Riascoltando per radio Joan Baez che intonava Here’s to You mi è tornato subito alla mente il film di Giuliano Montaldo che portava sul grande schermo la vicenda di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Il caso dei due anarchici italiani rappresenta uno degli episodi più controversi e simbolici della storia processuale degli Stati Uniti, ma permette anche di comprendere le dinamiche sociali, politiche e culturali che attraversavano l’America nei primi decenni del secolo scorso.
 I due immigrati italiani furono accusati di omicidio e rapina a mano armata, ma la loro vicenda giudiziaria fu ampiamente considerata influenzata da pregiudizi razziali e ideologici, in un periodo in cui l’America era scossa da profonde tensioni sociali.
I due immigrati italiani furono accusati di omicidio e rapina a mano armata, ma la loro vicenda giudiziaria fu ampiamente considerata influenzata da pregiudizi razziali e ideologici, in un periodo in cui l’America era scossa da profonde tensioni sociali.
Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti erano emigrati negli Usa nel 1908, dove vissero facendo diversi mestieri. Nell’aprile del 1920, in un clima fortemente influenzato da pregiudizi e discriminazioni verso gli stranieri, furono arrestati con l’accusa di essere gli autori di una rapina dove morirono due persone.
All’epoca dei fatti, Vanzetti, di origini piemontesi, era fisicamente corpulento e aveva due folti e spioventi baffi neri che lo rendevano inconfondibile. Svolgeva il mestiere di pescivendolo. Sacco, invece, proveniva dalla Puglia e faceva il calzolaio.
Il periodo in cui si svolse il processo a Sacco e Vanzetti era segnato da forti tensioni legate all’immigrazione, all’ascesa del movimento anarchico e alla paura del cosiddetto «pericolo rosso».
Tra il 1919 e il 1920, gli Stati Uniti furono scossi da una serie di attentati anarchici e scioperi, fenomeni che alimentarono un’ondata di repressione contro i gruppi di sinistra, i sindacalisti e gli anarchici. Il clima di sospetto e paura collettiva, creò un ambiente particolarmente ostile verso gli stranieri e i dissidenti politici.
L’accusa ai due anarchici italiani
Sacco e Vanzetti, anarchici italiani e dichiarati sostenitori delle lotte operaie, furono vittime di questa atmosfera. Entrambi immigrati negli Stati Uniti in cerca di migliori condizioni di vita, si trovarono coinvolti nelle lotte per i diritti dei lavoratori e nelle battaglie contro lo sfruttamento e la disuguaglianza.
La loro militanza li rese facili bersagli delle autorità e dei gruppi conservatori che vedevano nel movimento anarchico una minaccia per la stabilità del paese.
Il giorno 15 aprile 1920, a South Braintree, nel Massachusetts, durante una rapina ad un calzaturificio, un contabile e una guardia giurata furono uccisi. Pochi giorni dopo, il 5 maggio, Sacco e Vanzetti furono arrestati e accusati del crimine.
Le prove contro di loro furono, fin dall’inizio, deboli e contraddittorie. Entrambi avevano alibi solidi e testimoni che confermavano la loro innocenza. Tuttavia, la loro condanna sarà dettata più dalla loro appartenenza politica che dai fatti.
Il processo, si svolse tra il 1920 e il 1921 e vide protagonisti della battaglia giudiziaria il presidente del tribunale di Dedham, Webster Thayer ed il pubblico accusatore, Frederick Katzman.
Il giudice Thayer, puntava alla carica di governatore del Massachusetts e si mostrò ostile agli imputati durante tutto il corso delle udienze che presiedette. Anche Katzman utilizzò le sue arringhe quale trampolino di lancio per il posto di procuratore generale dello Stato.
Testimoni chiave dell’accusa furono smentiti o si rivelarono inaffidabili, ma nonostante ciò, la giuria dichiarò Sacco e Vanzetti colpevoli di omicidio.
La mobilitazione internazionale
 Il caso Sacco e Vanzetti divenne presto un simbolo della lotta contro l’ingiustizia e la discriminazione. Intellettuali, scrittori, attivisti e persone comuni di tutto il mondo si mobilitarono per chiedere la revisione del processo e la liberazione dei due italiani. Tra i sostenitori più celebri vi furono personaggi come Albert Einstein, George Bernard Shaw e H.G. Wells.
Il caso Sacco e Vanzetti divenne presto un simbolo della lotta contro l’ingiustizia e la discriminazione. Intellettuali, scrittori, attivisti e persone comuni di tutto il mondo si mobilitarono per chiedere la revisione del processo e la liberazione dei due italiani. Tra i sostenitori più celebri vi furono personaggi come Albert Einstein, George Bernard Shaw e H.G. Wells.
Proteste e manifestazioni si svolsero in numerose città degli Stati Uniti e d’Europa, mentre giornali e riviste pubblicarono articoli che denunciavano l’inadeguatezza delle prove e il trattamento discriminatorio riservato a Sacco e Vanzetti.
Vanzetti rivolgendosi al giudice ebbe modo di dire: «Io non augurerei a un cane o a un serpente alla più bassa e disgraziata creatura della Terra. Non augurerei a nessuna di queste creature ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un anarchico, e davvero io sono un anarchico; ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano».
Nonostante la crescente pressione dell’opinione pubblica, le richieste di revisione del processo furono ripetutamente respinte. Inoltre nel 1925, un altro anarchico, Celestino Madeiros, confessò di essere stato coinvolto nella rapina di South Braintree e dichiarò l’innocenza di Sacco e Vanzetti, ma anche questa rivelazione fu ignorata dalle autorità.
La condanna a morte
Il 23 agosto 1927, dopo sette anni di battaglie legali e manifestazioni in loro favore, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti furono giustiziati sulla sedia elettrica. La loro morte sollevò un’ondata di indignazione a livello internazionale, e il caso divenne un simbolo duraturo delle lotte contro l’ingiustizia, il razzismo e la repressione politica.
Quando la sentenza fu eseguita, nel 1927, il fascismo era al potere in Italia da quasi cinque anni e consolidava la propria dittatura, perseguitando e imprigionando chiunque fosse ostile al regime, inclusi naturalmente gli anarchici.
Eppure, quando Sacco e Vanzetti furono giustiziati, il più grande quotidiano italiano, il Corriere della Sera, non esitò a dedicare alla notizia un titolo a sei colonne. In bella evidenza tra occhielli e sottotitoli campeggiava un’affermazione: «Erano innocenti».
Nel 1977, esattamente 50 anni dopo la loro esecuzione, il governatore del Massachusetts, Michael Dukakis, riconobbe ufficialmente le ingiustizie commesse durante il processo e proclamò «l’innocenza morale» dei due uomini, ammettendo che Sacco e Vanzetti non avevano avuto un processo equo.
Nel 1971 per il film Sacco e Vanzetti, diretto da Giuliano Montaldo, Ennio Morricone compose Here’s to You con il testo di Joan Baez. La canzone ebbe un grande successo e diventò un inno per ricordare le ingiustizie contro le persone oppresse in tutto il mondo.
La vicenda di Sacco e Vanzetti resta uno dei casi più emblematici di ingiustizia nella storia americana, un episodio che ha messo in luce le profonde divisioni sociali, culturali e politiche dell’epoca. Ancora oggi, Sacco e Vanzetti sono ricordati come martiri di una lotta per la giustizia e la dignità umana, simboli di resistenza contro il pregiudizio e l’oppressione.
Stefano Chirico
 
								