ITALIA ED EUROPA DI FRONTE AL COVID-19

Mentre #iorestoacasa
gli altri che fanno?

Epidemia Covid-19: gli italiani cantano per scacciare la paura

 

Mentre l’epidemia di Covid-19 si è ormai estesa all’intera Europa, gli italiani suonano, cantano e ballano. Questa è il nostro modo per scacciare una paura. Anche durante i conflitti, in trincea, si cantava e suonava. Ma questa volta la paura viene combattuta tutti assieme ma ognuno dalle proprie case.

Epidemia Covid-19: gli italiani cantano e suonano per scacciare la pauraSiamo sotto assedio. Il nemico però, come per la Spagnola, è invisibile, per questo fa ancora più paura. C’è da dire, poi che, ancora, non lo conosciamo bene: non abbiamo, ad oggi, le armi per debellarlo. La soluzione sembra l’auto-isolamento. L’oramai famoso motto: #iorestoacasa.

Siamo cresciuti tutti, chi più, chi meno, con la paura di morire. Un pericolo era stato disegnato, a causa della contrapposizione dei due blocchi, nella guerra nucleare. La cura, allora, era o tentare di mantenere la pace, oppure di sovrastare il nemico con un arsenale formidabilmente più potente, così da scoraggiare l’inizio di un conflitto. Quindi la corsa agli armamenti. Solo per fare un esempio e rendere l’idea, le superpotenze Usa ed Urss, tra il 1960 ed il 1970 spesero, rispettivamente tra i 70 e gli 80 miliardi di dollari l’anno.

Ovviamente queste cifre, progressivamente ridotte sul fronte bilaterale Usa-Urss, per la caduta del muro e di quasi tutte le cortine, sono levitate in altri fronti che si sono accesi e continuano a fiorire, nelle parti più disparate dei continenti in via di sviluppo. Siamo arrivati alla fantomatica spesa di 14.300 miliardi di dollari all’anno, il 13,4% del Pil mondiale. La spesa sanitaria globale, in confronto, langue a 114,1 miliardi di dollari. Questi sono gli ultimi dati utili e sono riferiti al 2017.

Investire in sanità

Siamo ad un bivio. Continuare a spendere per finanziare guerre o investire in sanità. Ovviamente, visto che la ricchezza, la capacità di spesa globale, non è infinita, se si riducesse la spesa sostenuta per gli armamenti si libererebbero somme ingenti. Se quel denaro venisse reinvestito in programmi sanitari e di miglioramento della qualità della vita, nel mondo occidentale ma anche nei paesi in via di sviluppo, sicuri serbatoi di malattie, scongiureremmo ulteriori pandemie.

In questo modo riusciremmo a migliorare anche la nostra situazione evitando che masse di disperati premano ai nostri confini.

Nel mondo, a proposito di Coronavirus, tante reazioni, nella infinita variante di colori di questa surreale tavolozza. Reazioni e comportamenti dei governanti, che ci aspetteremmo compassate, meditare, razionali, scientifiche e, perché no, solidali, che invece variano in tutte le sfumature fino agli estremi tra isteria e razionalità.

La pandemia del Covid-19 ha portato tutti i Paesi europei ad adottare misure di contrasto alla diffusione del virus. C’è da un lato quella british e del suo primo ministro, Boris Johnson, minimalista, brutale, fatalistica, egoistica, sconsiderata ed incentrata solo sull’aspetto immediato della salvaguardia dell’economia locale. Una «non decisione», non fare nulla, ma proprio nulla ed attendere che il virus selezioni la specie britannica per robustezza, alla maniera spartana.

Dall’altro capo la nostra, la «soluzione italiana», come è oramai guardata dal mondo con un certo rispetto, una soluzione che ha stentato ad essere partorita, con il nostro premier Conte che, non sapendo quali pesci pigliare nelle prime due settimane, ha poi di colpo afferrato il timone e tirando la barra a dritta ci ha messi tutti in quarantena.

Nel mezzo, tutti gli altri paesi che piano piano si stanno allineando sulle nostre posizioni. Posizioni già prese dalle autorità cinesi e che li stanno sortendo gli effetti desiderati.

Ma queste misure sono sufficienti? E come reagisce la gente? Nonostante tutto il popolo sembra più maturi dei governanti. A parte qualche furbetto, tutti siamo oramai consapevoli per vi sia il bisogno di fare sacrifici. Sia ora, con l’isolamento sociale che dopo con una economia da ricostruire a livello globale.

In attesa di un vaccino

Tutti rimaniamo in attesa di un vaccino, la cui realizzazione sembra essere ad un punto di svolta in questi giorni. Due aziende, la americana «Moderna» e la israeliana «Migal» stanno lavorando su un vaccino di derivazione di un altro già in uso contro un Coronavirus molto simile al nostro ma che attacca il pollame.

Ci sono poi laboratori governativi cinesi che stanno tentando una loro strada. Ma prima di almeno nove mesi un vaccino affidabile non dovrebbe essere pronto.

Altre soluzioni vengono al momento ricercate tra un antimalarico come la Clorochina o farmaci anti Hiv ed Ebola, in mezzo il Tolicizumab già usato in Cina ed ora in sperimentazione in Italia, con un buon successo.

Questo farmaco è un sintomatico in grado di decongestionare i polmoni super-infiammati per la risposta immunitaria al virus, rendendo sostenibile il decorso senza necessità di intubare e seguire i pazienti in maniera necessariamente intensiva.

Le scelte degli altri paesi

Intanto, come dicevamo, il modello italiano ha fatto scuola. Infatti il governo tedesco ha annunciato che chiuderà le frontiere con Francia, Svizzera e Austria per fermare la diffusione del coronavirus. Secondo quanto riportato dalla Bild, la circolazione delle merci dovrebbe essere garantita così come gli spostamenti dei pendolari. La conta degli infetti in Germania ha superato i cinquemila casi di Covid-19.

Ad oggi il numero di morti per coronavirus nel mondo ha superato quota seimila, se alla triste conta si aggiungono i centocinque nuovi decessi spagnoli. La Spagna, dopo l’Italia è il primo paese in Europa per decessi.

La Svizzera, risparmiata, almeno in parte dalla epidemia di Spagnola di inizio secolo scorso, è invece nel caos con i raddoppio dei casi di infezione, arrivati a quota duemila duecento dai mille di ventiquattro ore prima. Così sono state chiuse le scuole e vietati i grandi raduni pubblici. Il paese ha anche ripristinato rigidi controlli alle frontiere con i paesi vicini nel blocco e ha imposto limiti rigorosi su chi può arrivare dall’Italia.

Tutta la Repubblica Ceca sarà messa in quarantena per combattere la diffusione del coronavirus. Nel Paese ci sono duecentoquattordici casi di Covid-19.

L’Austria chiude tutto, seguendo il modello italiano. Saranno chiusi non solo i negozi, ma anche ristoranti. Lo stop riguarda anche parchi giochi e campi sportivi. Come in Italia, saranno consentiti solo spostamenti inderogabili. È previsto anche lo stop dei voli di linea verso Russia, Ucraina e Gran Bretagna. Insomma almeno in questo abbiamo fatto da battistrada, da esempio.

Certo in tempi così duri ci si aspetterebbe un po’ di comprensione se non aiuto. Invece Cristine Lagarde alla sua vera prima uscita da presidente della Bce, dopo il «whatever it takes» del nostro Draghi, suo predecessore, sparando also zero sulle prospettive della nostra economia, ci ha fatto uno sgambetto che ha portato ad un vero crollo della nostra borsa che poi ha causato un domino tremendo che ha fatto tremare e soffrire l’economia globale.

Persino Mattarella è dovuto correre ai ripari strigliandola direttamente. Questa è la prima volta, nella storia contemporanea, di una «ingerenza» di un Presidente di Repubblica nei confronti di affermazioni fatte da un esponente della Bce. Ora la Lagarde, portata a più miti consigli, è finalmente al lavoro su un sostanzioso allargamento della flessibilità che l’Europa concederà ai suoi membri.

Chi ha in mano le nostre sorti, governatori italiani ed europei dovrebbero prendere esempio dal popolo italiano e mettersi a suonare e cantare, ovviamente in modo figurato, liberandoci da lacci e laccioli burocratici e stanziando fondi straordinari per incoraggiarci e sospingere l’economia fuori dalle secche. Insieme, nonostante tutto, ce la faremo, potremmo farlo meglio, però, con il loro aiuto.

Lino Rialti

 

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