LA SINISTRA VERSO LE ELEZIONI /3

Meloni e Salvini
i due spauracchi

Meloni e Salvini, i due spauracchi della sinistra. Stavolta Berlusconi è risparmiato

 

Com’era prevedibile con l’avvicinarsi della data delle urne sono aumentati gli attacchi sempre più beceri contro Giorgia Meloni e Matteo Salvini.

Manifesto di Giorgia Meloni imbrattato dall'intolleranza della sinistra Cambiano i dettagli, ma lo schema resta quello: screditare a priori i leader della coalizione di Centrodestra. Usando come sommo esorcismo la politica estera.

Vedi, in ultimo, la sortita con cui Enrico Letta ha bacchettato Giorgia Meloni: «Sta cercando di cambiare immagine, di incipriarsi, ma mi sembra una posizione molto delicata, se i punti di riferimento sono Orban».

Come al solito, i toni sono sprezzanti. Liquidatori. Calati dall’alto. Il sottinteso è che il centrosinistra è «serio e affidabile, democratico & progressista», mentre chi si colloca sul versante opposto è «ignorante e pericoloso, autoritario e retrivo».

Gli Usa e la Ue spacciati come catene

Pd e soci sono gli alfieri del Luminoso Futuro che ci attende. Le destre, al contrario, sarebbero i caporioni di un oscuro passato che esse, sull’onda di Putin e delle cosiddette democrature, vorrebbero restaurare.

Eppure, per quanto fastidiosi, i toni sono relativamente secondari. C’è ben di peggio. C’è il tentativo, di portata generale e ripetuto a oltranza, di inchiodare la politica italiana a qualcosa di già deciso e di intrinsecamente indiscutibile.

Qualcosa che viene stabilito su scala internazionale, sull’asse che lega la Ue agli Usa, e che viene presentato come un concentrato di sagacia economica e di sensibilità umanitaria.

Le nostre vicende interne, in quest’ottica, dovrebbero sottostare sempre e comunque al giudizio di entità straniere. Entità che vengono innalzate al ruolo di giudici supremi e inappellabili, così da limitare al massimo le opportunità di derogare, qui in Italia, alle tendenze oggi dominanti in Occidente. Limitare al massimo: ossia, escludere del tutto.

Un circolo vizioso

L’ostracismo, oggi, si abbatte innanzitutto su Giorgia Meloni e su Matteo Salvini. Berlusconi, ormai lontano dall’essere il mattatore di un tempo, ne è toccato in misura minore: più che attaccarlo direttamente, lo si associa di riflesso alla stroncatura destinata agli altri due.

La chiave di volta, tanto per cambiare, è una manipolazione ad ampio raggio. Che si snoda tra messaggi impliciti e accuse esplicite.

I messaggi impliciti mirano a fissare delle premesse che diventino salde come dei dogmi: alla Commissione europea (e alla Casa Bianca) sono più competenti di noi e la cosa migliore che possiamo fare è seguirne scrupolosamente i dettami.

Le accuse esplicite soffiano sul fuoco della preoccupazione per le conseguenze pratiche che ci troveremmo a subire, laddove non ci adeguassimo in tutto e per tutto: lo spread che si impenna, il Pil che si accartoccia, i finanziamenti del Pnrr che svaniscono, o che diventano proibitivi, e via paventando. Spaventando. Terrorizzando.

Dove sta il circolo vizioso? Chiaro: è nel dare per scontato che le attuali linee guida del mondo occidentale siano giuste o addirittura sacrosante, per cui non sarebbero nemmeno ipotizzabili delle soluzioni alternative.

Ma la politica non è un recinto

Qualsiasi divergenza nazionale viene ostracizzata all’istante: poiché all’estero non sono d’accordo, e ci darebbero addosso se contravvenissimo alle loro indicazioni, l’unica conclusione possibile è che loro hanno ragione e non si può fare nient’altro che allinearsi. Di buon grado, per di più. Meglio ancora: con fervoroso e incrollabile entusiasmo.

Noi la vediamo diversamente. Una cosa è prendere atto che questi assetti esistono e che non si può evitare di farci i conti. Tutt’altro è innalzarli a fonte suprema del Bene economico e sociale.

Sui programmi di Fratelli d’Italia o della Lega è lecito essere d’accordo oppure no, con tutte le variazioni intermedie, ma non lo è affatto rigettarli a priori perché non sono graditi a Bruxelles o a Washington. Più precisamente: a chi oggi sta a Bruxelles o a Washington.

La politica non è un recinto di cui qualcun altro ha fissato per sempre i confini: è uno spazio mutevole che dipende dai valori ai quali ci si ispira.

Popoli diversi possono avere valori diversi. Anzi, dovrebbe essere la loro condizione naturale.

Gerardo Valentini

 

 

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