GENOVA

Crolla il Cavalcavia Morandi.
È un disastro

 

Lo stillicidio delle infrastrutture viarie continua… Ora è toccato al cavalcavia Morandi di Genova. È collassato attorno alle 11.30 dopo essere stato colpito da un fulmine. Infatti testimoni oculari hanno dichiarato (i filmati sono già in Rete) di aver visto il fulmine, sentito il tuono e assistito al crollo del cavalcavia che ha ceduto ed è venuto giù. Ovviamente il fulmine sarebbe stato l’evento scatenante non la causa.

Più di venti i morti tra gli autisti dei mezzi pesanti, gli automobilisti e forse anche tra le persone che lavoravano o vivevano nelle vicinanze. Il manufatto venne realizzato negli anni ’60 con il tratto urbano della A10. Ci sono anche una decina di dispersi. Una tragedia. Sì, una tragedia annunciata. Molti gli interventi di consolidamento realizzati dal Gestore, alcuni anche molto recenti. Ma si è sempre trovato qualche tecnico che ha certificato la staticità regolare del manufatto.

In queste ore il dito puntato lo avrebbero i «bisonti della strada» e la «liberalizzazione del trasporto eccezionale». Una interpretazione recente del Ministero dei Trasporti, più ampia e permissiva di quella precedente, che permette la libera circolazione dei cosiddetti «trasporti eccezionali oltre il limite di peso», quelli fino a 108 tonnellate per intenderci.

Detto in poche parole i trasporti che eccedano te 40 tonnellate non potrebbero circolare ma nel caso che vi sia un manufatto non frammentabile o non assemblabile in loco si richiede l’autorizzazione del trasporto e questo diventa «eccezionale» magari non eccede la sagoma del cassone e quindi non si nota nel traffico, ma gli assi del telaio del mezzo pesante, sollecitati dalle imperfezioni del manto stradale, attraverso gli ammortizzatori, mandano in vibrazione la sede stradale. Qui si creano quegli avvallamenti o addirittura «piste» sulle strade ed il degrado è visibile ad occhio nudo sull’asfalto.

Il problema principale però si materializza quando si arriva sui ponti o sui cavalcavia: questi sono realizzati in cemento armato e sono per questo molto resistenti perché elastici. Infatti sono progettati per «respirare» e dilatarsi per esempio con le escursioni termiche. Ma quando questi carichi arrivano fanno vibrare le strutture sottoponendole a stress che, se troppo frequente, può portare a degrado e ammaloramento della struttura.

I dati di Federtrasporti sono chiari: in pochi anni si è passati da 300 «trasporti eccezionali» con eccesso di peso all’anno agli oltre 3000 che ad oggi ogni anno attraversano la nostra rete viaria. Il perché è ovvio: un solo trasporto da 108 tonnellate costa meno (praticamente un terzo) di tre. Questi, poi, sono i dati ufficiali, e non tengono in considerazione il fatto che moltissimi trasporti a medio e lungo raggio, in Italia, viaggiano sovrappeso.

Un piccolo rischio per l’azienda di trasporto (sanzioni da circa 80 a circa 800 euro a seconda di quanto si eccede il carico) visto che il rischio di essere «beccati» è limitato. L’esiguità dei controlli è dovuta alla necessità di utilizzo di apparecchi ingombranti e costosi per verificare e certificare il sovrappeso. Quindi è «solo» una questione economica. Per risparmiare sul costo del trasporto delle merci viaggiamo pesanti, spesso troppo pesanti.

La soluzione? Trasferire tutti i trasporti (soprattutto quelli pesanti ed ingombranti) ovviamente, a medio e lungo raggio, su rotaia o nave riaprendo ed implementando gli scali merci navali e ferroviari che ancora abbiamo, retaggio di un passato remoto e prossimo (fino agli anni 70) e che giacciono in stato di abbandono.

Rimbocchiamoci le maniche e cerchiamo di non far accadere un’altro evento come quello di oggi. Si può!

Lino Rialti

 

Il problema dei limiti e dei rischi dell’eccesso di trasporto merci via gomma nel nostro Paese era stato affrontato su EdicolaWeb il 7.8.2018 a margine dell’incidente di Borgo Panigale a Bologna

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