QUARTIERE TRIESTE

Il sepolcro romano divenuto
la «Sedia del Diavolo»

Il sepolcro romano che divenne la Sedia del Diavolo

 

C’è una Roma edificata negli anni ’50 definita «quartiere Africano», parte del Quartiere Trieste, a ridosso del fiume Aniene, lì dove in passato c’erano solo campagna, pastori e pecore. Luoghi dove i ritrovamenti dei primi insediamenti umani risalgono alla lontana preistoria. È qui troviamo anche la «Sedia del Diavolo».

Camminando tra palazzi squadrati dalle facciate lisce si arriva al monumento funerario di Elio Callistio, nell’omonima piazza, un liberto ovvero una persona in stato di schiavitù che era successivamente affrancata, resa libera.

Il monumento funerario di Elio Callistio

I ruderi del sepolcro di Elio Callistio oggiLa struttura si presenta come caratteristica architettura funebre della Roma antica, sepolcro a tempietto della prima metà del II secolo d.C. È costruito su rocce di tufo. Aveva due piani ed era in parte interrata. Dentro c’erano archi e nicchie in cui si mettevano i sarcofagi.

Quando un romano moriva veniva lavato e poi oliato e rimaneva qualche giorno nell’atrio della sua casa, prima di spostarlo nel luogo di sepoltura. Solitamente lo avvolgevano in una toga bianca e se importante bianca e rossa.

Ai funerali dei defunti delle famiglie più benestanti potevano partecipare anche attori con indosso maschere degli antenati e suonatori di flauti e di trombe.

Dopo un elogio funebre il corpo veniva inumato e messo nella terra con una cassa oppure un sarcofago, oppure incenerito e la cenere si metteva in un vaso e poi dentro una fossa. Le persone più importanti avevano invece monumenti come a mausoleo oppure a tumulo.

Nel XII secolo il sepolcro di Elio Callistio sorgeva nel bel mezzo della campagna romana, a poca distanza dalla Basilica di Sant’Agnese fuori le mura, elevandosi, ben visibile, in chilometri di distese verdi, tra le valli dell’Aniene.

I fuochi accesi da viandanti e pastori

L'aspetto sinistro della Sedia del DiavoloEra riconoscibile, di notte, anche da molto distante grazie ai fuochi che i viandanti e pastori accendevano tra le sue mura. Infatti, durante la notte, uomini e pastori senza dimora vi si rifugiavano accendendo fuochi, facendo assumere al sepolcro un aspetto particolarmente tenebroso a causa del gioco di luci e ombre che si andava a creare.

La costruzione iniziò a essere chiamata «Sedia del diavolo» in seguito al crollo della facciata, quando i resti assunsero l’aspetto di una sedia con dei braccioli.

Il luogo, in cui è presente la «sedia», era collegato alla presenza di divinità oscure sin da tempi remoti avendo, le popolazioni italiche, interpretato l’attività dei fenomeni vulcanici, lungo le valli del fiume Aniene, come segni dell’esistenza di vie sotterranee per l’Ade pagano, che presto diventò l’Inferno cristiano.

L’interesse degli artisti per la Sedia del Diavolo

Successivamente si narra sorse la legenda sulle pietre del rudere come portatrici di soprannaturali capacità curative: alcuni scrivevano i propri desideri sul muro affinché si realizzassero mentre altri raschiavano frammenti di mattoni da utilizzare in pozioni magiche.

Ancora nel XVIII erano vive le suggestioni sulla Sedia del Diavolo, tanto che la gendarmeria pontificia dovette disperdere gli adepti di un profeta satanista, tale Marco Dominici, i cui raduni si tenevano proprio presso la Sedia.

Nei secoli passati la tomba interessò molti artisti che l’hanno dipinta nei loro quadri risultando distante ed isolata dalla città e non essendoci altre costruzioni nei paraggi. Questo, oggi, ci permette oggi di comprendere come appariva il territorio fino a circa centocinquanta anni fa.

La piazza, fu ufficialmente denominata «piazza Sedia del Diavolo» fino al 1958, quando assunse il titolo definitivo di piazza Elio Callistio.

Stefano Chirico

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