LAZIO

Le nomine e i regalucci
di fine mandato Zingaretti

Il presidente dimissionario della Regione Lazio Nicola Zingaretti

 

Brutta la sigla, Egato, e brutta la denominazione, Enti di gestione ambiti territoriali ottimali. Ma ancora più brutta, e ben più sostanziale, è la vicenda che si sta svolgendo all’interno della Regione Lazio in rapporto alle nomine dei relativi vertici. Vale a dire, come riassumeva Repubblica il 3 dicembre scorso, «42 manager a più di 8mila euro al mese di stipendio». Alla faccia della logica. E dei cittadini.

Per la Regione Lazio si volterà il 12 febbraio 2023Com’è noto, infatti, siamo ormai a fine mandato e in attesa delle nuove elezioni, già fissate per il 12 febbraio del prossimo anno. Il presidente Zingaretti si è dimesso, essendo nel frattempo approdato alla Camera, e gli atti dovrebbero limitarsi alla ordinaria amministrazione. Nella quale, evidentemente, non rientrano incarichi di questo tipo.

Ma tant’è. Ciò che è palese per il buon senso, e per chi non ha le mani in pasta, smette di esserlo per chi ha tutt’altre priorità.

«Gli Egato – ha sottolineato a più riprese Angelo Tripodi, capogruppo della Lega in consiglio regionale – sono un carrozzone per riciclare gli amici degli amici nelle presidenze e nei quattro membri del consiglio direttivo».

A sua volta, Laura Corrotti di FdI, centra il punto: «Queste nomine saranno anche legittime, e su questo vedremo cosa dirà l’Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione, ndr) ma sono inopportune moralmente e politicamente».

Un accordo con i Cinque Stelle?

Comunque le critiche, o le censure, non arrivano soltanto da esponenti dell’opposizione, ma dalle stesse file del Pd.

Il navigatissimo Esterino Montino, sindaco di Fiumicino eletto nel 2013 e riconfermato nel 2018, utilizza accortamente una formula dubitativa. Che però equivale a un’affermazione: «Non vorrei che tutta questa fretta nascondesse in realtà un accordo tra tutti, incluso il Movimento 5 Stelle che, con un suo consigliere, ha presentato proprio la legge in questione».

Insomma: i tipici pasticci della politica «politicata». Quella che mira soprattutto a sfruttare il potere istituzionale a vantaggio dei propri eletti, o dei propri favoriti, a suon di nomine e di prebende.

Quando è possibile lo si fa inalberando delle giustificazioni di facciata. Quando non lo è, pazienza: si tira dritto e intanto si piazzano tutti i colpi che si riescono a piazzare.

L’istituzione degli Egato

Sai com’è: le polemiche passano, le nomine restano. Intanto si sono dispensati dei privilegi e si sono rafforzati certi legami di interesse. Ciò che accadrà in seguito, si vedrà a tempo debito. Sempre che poi accada davvero, specialmente in campo giudiziario: campa cavallo che prescrizione arriva…

Ma torniamo agli Egato. Che sono stati istituiti dalla Legge Regionale 25 luglio 2022, n. 14, e che nelle intenzioni, o nei proclami, dovrebbero portare a una maggiore efficienza nella gestione dei rifiuti urbani, qui nel Lazio, attraverso un coordinamento omogeneo su base provinciale.

O meglio: provinciale nei quattro casi di Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, mentre per quel che riguarda Roma ci sarà uno sdoppiamento, distinguendo tra il territorio di Roma Capitale e quello della Città metropolitana.

Gli appalti sottratti ai Comuni

I singoli Comuni, perciò, non avranno più l’onere, ma nemmeno la facoltà, di occuparsene in proprio e l’organizzazione verrà demandata ai nuovi enti. Con l’ovvia conseguenza di affidare i compiti operativi a dei soggetti diversi.

Con la possibilità, per non dire la certezza, che le società più forti monopolizzino il settore a scapito di quelle esistenti. E con il problema, quindi, di capire che fine faranno i dipendenti di queste ultime.

A proposito: l’articolo 11 stabilisce, come clausola di non onerosità, che «dall’attuazione della presente legge non derivano oneri a carico del bilancio regionale».

Un motivo di più per non procedere a nessuna nomina da parte del Consiglio regionale. Lasciando che invece siano i rappresentanti dei Comuni interessati a nominare, come previsto dal comma 5 dell’articolo 3, il Presidente e i componenti del Consiglio direttivo.

I quali, attenzione, «restano in carica per un quinquennio, sono rinnovabili per una sola volta e il loro compenso è pari, rispettivamente, all’80 e al 40 per cento dell’indennità del Presidente della Regione».

Aspettare, in certi casi, non è affatto segno di inerzia e di lassismo. Ma di correttezza.

Gerardo Valentini

 

 

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