ELEZIONI REGIONALI

Nel Lazio voglia di cambiare,
Fontana saldo in Lombardia

Il candidato presidente del Centrodestra alle elezioni regionali del Lazio Francesco Rocca nella foto con la premier Giorgia Meloni

 

Fiducia? Sì, molta. Ma soprattutto convinzione: in una prospettiva che non si limita affatto al voto di domenica e lunedì prossimi. Per quanto le elezioni regionali nel Lazio e in Lombardia siano importanti – e specialmente qui nella nostra regione non vediamo l’ora di lasciarci alle spalle il doppio mandato di Nicola Zingaretti – lo è ancora di più lo scenario nazionale su cui si innestano. L’impressione, per non dire la certezza, è che le Politiche dello scorso 25 settembre abbiano segnato l’ingresso in una fase nuova.

Il governatore uscente della Regione Lombardia Attilio FontanaUna fase che potenzialmente può durare molto, molto a lungo, e che ha un leit motiv tanto preciso quanto profondo: le speranze di una rigenerazione dell’Italia si sono appuntate sul Centrodestra, mentre il centrosinistra, a cominciare dal Pd, ha esaurito la sua credibilità.

O meglio: ha dilapidato l’apertura di credito che gli elettori sono stati così ingenui da concedergli a più riprese. Omettendo, per troppo tempo, di tirare le somme e di rendersi conto, una volta per tutte, che il divario tra le dichiarazioni di facciata e le scelte reali non aveva nulla di casuale: le prime erano chiacchiere e alibi, smerciati per simulare di avere a cuore la vita dei cittadini.

Le seconde andavano puntualmente in tutt’altra direzione e determinavano un peggioramento via l’altro, dal degrado del lavoro dipendente ai tagli nella Sanità.

Il centrosinistra senza credibilità

Le illusioni hanno resistito a lungo. Poi, fatalmente, sono arrivate all’epilogo. Detto in maniera garbata, si è arrivati al disamore. Detto in forma più spiccia, è sopravvenuto il voltastomaco: troppi inganni e troppo ripetuti, per poter essere ignorati. E perdonati.

Restano i pezzi sparsi, nel centrosinistra. Un po’ le macerie di edifici crollati miseramente, un po’ i fondali tirati su alla svelta per provare a sfruttare le circostanze.

Il duo Calenda & Renzi (finché dura) con le sue pretese di esclusiva in materia di efficienza e pragmatismo.

Il Pd che insegue un rilancio impossibile: cercasi identità smarrita, cercasi segretario-taumaturgo, cercasi elettorato disperso.

Il M5S in versione Giuseppe Conte che, dell’originale by Grillo & Casaleggio, ha mantenuto solo il nome.

Un mondo che si è accartocciato su sé stesso. Spianando la strada, appunto, al potente ritorno del centrodestra. O del «destra centro», come qualcuno ha detto in chiave ironica e quasi diffamatoria.

Mentre la definizione, all’opposto, appare corretta e persino promettente: «destra» sa di idee nitide e forti, e se dici conservatorismo pensi subito a valori di natura etica; «centro» sa di accomodamenti e compromessi, e la conservazione che viene in mente è quella dello status quo e dei suoi privilegi.

Non c’è bisogno di dirlo, cosa sia preferibile.

Una visione a lungo termine

Può esserci bisogno, invece, di sottolineare come queste condizioni così favorevoli non vadano viste come un colpo di fortuna accidentale, da utilizzare per lucrare vantaggi momentanei, ma come una straordinaria opportunità per dare il via a processi a lungo termine.

E questo ci riporta alle Regionali di domenica e lunedì. Se tutto andrà come appare probabile, la soddisfazione del successo nelle urne dovrà trasformarsi rapidamente in un nuovo slancio operativo. I festeggiamenti, sacrosanti, come un prologo del lavoro, tanto e urgente, che si andrà a svolgere.

Conquistare un ruolo di governo non è un punto di arrivo, ma di partenza. Bene. Siamo impazienti di vedere questo nuovo percorso che prende il via: e poi di sostenerlo, passo passo, per tutto quello che potremo.

Gerardo Valentini

 

 

 

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