolazione civile, privandola di beni essenziali, cure mediche e libertà di movimento.

L’iniziativa è legittima

Se invece si ritenesse legittimo il tentativo della flotilla, allora è il blocco navale a essere illegittimo. In questo caso, le nazioni libere – Italia inclusa – dovrebbero impegnarsi attivamente per garantire un corridoio umanitario sicuro, dissuadendo ogni attacco alla flottiglia.

Non basta la solidarietà verbale: servono azioni concrete, protezione diplomatica e, se necessario, scorte navali. Il diritto internazionale non può essere piegato alla convenienza geopolitica.

L’obiezione umanitaria

L’Obiezione umanitaria «I viveri possono essere consegnati da canali ecclesiastici», apparentemente rassicurante, si scontra con due realtà:

  • I viveri, anche se canalizzati attraverso enti religiosi, verrebbero comunque sottoposti al controllo delle autorità israeliane. Questo significa che l’aiuto umanitario diventa arbitrario, soggetto a ritardi, selezioni e possibili rifiuti. Il passaggio, aperto una tantum, sarebbe chiuso il giorno dopo.
    In pratica, si delega la sopravvivenza dei civili palestinesi a chi occupa e impone il blocco, nonostante abbia già disatteso ogni dovere umanitario a riguardo. L’emergenza è infatti dettata proprio dall’assedio chiamato e imposto dal 7 ottobre 2023, in una forma che non ha eguali nella storia, dipendendo Gaza totalmente dall’esterno.
  • La Chiesa, pur animata da spirito caritatevole, non dispone dei mezzi logistici, diplomatici e militari per garantire la consegna sicura e continua degli aiuti. Non si può addossare a un’istituzione religiosa la responsabilità di salvare vite umane in un contesto di guerra e assedio. Non a caso questo onere era stato assolto dall’Onu.

L’obiezione politica

L’obiezione politica «Non vogliamo inimicarci Israele», che punta alla prudenza diplomatica, è contraddetta dai fatti:

  • Israele, pur essendo formalmente alleato dell’Italia, ha compiuto attacchi contro personale Unifil, mettendo in discussione la tenuta dell’alleanza stessa. Se davvero fosse un alleato stabile, la dissuasione diplomatica dovrebbe funzionare meglio.
  • L’Europa, Italia inclusa, ha sostenuto militarmente l’Ucraina contro la Russia, nonostante le pesanti conseguenze economiche e geopolitiche. Eppure, in quel caso non c’erano accuse di genocidio né l’uso della fame come arma di guerra. Perché allora si esita di fronte a Gaza?

L’Italia al bivio

Recentemente, l’Italia si è distinta per essersi rifiutata di riconoscere lo Stato Palestinese, una posizione che la pone dietro persino a San Marino nella storia del riconoscimento internazionale. Il rifiuto non è solo simbolico: è il segnale di una politica estera priva di autonomia, che in ossequio all’alleato americano finisce per fare da stampella al regime israeliano, senza manifestare una propria visione strategica.

La fregata italiana, inviata nel Mediterraneo, si limiterà ad assistere eventuali naufraghi, ma non difenderà le navi italiane da attacchi potenzialmente letali. È una presenza passiva, che non tutela né la dignità nazionale né la vita dei civili coinvolti.

La Global Sumud Flotilla ci costringe a scegliere: o si difende il diritto umanitario e la sovranità politica, o si accetta di essere complici di un assedio che affama e uccide. Non ci sono vie di mezzo. E il finale, segnatevelo: sarà scritto nella storia.

Armando Mantuano

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