LA CATTURA DI CESARE BATTISTI

Quel ghigno beffardo che
non possiamo dimenticare

 

Il terrorista dei Proletari Armati per il Comunismo Cesare Battisti, beniamino della sinistra radical chic francese e protetto dei governi brasiliani di Lula e Dilma Russef, è stato arrestato ieri a Corunbà, alla frontiera tra Brasile e Bolivia.

Battisti condannato a quattro ergastoli per altrettanti omicidi in Italia durante gli anni di piombo è finora sfuggito alla giustizia italiana. Si era rifugiato prima in Francia, dove ha goduto per molti anni della protezione dei progressisti francesi. Questa è durata fino a quando oltralpe hanno potuto ignorare le legittime richieste di estradizioni avanzate dal nostro Paese. Poi i francesi lo hanno «affidato» alla sinistra brasiliana allora al governo. Così nel 2010 il presidente Lula, ignorando le molte voci contrarie, gli aveva concesso lo «status di rifugiato», confermato inseguito dalla «delfina» Dilma Roussef che gli era succeduta. Ora che la Russef – e lo stesso Lula –, travolti dagli scandali, sono stati estromessi dal potere, le cose stanno cambiando. Il presidente brasiliano «provvisorio» Michel Temer, sul quale abbiamo grandi riserve, tuttavia su questa specifica vicenda si era recentemente espresso a favore dell’estradizione in Italia. Gli inquirenti brasiliani sospettano proprio che, consapevole del mutato clima nel Paese tropicale e del possibile annullamento dello status di rifugiato, Battisti stesse tentando di continuare altrove la sua infinita latitanza.

Rapine, assalti, sabotaggi, gambizzazioni e omicidi questi i reati commessi negli anni Settanta per i quali l’oggi 63enne ex militante dei Pac deve ancora rispondere. Per due di questi – l’uccisione del maresciallo Antonio Santoro a Udine nel 1978 e del poliziotto Andrea Campagna a Milano nel 1979 – Battisti è stato condannato all’ergastolo. Per uno (quello del gioielliere Pierluigi Torregiani) a 13 anni e cinque mesi, e per un altro, quello del macellaio Lino Sabbadin, a 12 anni.

Cresciuti sul finire degli anni Settanta, i Proletari Armati per il Comunismo, organizzazione nella quale militava Battisti, erano il terzo maggior gruppo terrorista dopo le Brigate Rosse e Prima Linea, con cinque omicidi all’attivo e una quantità di altre azioni criminali. I suoi uomini di punta erano Sebastiano Masala, Arrigo Cavallina e Giuseppe Memeo, l’uomo che nella foto, scattata il 14 maggio 1977 e diventata simbolo degli anni di piombo, punta la pistola contro le forze dell’ordine.

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