L’INCHIESTA SULLE BANCHE

Bankitalia e Consob,
qualcosa non torna

 

La crisi del sistema bancario italiano ha provocato grandi danni ai risparmiatori, esborsi per il bilancio statale e complicato i rapporti con la Bce, sempre delicati a causa dell’elevato debito pubblico del nostro Paese. I pressanti interrogativi su come siano stati gestiti il Monte dei Paschi di Siena, le due banche venete (Veneto Banca e Popolare di Vicenza) e i quattro istituti di credito risolti nel 2015 (furono dichiarati sostanzialmente falliti oltre alla Banca Etruria, la Banca Marche, CariChieti e CariFerrara), hanno portato all’istituzione della Commissione bicamerale d’inchiesta sulle banche. Accanto al tema dell’operato dei vertici delle suddette aziende c’è naturalmente anche quello sull’efficacia dei controlli che la Banca d’Italia avrebbe dovuto effettuare nel corso degli anni.

La Commissione, presieduta da Pierferdinando Casini, ha cominciato i suoi lavori partendo dall’esame del caso delle due banche venete. Tra i primi ad essere ascoltati nella sede della Commissione a palazzo San Mancuto sono stati il capo della vigilanza della Banca d’Italia Carmelo Barbagallo e il direttore generale della Commissione nazionale per le società e la Borsa (Consob) Angelo Apponi. Dall’audizione del dirigente di Bankitalia si è appreso che in un verbale di ispezione del 2008 si segnalava che la Banca Popolare di Vicenza aveva fissato il prezzo delle azioni al di fuori di qualsiasi condivisibile procedura e senza alcun riferimento all’effettiva redditività, oltre a tutta un’altra serie di magagne che, se approfondite, avrebbero messo in mora il management con sette anni di anticipo rispetto al default finale.

Nella sua pagina Facebook, il senatore Andrea Augello, membro della Commissione, riferisce che a questo punto ha chiesto a Barbagallo se tutte le informazioni utili alla tutela dei risparmiatori fossero state condivise con la Consob, ricevendo assicurazioni in tal senso. Quando nel pomeriggio è stata la volta del direttore della Consob Apponi, il commissario gli ha letto stralci di quel verbale, chiedendogli conto del perché i risparmiatori chiamati dalla Popolare di Vicenza a sottoscrivere, a partire dal 2009, l’emissione annuale di obbligazioni della durata di sette anni, non furono informati della situazione della banca. La risposta imbarazzata di Apponi è stata che la Consob non ricevette alcuna informativa sulle ispezioni effettuate da Bankitalia alla Popolare di Vicenza negli anni 2008-2009.

In considerazione della palese e «scottante» contraddizione il presidente Casini non ha potuto far altro che accettare la richiesta dei Commissari di mettere a confronto i due dirigenti nella seduta fissata per il 9 novembre. C’è infatti la necessità di chiarire il perché nessuna autorità preposta alla sorveglianza sull’operato della banche disse ai soci della Popolare di Vicenza che le azioni della banca erano prezzate in modo arbitrario, senza un valutatore terzo e senza alcun riferimento alla redditività.

C’è pertanto da attendersi una seduta molto calda, visto che Augello ha annunciato che chiederà che Barbagallo e Apponi vengano ascoltati non in semplice audizione, ma in un confronto regolato dalle norme del codice di procedura penale. In sostanza dovranno giurare e quindi, in caso di dichiarazioni mendaci, diventeranno passibili di falsa testimonianza.

Intanto la piega che potrebbero prendere le cose quando sotto la lente della Commissione arriveranno la Banca Etruria e il Monte del Paschi, sta già mettendo in allarme il Governo. Dall’ufficio del presidente del Senato Pietro Grasso è trapelata infatti l’intenzione di interrompere i lavori della bicamerale d’inchiesta non appena le Camere saranno sciolte. Anche su questo punto ci sarà dunque battaglia.

Pino Lancia

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