CAMPIDOGLIO

Raggi assolta,
flop Referendum

 

Il fine settimana appena concluso è stato importante per le vicende politiche della Capitale. Sabato il sindaco Virginia Raggi è stata assolta «perché il fatto non sussiste» nel processo sulla contestata nomina a dirigente di Dipartimento del fratello del suo ex braccio destro Raffaele Marra. Domenica il Referendum consultivo sulla liberalizzazione-privatizzazione del trasporto pubblico cittadino si è concluso con un nulla di fatto per la bassissima percentuale di romani che si sono recati alle urne.

Secondo le regole del M5S, che nella pratica si stanno rivelando sempre più astratte e non adeguate alle «asprezze» dell’agone politico, in caso di sentenza di condanna il sindaco avrebbe dovuto dare le dimissioni e probabilmente nel Movimento di Grillo si sarebbe aperta una nuova querelle sull’opportunità o meno di concedere una deroga al primo cittadino.

Lo scampato pericolo è stato celebrato dai grillini a suon di insulti ai giornalisti. Il vicepremier Luigi Di Maio li ha definiti «infimi sciacalli» mentre per l’ex deputato Alessandro Di Battista la categoria sarebbe composta da «pennivendoli e prostitute».

Alle esternazioni pentastellate hanno reagito con un comunicato il segretario generale e il presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana e con la sua nota arguzia la giornalista televisiva Lucia Annunziata che in apertura all’intervista al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ospite a «Mezz’ora in più» gli ha chiesto se lei fosse «più puttana o più pennivendola».

Al di là della vicenda giudiziaria, oggettivamente risibile, è invece evidente l’incapacità dell’amministrazione pentastellata a gestire la Capitale. Nessuno dei problemi di Roma è stato risolto e tutti si sono aggravati. È bene dunque che la condanna per l’incapacità del venga dai cittadini e non da tribunali.

Anche la stessa Raggi deve esserne consapevole al punto che, stando alle anticipazione della stampa, nella Giunta con il maggior turnover mai realizzato sarebbe imminente un altro «rimpasto» che riguarderebbe gli assessori «pesanti» ai Lavori Pubblici, Ambiente e Patrimonio.

Domenica si è svolto il Referendum consultivo comunale su due quesiti riguardanti la liberalizzazione-privatizzazione del servizio di trasporto pubblico cittadino.

Contando sulla generale consapevolezza dell’insufficienza e delle carenze dell’Atac, i Radicali soggetti politici proponenti la consultazione, poco interessati alla salvaguardia dell’interesse diffuso dei cittadini per la salvaguardia dei servizi pubblici essenziali (quali possono essere acqua, luce, gas, e appunto il trasporto pubblico), volevano affermare la loro propensione per il «mercato» sempre e comunque.

L’occasione referendaria costituiva un’ottima strumento per utilizzare le disfunzioni di Atac come grimaldello per sottrarre competenze dal pubblico a favore del privato e, al tempo stesso, era una buona occasione di visibilità politica.

È proprio la visibilità l’unico successo ottenuto dai promotori in quanto sul piano dell’affluenza alle urne il risultato è stato deludente, nonostante la consultazione fosse stata pubblicizzata come mai era successo in occasioni analoghe.

Stando ai dati del Campidoglio si è recato al voto soltanto poco più del 16% degli aventi diritto, mentre il quorum necessario per la validità della consultazione, pur ribassato rispetto al 50% dei referendum nazionali abrogativi, è fissato al 33,3%.

I radicali, fallito il «bersaglio grosso», cercano ora una coda di visibilità annunciando un ricorso al Tar. Mentre il sindaco su twitter prospetta un «impegno e sprint finale» per rilanciare il trasporto pubblico «con acquisto 600 nuovi bus, corsie preferenziali, più controlli e riammodernamento metro».

Vincenzo Fratta

 

Nella foto: Virginia Raggi alza gli occhi al cielo all’uscita del Tribunale dopo l’assoluzione. Sullo sfondo il sindaco sul tetto del Campidoglio in una famosa foto scattata nel settembre 2016.

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