L'ARRIVO DI XI JINPING

La Cina è vicina,
anzi è già qui

 

Sono stati i corazzieri a cavallo a scortare, fin dentro al Quirinale, Xi Jinping per l’incontro programmato con Mattarella. Il presidente cinese Xi Jinping si è incontrato infatti con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Insieme hanno ricevuto i rappresentanti del Business Forum, del Forum culturale e del Forum sulla cooperazione nei Paesi terzi.

Il Presidente Xi era accompagnato dalla bella moglie. La donna, una famosa cantante in patria, era elegantissima in abito verde pistacchio. La coppia è stata accolta dal nostro Presidente Mattarella e dalla figlia Laura. Xi ha ricevuto gli onori militari nel cortile del Quirinale. Sono stati suonati gli inni nazionali italiano e cinese e sul Colle ed è stata issata anche la bandiera di Pechino. Molti i politici italiani presenti tra i 170 invitati, soprattutto molto nutrita la pattuglia Cibque Stelle.

Mattarella ha affidato a cinque media cinesi parole rassicuranti sui rapporti sino-italiani. Ha previsto un ruolo per l’Italia importante e delicato affermando che «garantirà la sicurezza» e la «trasparenza» dei rapporti con la Cina. Si è esposto e non poco, a favore della cosiddetta «Via della Seta» che Mattarella vede in Italia quasi come una sua creatura, infatti ha dichiarato anche che in Italia si lavora da tempo per creare un contesto «reciprocamente libero ed equilibrato», e ricordando al neo-partner commerciale che gli «investimenti nelle infrastrutture» sono necessari, parole che Xi voleva sentire.

E se Sergio Mattarella si scioglie in languidezze coi cinesi, la Ue continua a mostrare lo scetticismo che anche molti nostri politici hanno manifestato. Una assenza importante e significativa si è fatta notare: quella del vicepremier Matteo Salvini che non ha partecipato al pranzo ufficiale al Quirinale.

Strali e incandescenti saette sono state lanciati da Antonio Tajani verso il progetto commerciale dagli occhi a mandorla. Tajani da Bruxelles, durante una riunione dei 27, ha pestato duro. Il presidente del Parlamento Ue e numero due di Forza Italia ha rilasciato alla stampa queste parole: «È un grave errore quello che sta facendo l’Italia, bisogna fare accordi a livello europeo, anche confrontandosi con gli Usa. Con la scusa di esportare il made in Italy non si può cedere sovranità ai cinesi». Il controcanto è del premier Conte che ha ostentato sicurezza, rassicurando di «non dover convincere» i partner europei ma solo «informarli», perché c’è «pieno accordo».

Qualche dubbio sulla fondatezza di tutto questo ottimismo è più che legittimo. Spalancare le porte al dragone, se potrebbe portare qualche beneficio immediato, sicuramente esporrebbe la nostra fragile economia a rischi di accaparramento, delocalizzazione, spartizione e cannibalizzazione del nostro made in Italy.

Un rischio che in Europa hanno intuito e che forse noi stiamo sottovalutando. La rottura del fronte economico unitario europeo è rischiosissima, un drago fortissimo e dalle mille spire ci potrebbe fagocitare con facilità. Il raffreddamento dei rapporti con l’alleato americano farebbe il resto. Speriamo si faccia in tempo ad impedire di ammainare il tricolore ed issare, sul pennone del Quirinale, oltre alla bandiera rossa cinese anche uno straccio colorato di bianco in segno di totale resa.

Lino Rialti

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