In una recente intervista a Fox News il vice presidente degli Stati Uniti J.D. Vance ha illustrato in chiave teologica la visione politica di Donald Trump, ossia l’America First. Si tratta dell’ordo amoris, un tema conosciuto da pochi ma che sul tema dell’immigrazione divide nel profondo il mondo cattolico americano.
Lo slogan America First ― ha spiegato Vance ― vuole marcare le priorità di ogni nazione verso i propri cittadini, e poi verso i migranti. Più precisamente dice: «C’è questo concetto della tradizione (old school) che penso sia molto cristiano, che è quello di amare prima la tua famiglia, poi il tuo vicino, poi la tua comunità, poi i tuoi concittadini, e solo dopo puoi dare priorità al resto del mondo.
La sinistra ha invertito quest’ordine e sembra odiare le persone del proprio paese e prendersi più cura di quelle al di là dei confini. Non è assolutamente questo il modo di governare un paese».
Quando uno spezzone della sua intervista è stata criticato come anti evangelico dal professore Rory Stewart, il vicepresidente Usa ha replicato sul social X invitando l’interlocutore a leggere su Google il significato di ordo amoris, sostenendo che l’idea che non ci sia una gerarchia delle obbligazioni viola il senso comune. Concludeva poi la sua replica chiedendosi si se qualcuno «pensasse veramente che i doveri di Rory verso i suoi figli siano meno importanti di quelli di uno straniero che vive mille miglia lontano da lui?».
La lettera di Papa Francesco
La questione non è passata inosservata nelle gerarchie cattoliche ed è stata ripresa da Padre Martin, una padre gesuita che promuove una pastorale per le persone Lgbt, spesso inviso al mondo conservatore.
Poi, a sorpresa, è arrivata la lettera ai Vescovi Usa di Papa Bergoglio che focalizza la questione teologica nel contesto dell’accoglienza dei migranti e delle recenti politiche del governo Trump.
La lettera fa riferimento ai primi atti di governo del neo Presidente, e in particolare alla criminalizzazione dei miranti espulsi, fotografati in catene nel raggiungere un aereo: «Sto seguendo da vicino la grande crisi che si sta verificando negli Stati Uniti con l’avvio di un programma di deportazioni di massa.
La coscienza rettamente formata non può non compiere un giudizio critico ed esprimere il suo dissenso verso qualsiasi misura che tacitamente o esplicitamente identifica lo status illegale di alcuni migranti con la criminalità.
Al tempo stesso, bisogna riconoscere il diritto di una nazione a difendersi e a mantenere le comunità al sicuro da coloro che hanno commesso crimini violenti o gravi durante la permanenza nel Paese o prima del loro arrivo.
Detto ciò, l’atto di deportare persone che in molti casi hanno abbandonato la propria terra per ragioni di povertà estrema, insicurezza, sfruttamento, persecuzione o grave deterioramento dell’ambiente, lede la dignità di molti uomini e donne, e di intere famiglie, e li pone in uno stato di particolare vulnerabilità e incapacità di difendersi».
Il tema dell’«ordo amoris»
Nello specifico della questione teologica invocata dal Vice Presidente ― un neo convertito cattolico con una moglie di religione indù ― il Papa interviene così: «I cristiani sanno molto bene che è solo affermando la dignità infinita di tutti che la nostra identità di persone e di comunità giunge a maturazione.
L’amore cristiano non è un’espansione concentrica di interessi che poco a poco si estendono ad altre persone e gruppi. In altre parole: la persona umana non è un mero individuo, relativamente espansivo, con qualche sentimento filantropico!
La persona umana è un soggetto dotato di dignità che, attraverso la relazione costitutiva con tutti, specialmente con i più poveri, un po’ alla volta può maturare nella sua identità e vocazione.
Il vero Ordo amoris che occorre promuovere è quello che scopriamo meditando costantemente la parabola del ‘Buon Samaritano’ (cfr. Lc 10, 25-37), ovvero meditando sull’amore che costruisce una fratellanza aperta a tutti, senza eccezioni».
La speculazione di Sant’Agostino
Posto che ogni cattolico, J.D. Vance non escluso, è tenuto a formare la propria coscienza con gli insegnamenti autorevoli della Chiesa e del Vangelo, la citazione del vice presidente deriva dalla speculazione teologica di due Padri, Sant’Agostino e San Tommaso.
Sant’Agostino scrive (par. 29): «Tutti gli uomini debbono essere amati ugualmente, ma se non ti è possibile intervenire a vantaggio di tutti, devi di preferenza interessarti di coloro che ti sono strettamente congiunti per circostanze di luogo, di tempo o di qualsiasi altro genere, che la sorte ti ha per così dire assegnato.
Fa’ il caso che tu fossi nell’abbondanza di qualcosa da doversi dare a chi non ne ha ma che fosse impossibile darne a due.
Se ti si presentassero due persone, delle quali nessuna è più povera dell’altra o più legata a te da qualche parentela, niente di più corretto potresti fare che tirare a sorte colui al quale dare quell’oggetto che non può essere dato a tutti e due.
Allo stesso modo per il caso di più uomini che non puoi aiutare tutti contemporaneamente. È una specie di scelta fatta dalla sorte se qualcuno ti è unito in un grado superiore per legami temporali».
Le parole di San Tommaso
San Tommaso, poi, fa ulteriori distinzioni, facendo però riferimento ai diversi tipi di amore, conseguenti ai differenti rapporti naturali e sociali (Summa Theologiae, art. 8): «Perciò concludiamo che l’amicizia dei consanguinei è fondata sui legami dell’origine naturale; l’amicizia dei concittadini su una comunanza politica; e l’amicizia dei commilitoni sulla comune partecipazione alla guerra. E quindi nelle cose riguardanti la natura dobbiamo amare di più i consanguinei; in quelle riguardanti la vita politica dobbiamo amare di più i concittadini; e nelle cose di guerra i commilitoni».
Difficile quindi orientarsi per cerchi concentrici, si tratterebbe più che altro di relazioni e obbligazioni sociali che si intersecano.
Ad esempio, i doveri lavorativi, con quelli familiari, con quelli politici, con quelli religiosi.
Peraltro lo stesso San Tommaso in un’altra parte della Summa riferisce che: «In certi casi si deve aiutare più un estraneo, quando si trovasse in estrema necessità, che il proprio padre il quale non si trovi in tanto bisogno».
Discernere chi e come aiutare, infatti, è un esercizio che si compone per mezzo di quella virtù che è la prudenza, che non permette di fare preferenze a-prioristiche.
La ricerca del Bene Comune
Inoltre, la promozione del bene comune, cardine dell’azione sociale e politica dei cristiani, permette di valutare la situazione nel suo complesso, senza focalizzarsi su interessi particolari.
La dottrina sociale della Chiesa, poi, ha sempre posto l’accento sull’opzione preferenziale per i poveri, ossia la speciale sollecitudine per gli indigenti, sia da parte del singolo che da parte della comunità, facendo riferimento alla destinazione universale di tutti i beni, che devono essere a disposizione di tutti, quando nell’estremo bisogno. Questo per la speciale dignità di ogni soggetto umano, superiore a qualsiasi oggetto.
Dal punto di vista poi dell’azione politica, che è ovviamente il contesto della discussione, c’è un ulteriore precisazione da fare.
Non si può innanzitutto confondere il dovere verso la famiglia, ma anche quello lavorativo, con quello per i cittadini che sono uguali di fronte allo Stato, pena il clientelismo o il familismo, piaghe purtroppo non sconosciute in Italia.
La sovranità di una nazione si estende poi sui suoi cittadini, è vero, ma anche entro i suoi confini. C’è quindi un obbligazione statuale a provvedere a chi entra nel proprio territorio, per qualsiasi ragione, anche, qualora criminale, confinandolo in una prigione.
L’attuale politica statunitense, che è qualcosa di diverso da una mera regolamentazione dell’immigrazione, mira ovviamente a rendere difficoltose le partenze, attraverso però strumenti che rischiano di provocare ingiustizie, e lesioni della dignità di ogni persona.
Ciò al di là della considerazione sulla sostenibilità economica delle persone, anche straniere, più povere, da parte degli Usa, la nazione più ricca e potente al mondo.
Le ragioni dei trumpisti
La tabula rasa fatta dall’Amministrazione Trump, da considerare quasi un anno zero della politica americana, vuole fondare il futuro del suo paese sulla priorità degli americani.
L’isolazionismo, vivace anche in politica estera, tranne che per l’alleato Israele, da considerare però quasi un 51 stato Usa, è quasi un ripiegamento per ritrovare le proprie radici, e rappresenta una reazione a ciò che può definirsi mondialismo.
La tendenza della sinistra, stigmatizzata da Vance, è infatti quella di dare priorità all’astratto rispetto al concreto incarnarsi della propria situazione particolare.
Questa tendenza, ad esempio il vivere in un vago futuro, è proprio nel cuore della critica di quel avvincente volume, e in altri, dello scrittore C.S. Lewis (quello de Le cronache di Narnia) che si chiama le Lettere di Berlicche, che invito a rileggere.
Su questo piano il discorso di Vance è evangelico.
Gesù si è incarnato in un dato momento storico e in una data comunità e aveva obblighi e priorità comuni con i suoi concittadini e correligionari.
Allora come si compone l’amore e la responsabilità per le proprie realtà particolari in cui siamo chiamati ad operare con un messaggio evangelico e un impegno dal carattere universali?
Ebbene, questa è propriamente la riflessione più recente della Chiesa, accelerata sicuramente sotto il pontificato di Giovanni Paolo II.
L’amore per la famiglia non solo non è antitetico a quello sociale, ma ne è la palestra e insieme il complemento. Ogni famiglia non può bastare a sé stessa e ha bisogno di una rete sociale, da intrecciare nella propria comunità e che, in ultimo, deve essere garantita dal potere politico, attraverso l’assistenza.
Questo significa che si può amare il mondo solo partendo dalle proprie relazioni di vicinanza, in una forma non di esclusione, ma di diffusione.
Per assurdo non si potrà mai creare una solidarietà tra famiglie di nazioni, se non se ne tutela il paradigma, ossia la famiglia.
Se ne ricordino i critici di Vance.
Armando Mantuano