REFEREMDUM 11 NOVEMBRE

Atac privata?
No grazie

 

Roma si prepara a tornare alle urne, domenica prossima, 11 novembre 2018. Si tratta di un referendum consultivo sul futuro del trasporto pubblico della città. L’amministrazione capitolina non è costretta a seguire l’esito del voto, ma il peso politico dello stesso è notevole e difficilmente potrà non tenerne conto.

Grazie a questa consultazione ci si potrà dichiarare a favore o contro la messa a gara del servizio e, quindi, alla apertura al mercato concorrenziale. Il referendum riguarda le modalità di gestione del Tpl cittadino ed essendo la municipalizzata comunale Atac il principale gestore con affidamento diretto (tranne il 20 per cento delle linee di superficie periferiche) il voto deciderà delle sorti dell’azienda pubblica, per la quale è stata avviata la procedura di concordato preventivo. Sembrerebbe una buona iniziativa, peraltro sposata a singhiozzo dal Pd (neanche in questo sono tutti d’accordo) e pochi altri.

Molteplici, invece, le ragioni che sostengono il «No». Su tutte l’esperienza negativa di Roma Tpl, il consorzio privato che gestisce le linee bus periferiche, pari a circa il 20 per cento del servizio di superficie. Il servizio in questione viene definito «scadente» per l’utenza che ne fruisce e colpevole di riservare difficili condizioni ai lavoratori, rimasti spesso senza stipendio. Addirittura i sindacati per dare valore alle proprie ragioni riportano l’esperienza di Londra, dove «nel settore metro-ferroviario si è deciso di fare un passo indietro perché il servizio non era adeguato». Infine, ultima ma non meno importante, la perplessità dei sindacati sulle finalità: «I privati hanno interesse a fare profitti e non a fornire un servizio adeguato».

Tra i tanti soggetti che esprimono diniego, spicca il comitato «Mejo de no»: per questo direttivo esiste un problema infrastrutturale a Roma, visto che quasi tutto il servizio di Trasporto pubblico viene coperto con autobus, con la rete di metro e tram limitata.

«Con questa infrastruttura liberalizzare comporterebbe una riduzione del servizio», in quanto a servizio invariato e con lo stesso problema infrastrutturale da gestire «bisognerebbe solo posizionare la produzione di debito», dicono. Infine non si sottovaluti l’espansione incontrollata della città di Roma, che viene considerata «una questione strutturale che genera deficit». Insomma, per risolvere il problema del Tpl nella Capitale, ad Atac, andrebbero riservate le risorse che merita, e non un nuovo assetto societario.

Carmine D’Urso

Lascia un commento