DOPO LE VIOLENZE DI RIMINI

Certezza della pena
per i responsabili

I tre nordafricani e il nigeriano autori sulla spiaggia di Rimini dello stupro di gruppo e delle violenze ai danni di una coppia di turisti polacchi e poi di un transessuale peruviano sono stati arrestati. Le vittime li hanno riconosciuti e hanno confermato la partecipazione attiva alle violenze carnali e fisiche di tutti e quattro i componenti della banda. Da quanto trapelato dagli interrogatori ancora in corso, i responsabili non potendo negare la loro presenza sulla scena dei crimini, provano a scagionarsi accusando gli altri. Gli inquirenti stanno anche verificando se i quattro possano essere stati gli autori di precedenti violenze e altri reati avvenuti nella zona.

È emerso intanto un quadro desolante della famiglia dei due fratelli marocchini, a carico dei quali già penderebbero varie denunce per furtarelli di cellulari e biciclette. Da come la notizia era stata presentata, sembrava che il padre li avesse indotti a costituirsi per un senso di giustizia in relazione alla gravità delle azioni commesse. In realtà il genitore è un pregiudicato attualmente agli arresti domiciliari per cumulo di pene (furto, droga, ed evasione da precedenti domiciliari). Un uomo smaliziato che si è reso conto che i figli sarebbero stati presto individuati attraverso le immagini delle telecamere e che quindi l’unica maniera per tentare di alleggerire la loro posizione giudiziaria era costituirsi. Se possibile ancora più inquietante è la figura della madre che, sempre a quanto riportato dalla stampa, sarebbe stata denunciata da una vicina, anch’essa nordafricana, perché a seguito di una controversia avrebbe minacciato «di farla violentare dai figli». Un’affermazione che non necessita di commento ma che chiarisce tutto il quadro…

Ora, la preoccupazione espressa sui social network e dovunque fra la gente la notizia venga commentata, è questa: i quattro saranno condannati ad una giusta pena? E soprattutto, visto che tre sono minorenni, la sconteranno in carcere come meritano?

La Polonia vorrebbe essere lei a giudicare i colpevoli della violenza ai suoi connazionali. Una soluzione che darebbe maggiori garanzie in tema di «certezza della pena». L’estradizione certo non appare praticabile ma in Rete abbiamo trovato uno scenario possibile. Sul blog Informare di Gianni Fraschetti si ipotizza che Varsavia non attiverebbe una vera e propria richiesta di estradizione, ma piuttosto una procedura di mandato di arresto europeo, che verrebbe rimesso alle valutazioni dell’autorità giudiziaria italiana.

La questione è regolata dalla Legge n.69 del 2005, ossia la legge di attuazione in Italia del mandato di arresto europeo. L’articolo 18 elenca i casi in cui viene rifiutata la consegna del soggetto per cui è stata inoltrata la richiesta. E una di queste è «se per lo stesso fatto che è alla base del mandato d’arresto europeo, nei confronti della persona ricercata, è in corso un procedimento penale in Italia, esclusa l’ipotesi in cui il mandato d’arresto europeo concerne l’esecuzione di una sentenza definitiva di condanna emessa in uno Stato membro dell’Unione europea».

I Polacchi hanno lavorato da subito in questa ottica e hanno spedito in Italia di gran carriera, poche ore dopo i fatti, un giudice istruttore insieme ad agenti della loro polizia giudiziaria. In sostanza se la giustizia polacca arrivasse ad una condanna dei quattro prima che in Italia fosse emessa sentenza, Varsavia potrebbe chiedere l’esecuzione del mandato di arresto internazionale e Roma avrebbe difficoltà a sottrarsi. Staremo a vedere.

Noi preferiremmo che una condanna rapida e severa fosse pronunciata dalla giustizia italiana. Poi non sarebbe male se la Polonia si potesse assumere l’onere di fare scontare ai colpevoli la giusta pena in carcere…

Vincenzo Fratta

Nella foto principale: magistrati polacchi.
Sopra: La funzionaria di polizia Francesca Capaldo che, poco dopo l’arresto, trascina in Questura il maggiorenne congolese ritenuto il capo della banda dei violentatori   

Lascia un commento