L’INSEGNANTE DI TORINO

Scuola di violenza
«antifascista»

 

Giovedì 22 febbraio, a Torino circa cinquecento esponenti dei centri sociali si sono scontrati con il cordone di sicurezza predisposto dalla questura, nel tentativo di raggiungere l’hotel dove era in corso il comizio del leader di CasaPound, Simone Di Stefano. I manifestanti hanno lanciato bombe carta con schegge e chiodi contro le forze dell’ordine e sei agenti sono rimasti feriti.

Davanti allo striscione che apriva il corteo «antifascista», lei, Lavinia Flavia Cassaro, insegnante, ha dato il meglio di sé. Con una bottiglia di birra in mano e il cappuccio del giubbotto calato in testa, ha affrontato la polizia gridando a squarciagola «merde», «vigliacchi», «mi fate schifo».

Dopo lo sfogo in strada Lavinia Flavia Cassaro, è stata avvicinata da un inviato di Matrix, e ha rincarato la dose. «Ho augurato la morte a polizia e carabinieri – ha spiegato al microfono – perché stanno proteggendo il fascismo. Io mi potrei trovare a lottare fucile in mano contro questi individui».

Il video è stato mandato in onda l’altra sera. Perfino Matteo Renzi, ospite in studio, si è sentito in dovere di replicare: «Che schifo. Un’insegnante che augura la morte di un poliziotto o di un carabiniere andrebbe licenziata su due piedi. Un’insegnante viene pagata per educare».

Ieri il ministero dell’Istruzione ha aperto il «caso Cassaro» chiedendo all’Ufficio scolastico regionale una relazione per valutare un eventuale provvedimento disciplinare contro la maestra. Non perché Renzi abbia chiesto la sua testa e, tutto sommato, nemmeno per l’inopportunità di dichiararsi insegnante mentre urlava di tutto e di più verso i poliziotti. Nella sua vita privata – è stata la prima valutazione – è libera di partecipare ai cortei che vuole e nei toni che preferisce. Ma certo era impossibile, dopo l’esplosione del caso, non farsi domande sulla sua capacità di mantenere la calma o di capire le necessità di bambini così piccoli.

Pino Lancia

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