LA TRUFFA DEI DIAMANTI

Cinque banche invogliavano
i clienti all’acquisto

 

Non credevo alle mie orecchie. L’ho sentito per radio e poi letto. Boom! Certo, non me lo sarei aspettato. Vasco Rossi tra i truffati delle banche con i diamanti. Il simbolo della Vita Spericolata che investe invece di sperperare tutto. Mi si è sgonfiato il mito, sgretolato sotto il peso della realtà. Mi sarei aspettato, certo, magari non più spese pazze in sesso e droga, ha sessantasei anni oramai il rocker di Zocca, ma che ne so, almeno macchine o moto, almeno viaggi, magari mistici… Invece investimenti, anche ingenti in diamanti.

Si sarà fregato le mani quel direttore di filiale che il 17 luglio del 2009 è andato direttamente nella casa discografica del Blasco, «lo strano animale, uno con le voglie strane», a chiudere un affare che si preannunciava a dir poco lucroso, sicuramente per lui e la sua banca. Ma quel giorno, il direttore, però, ci sarà rimasto anche male, almeno all’inizio, Vasco non c’era. Tra se e se il direttore avrà pensato che il cantante ci aveva ripensato. Poi, però, negli uffici della Giamaica, la sua casa discografica, al centro di Bologna, il direttore avrà tirato un sospiro di sollievo. Ha scoperto che il signor Vasco Rossi aveva delegato la sua segretaria a firmare i documenti per investire il primo milione di euro in diamanti. E quindi «l’affare» è stato formalizzato e concluso. Un affare che costerà al cantante circa la metà dell’investimento. Mezzo milione buttato nel gabinetto, altro che diversificazione degli investimenti in un bene rifugio sicuro.

La Procura della Repubblica di Milano sta procedendo per truffa aggravata e altri reati nei confronto di cinque banche e due società. E’ stato disposto un maxi sequestro preventivo che complessivamente ha congelato più di 700 milioni di euro.

Intesa San Paolo, Unicredit, Monte dei Pachi di Siena, Banca Aletti: questi gli istituti di credito coinvolti nella allocazione dei cosiddetti investimenti oltre alle due società specializzate in investimenti in diamanti la Intermarket Diamond Business e la Diamond Private Investiment. L’ipotesi di reato, secondo il pm Grazia Colacicco e l’aggiunto Riccardo Targetti, è che le banche «invogliavano i clienti ad acquistare diamanti» proponendoli però al doppio del valore di mercato incassando così dalle due citate società commissioni altissime, fino al 18% delle singole operazioni. Insomma una ipotesi di truffa pluriaggravata in concorso.

Ma anche altre banche sono implicate, per esempio proprio nel caso Vasco Rossi, il direttore del Banco Popolare, poi confluito in Banco Bpm presentava ai clienti e, nello specifico proprio alla segretaria del cantante, il prodotto come «un investimento sicuro, non soggetto a oscillazione di valore e anzi in grado di garantire un rendimento molto elevato nel tempo» si legge nei verbali di Sommarie Informazioni depositate in Procura. E poi sempre la segretaria del Blasco: «Mi è stato fatto capire che l’importo corrisposto costituisse espressione del valore del bene acquistato». Ed ancora la segretaria di Rossi, sconvolta, ha tenuto a precisare che non ha mai avuto rapporti diretti con le due società specializzate in diamanti, ma sempre e solo con la banca. E questo fatto sarebbe il punto focale che spiegherebbe l’architettura del presunto sodalizio.

Insomma, a parere della Procura della Repubblica, le banche erano disposte a ingannare i propri clienti pur di incassare. E sicuramente le banche sono state convincenti ed hanno utilizzato tutta la loro autorevolezza, l’immagine della cassaforte, soprattutto in un periodo di forte crisi i cui gli investimenti sono a dir poco rischiosi. Infatti in poco più di due anni il cantante gli ha consegnato, per investire in diamanti, più di due milioni e mezzo. Ma quanto ci ha guadagnato la banca? La risposta la dà, alla Guardia di Finanza, Guido Traldi, ex direttore della filiale: «Il 15%, alla filiale sono arrivati 150 mila euro» e questo dal primo milione.

Ma Vasco Rossi ovviamente non è l’unico «pollo» che si è fatto spiumare. Sarebbero molte centinaia i truffati soprattutto localizzati nel benestante nord est. Traldi è, ovviamente, indagato assieme ai vertici della banca per questa vicenda. Traldi ha dichiarato alle Fiamme Gialle che l’istituto «spingeva a proporre quell’investimento». Ai malcapitati correntisti venivano promessi fantomatici rendimenti del 5% che regolarmente evaporavano tra commissioni, tasse, bolli, Iva ed altre spese.

Le banche, messe alle corde dalle evidenze, prima del Jeb che le avrebbe fatte finire al tappeto per knockout, stanno correndo ai ripari. Unicredit, ha deciso di risarcire i propri clienti riacquistando le pietre al prezzo venduto. Il Monte dei Pachi di Siena ed Intesa Sanpaolo stanno «verificando l’accaduto e collaborando con la magistratura per chiarire la correttezza del proprio operato» e manifestano la disponibilità a rimborsare il prezzo pagato. Insomma una brutta storia sembra possa finire con un lieto fine. Certo non esistono più le banche di una volta!

Lino Rialti

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