Il CASINO DELL’AURORA

Un Caravaggio all’asta,
che nessuno vuole

Deserta a Roma la 1a asta per il Casino dell'Aurora

 

Tempi sempre più duri per l’arte in Italia. L’ultima conferma arriva da Roma dove, avendo abbastanza soldi, si può comprare il Casino dell’Aurora, all’interno della tenuta Boncompagni Ludovisi, ed ammirare così ogni volta che si vuole un affresco del Caravaggio.

La dea Aurora (1621) del Guercino che ha doro il nome al Casino di Villa Boncompagni LudovisiUn lusso per pochi ed infatti la prima asta, che si è svolta lo scorso 18 gennaio, è andata deserta.

La travagliata storia del Casino inizia nel 2018 con la morte del principe Nicolò Boncompagni Ludovisi e le liti degli eredi per la spartizione dell’eredità.

Poiché la situazione non si sblocca il Tribunale decide di porre il bene all’asta e incarica lo storico dell’arte Alessandro Zuccari di stimare l’immobile e gli annessi.

Il perito valuta il tutto 471 milioni di euro anche se oltre 300 di questi legati solo alla valutazione dell’affresco di Caravaggio fatta tenendo conto di alcune aste su quadri simili battuti recentemente anche se il dipinto del Merisi si trova su una parete, quindi non può essere né commercializzato né spostato.

L’opera pittorica appare quanto mai di valore non solo per il soggetto rappresentato, che allude al processo di trasmutazione dei metalli, ma anche perché Caravaggio vi sperimenta la tecnica ad olio, usata solitamente per i supporti in tela o su tavola.

Inoltre, tutto il bene è sottoposto ad alcuni vincoli e non permette ampi margini di speculazione anche perché la presenza dell’affresco obbliga il compratore a doversi rapportare con la Sovraintendenza per le Belle Arti che anche negli ultimi mesi ha controllato la struttura e lo stato di conservazione delle opere antiche tra cui «La Fama con l’Onore e la Virtù» del Guercino.

Non appena la notizia della messa all’asta dell’immobile e dei dipinti al suo interno si è diffusa e la rete si è mobilitata per chiedere allo Stato di intervenire, magari utilizzando i fondi del Pnrr.

Una petizione in tal senso ha già ottenuto migliaia di firme ma non l’effetto sperato, visto che per il momento le finanze pubbliche non permettono un esborso pubblico ed anche perché fin dalla sua costruzione tutta la struttura è sempre stata di proprietà privata.

Sulla vicenda è intervenuto anche il politico nonché esperto d’arte Vittorio Sgarbi che ha spiegato: «Ho suggerito al ministro Franceschini di aspettare che la base d’asta si abbassi fino a 150 milioni prima di intervenire».

Tutto ora rimandato alla prossima asta in attesa quindi di un mecenate o di un prezzo «abbordabile» per le casse pubbliche.

Fabrizio Di Ernesto

 

 

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