TORINO

Le auto vanno via.
Il sindaco forse le segue

 

Dopo 119 anni il Salone dell’auto lascia Torino per la Lombardia. Infatti la prima edizione datata 1900, tondi tondi, era chiamata Salone di Automobili e si tenne dal 21 al 24 aprile 1900 proprio a Torino. Un flop bello e buono della sindaca Chiara Appendino alla guida di una giunta con maggioranza M5S.

La decisione degli organizzatori è una mina potente che stordisce e scuote la politica torinese e di tutta la regione Piemonte. Chiara Appendino è «furiosa per la decisione del comitato organizzatore. Una scelta che danneggia la città». Politicamente sempre più debole la Appendino si sente alla canna del gas e se la prende con i consiglieri di maggioranza e soprattutto col vicesindaco del suo stesso partito Guido Montanari.

Così non si trattiene ed esplode, verde di rabbia, contro la scelta di spostare la importante fiera di auto da Torino a Milano ed afferma «hanno anche contribuito alcune prese di posizione autolesioniste di alcuni consiglieri del Consiglio Comunale e dichiarazioni inqualificabili da parte del vicesindaco». Infatti, con gli occhi iniettati di sangue, e fissando le telecamere che la inquadrano da vicinissimo, assomigliando a chi è veramente disperato e proprio arrabbiato, come un vecchio cane morso da una agile, volpe all’unica zampa buona, dichiara alla stampa: «Senza sottrarmi alle mie responsabilità, mi riservo qualche giorno per le valutazioni politiche del caso».

Chiara Appendino minaccia le dimissioni, insomma, ma pochi le credono, infatti molto probabilmente non le rassegnerà mai. Dopo le critiche espresse da Montanari sull’organizzazione del Salone, anzi sulla «non organizzazione» della manifestazione la Appendino sembra una tigre selvaggia appena chiusa in gabbia. Il vicesindaco, però, ha voluto dire l’ultima parola: «Ho sempre ritenuto che il Salone sia una ricchezza della città e che si possa fare al Parco del Valentino con una mediazione tra esigenze degli organizzatori e fruizione del parco. Questa mia posizione è stata travisata per giustificare evidentemente scelte già assunte».

Montanari sembra voler sotterrare l’ascia di guerra con l’Appendino e in una intervista dichiara: «Comprendo lo sconcerto e il disappunto della Sindaca e mi scuso per aver dato pretesto a polemiche strumentali». Insomma con una mano lancia il sasso e con l’altra nasconde la mano. Se questa è onestà intellettuale, Dio ci aiuti.

Sarebbe stato importante avere a Torino il Salone, per quello che la Fiat ha rappresentato ed ancora, almeno in parte, rappresenta per la città. Ma poi, per quello che Torino ha dato alla Fiat, considerando quanti crediti dovrebbe riscuotere la città se non tutta la regione.

Crediti per spese pluridecennali per l’edilizia popolare, per finanziamenti diretti ed indiretti, per costi di urbanizzazione e per spese socio-sanitarie varie, per il consumo del suolo, per l’inquinamento di aria, suolo acqua ed acustico, per le infrastrutture progettate, realizzate e mantenute per decenni.

Costi che non sarebbero ripagati dalla tassazione nemmeno dopo, come si dice, la sesta generazione, figuriamoci ora che la Fca paga le tasse lontano dall’Italia. Sarebbe stato, poi, importante quest’anno che, finalmente, la Fiat, proprio in questa edizione, sta per annunciare la prima vettura elettrica del gruppo. La prima auto a batterie della Fiat sarà una 500.

Dopo tanti tentativi appena abbozzati, finalmente l’Fca, tenta di colmare il gap con i competitors sull’elettrico. Ed assemblerà nello stabilimento di Mirafiori la prima Fiat elettrica. Dopo ben ventisei anni, la Fiat si getta nuovamente su progetto elettrico. Infatti dopo aver buttato alle ortiche almeno venti anni di vantaggio proprio sull’elettrico, finalmente ritrova la via giusta.

Pochi ricordano la Fiat Panda Elettra del 1990, che assieme alla Fiat Multipla ibrida (prodotta in appena 400 esemplari mai venduti al pubblico) avrebbero potuto rilanciare il marchio con un anticipo mostruoso e forse contribuire a salvare il pianeta. Ma in quegli anni bisognava assecondare il governo e soprattutto l’Eni ed il commercio di idrocarburi, infondo poi, proprio come adesso, poco sembra essere cambiato, l’importante è il tornaconto immediato. Stiamo tutti danzando un elegante walzer mentre il Titanic globale, il mondo, sta affondando.

Comunque la Appendino sembra inossidabile se si considerano gli eventi corrosivi ai quali si è sottoposta senza scomporsi affatto: la perdita delle Olimpiadi invernali del 2026 assegnate a Milano-Cortina e sfumate a Torino per il diniego cieco dell’amministrazione cittadina. Il Governatore del Piemonte, il neo eletto Alberto Cirio dichiara: «È un’altra doccia fredda, Torino non può continuare a perdere tutto quello che è stato costruito con anni di lavoro e fatica dai suoi cittadini, dalle istituzioni e da tutto il sistema produttivo e territoriale».

Una pletora di commenti si odono provenire da tutta l’opposizione cittadina che si scaglia, per una volta all’unisono, contro i M5S. Stefano Lo Russo, capogruppo dei Democratici dichiara di aver assistito ad una «furia distruttiva per Torino come non era neanche immaginabile. La città è stata saccheggiata e distrutta da amministratori inadeguati e inconcludenti».

Dall’altra parte dell’emiciclo sabaudo, Osvaldo Napoli, capogruppo Fi, chiede le dimissioni del primo cittadino e dichiara: «Deve farlo contro la sua maggioranza che è passata sulla vita della città come le sette piaghe d’Egitto. Tre anni di opposizione a tutto, alle Olimpiadi invernali, al Salone del Libro, alla Tav».

Corre in difesa della sindaca Appendino, che di chiaro ha solo il nome, il Ministro dello sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali, nonché vice premier, Luigi Di Maio il quale dice la sua: «Sono con lei qualunque decisione prenda. Oggi Chiara è giustamente molto arrabbiata per un’occasione di investimento che ha perso Torino, in cui ci sono anche responsabilità dei consiglieri M5S di maggioranza. Alcuni giornali dicono addirittura che voglia dimettersi da Sindaco. Qualsiasi decisione prenderà io starò sempre dalla sua parte. Dalla parte di chi, con il buon senso, ogni giorno passa il tempo a costruire una nuova Italia e non a demolire».

Di Maio però in questo momento della legislatura è più debole che mai. Basterà il suo soccorso per salvarle la faccia? Io, se fossi la Appendino, mi ritirerei nella Sacra di San Michele, insomma in convento, dalla vergogna.

Lino Rialti

1 commento su “Le auto vanno via. <br>Il sindaco forse le segue”

  1. Vincenzo Fratta

    A CASA, PER PRIMO, IL VICESINDACO.
    Lunedì 15 luglio il sindaco di Torino Chiara Appendino ha mandato a casa Guido Montanari, vicesindaco del suo stesso partito, ritirandogli le deleghe.
    Erano state le prese di posizioni di Montanari ad indurre gli organizzatori del Salone dell’Auto ad annunciare il trasferimento dell’evento a Milano.
    «Fosse stato per me – aveva detto l’esponente Cinque Stelle – il Salone dell’Auto a Parco Valentino non ci sarebbe mai stato. Anzi, nell’ultima edizione ho sperato che arrivasse la grandine e se lo portasse via. Sono stato io a mandare i vigili per multare gli organizzatori».

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