Dopo aver acceso la miccia della protesta a Napoli ancora prima dell’arrivo delle nuove misure restrittive del Dpcm Conte, lo sceriffo Vincenzo De Luca ha fatto dietrofront rinunciando all’annunciato lockdown totale della Campania. E lo ha fatto accusando il Governo di non essere in grado di fornire la copertura per i ristori socio economico necessari.
Intanto i media filogovernativi hanno bollato la notte di protesta del popolo napoletano, sfociata anche in scontri con la polizia, come un’azione preordinata di elementi della malavita, frange di tifoseria da stadio e estremisti di destra.
Ma diversamente per la protesta «di bandiera» inscenata a Roma in piazza del Popolo da attivisti di Forza Nuova, la manifestazione di sabato notte a Napoli è stata imponente, con la partecipazione di migliaia di persone diversamente colpite delle misure restrittive anticontagio, non certo liquidabile con una fake-news di regime, buona per tutte le situazioni «spinose» per il Governo rosso-giallo.
Vanterie e le accuse di De Luca
Il governatore De Luca sul Corsera, dopo essersi attribuito il merito, con le sue minacce, di aver dato «una scossa al Governo», ha ripetuto il ritornello della presenza come protagonisti delle proteste di «pezzi della camorra, antagonisti (ossia centri sociali) e di neofascisti (insieme o separatamente, non è dato di sapere)».
Di altro tenore il commento del sindaco di Napoli Luigi De Magistri sorpreso dalla protesta dei suoi concittadini e mentre si trovava nello studio di Lucia Annunziata.
«È stata una notte buia per la nostra città e per i napoletani, una notte di tristezza, di amarezza e piena di pensieri», ha detto Luigi de Magistris in un videomessaggio. Il sindaco ribadisce che «non è questa la Napoli della resistenza, la Napoli non violenta e della cultura democratica.
Da tempo però vado sostenendo nelle sedi istituzionali e nei momenti pubblici quanto sia preoccupato profondamente per la pandemia sociale, economica e del lavoro conseguente alla pandemia sanitaria».
L’Italia scende in piazza
Domenica intanto sono scesi ancora in piazza a Napoli i Cobas e altre sigle dell’estrema sinistra. Mentre per la settimana che si è aperta sono annunciate manifestazioni in 17 città. Proteste e sit-in spontanei si sono già verificati fra l’altro a Bari, Verona, Cosenza, Siracusa e Salerno (sotto l’abitazione di De Luca, foto in alto). Per stasera sono annunciate due manifestazioni a Torino.
Le chiusure imposte dal Dpcm, senza peraltro garantire concrete possibilità di contenimento dei contagi da Covid, infliggono un colpo durissimo ad alcuni settori economici. Il settore della ristorazione, con la chiusura imposta alle 18, insieme a bar, gelaterie e pasticcerie. Il mondo dello sport, con la chiusura totale di palestre e piscine. E il settore dello spettacolo con la chiusura di cinema e teatri, che per molte sale rischia di essere definitiva.
I settori più colpiti
Per gli operatori di questi settori oltre al danno, c’è anche la beffa di aver investito, dopo il primo periodo di chiusura, per dotare i propri locali di tutti gli accorgimenti suggeriti dal Cts: dagli ormai onnipresenti pareti di plexiglas, agli scanner per la rilevazione della temperatura, eccetera.
Risparmiati per ora dal Dpcm Conte i negozi al dettaglio, i saloni di bellezza e i parrucchieri.
Il presidente del Consiglio per mitigare l’impatto delle misure restrittive ha annunciato l’emanazione, a stretto giro, di misure di sostegno «a fondo perduto». Sulla reale tempestività e conseguente efficacia di queste misure nutriamo gli stessi dubbi già espressi dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi, che ha definito «poco credibili» le promesse di Conte.
Accanto alle manifestazioni di protesta sono da registrare le prese di posizioni di personalità dei settori colpiti, fra i quali segnaliamo per tutte, la lettera aperta a Conte del direttore d’orchestra Riccardo Muti.
Vincenzo Fratta
Scoppia la protesta contro il nuovo Dpcm del 26 ottobre 2020